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Il 27 luglio scorso è stata ufficializzata la deposizione del presidente Mohamed Bazoum, l’ultimo leader filo-occidentale del Sahel. Il golpe ha portato alla caduta di tutte le istituzioni politicamente costituite per lasciar spazio ad un governo a guida unica sotto il controllo dell’autoproclamato presidente Abdourahmane Tchiani, ex capo della guardia presidenziale che ha dato avvio al golpe. Perché il Niger è una nazione tanto importante per gli interessi politici ed economici dell’Europa?
Colpo di stato in Niger: colonialismo francese e uranio
il 26 luglio subito dopo il rinnovo del mandato presidenziale di Mohamed Bazoum, i membri della guardia presidenziale hanno circondato il palazzo e gli edifici ministeriali e il 27 luglio un gruppo di militari si è identificato come consiglio di salvaguardia del paese, facendo irruzione nel palazzo e arrestando Bazoum, dichiarando in diretta televisiva il colpo di stato. Il 28 luglio il generale Abdourahmane Tchiani si è autoproclamato presidente sospendendo le istituzioni, instaurando il coprifuoco e chiudendo i confini nazionali.
Nella capitale Niamey le fronde di manifestanti accorsi si sono divise tra coloro contrari al golpe, prontamente allontanati dalla polizia con lacrimogeni, e i sostenitori della nuova governance militare tra cui spiccano numerose bandiere russe che si alzano insieme ai cori in favore di Vladimir Putin.
I paesi che hanno personale militare e civile in Niger (Italia, Francia, USA) hanno preso la decisione di rimpatriare i propri cittadini nonché parte del personale d’ambasciata, lasciando tuttavia stanziati i militari.
Nella comunità internazionale ci sono paesi favorevoli al golpe come il Mali e il Burkina Faso, che hanno dichiarato che qualunque attacco al Niger verrà considerato un’aggressione a loro stessi. Resta da vedere se sarebbero davvero in grado di intervenire militarmente soprattutto per la presenza al confine tra Mali e Niger dell’Isis.
Africa occidentale: 9 colpi di stato in 4 anni
Tra il 2019 e il 2023 in Africa centro occidentale ci sono stati ben 9 colpi di stato, oltre a diverse svolte autoritarie. Tra queste ricordiamo il colpo di stato in Mali del 2020 che ha comportato il ritiro forzato delle truppe francesi che sono state poi accolte proprio dallo stesso Bazoum in Niger.
Bazoum, il cui primo mandato presidenziale risale ad aprile del 2021 (anno in cui ci furono le prime elezioni libere dopo l’autonomia dalla Francia raggiunta nel 1960) è da sempre considerato il leader più filo-occidentale della storia del Niger. Il suo arresto rappresenta dunque un grande problema per l’Europa e gli Stati Uniti, che rischiano di perdere orami l’unico presidio rimasto nel Sahel.
Per tutti i colpi di stato il problema ha riguardato la fragilità economica dell’Africa centro occidentale. Alcuni stati provengono da guerre civili decennali o regimi sanguinosi e hanno risorse naturali sovrasfruttate da grandi potenze. Inoltre, stati come Mali, Niger e Burkina Faso, da anni fanno i conti con la forza jihadista, che minaccia o controlla intere porzioni di territori.
La guerra al terrorismo richiede ingenti risorse e spesso viene finanziata da paesi come la Francia, non certo per spirito umanitario, ma l’insuccesso delle operazioni aumenta il malcontento. C’è poi una corruzione dilagante nella classe dirigente che aumenta le difficoltà economico sociali e le istituzioni democratiche dal canto loro non sono abbastanza forti da resistere.
Russia e Niger: il rapporto che preoccupa l’Europa
Nel Sahel la presenza russa non è una novità, i mercenari della Wagner sono presenti in Africa da anni e sostengono governi e regimi nella lotta allo jihadismo in cambio di concessioni economiche e politiche future. In Mali, per esempio, i mercenari russi aiutano la giunta militare insediatasi dopo il colpo di stato del 2022, riempiendo quei vuoti di potere lasciati dal ritiro delle truppe francesi. Ricordiamo che manifestazione pro Mosca già si verificarono nello stesso 2022 davanti all’assemblea nazionale a Niamey.
Come accadde in Mali, anche adesso Mosca non sta dirigendo i disordini, ma cercando di trarne più benefici possibili. Considerando il parallelo conflitto con l’Ucraina e i già lesi rapporti con l’UE e gli USA, la Russia sta di fatto rafforzando la propria posizione nell’Africa occidentale come dimostrato anche dal summit russo-africano, tenutosi proprio nelle ultime giornate di luglio (la prima edizione risalente al 2019).
La portavoce del ministro degli esteri russo, Maria Zakharova, nel suo briefing con la stampa ha dichiarato che la Russia chiede un dialogo nazionale per ripristinare pacificamente la legge e l’ordine, soluzione caldamente consigliata anche dall’Italia che per il momento si è apertamente schierata contro un intervento europeo ritenendo che una tale ingerenza potrebbe essere percepita come una neo colonizzazione (così si è espresso il ministro della difesa Crosetto intervenendo a PiazzAsiago), la strada verso un ripristino della democrazia dovrebbe dunque avvenire solo per via diplomatica.
Il sentimento antifrancese del Niger e le miniere di uranio
Nonostante nel 1960 il Niger (e numerosi paesi dell’Africa) abbiano ottenuto l’indipendenza dalla Francia, questa continua ad avere basi militari proprie, nonché un notevole ruolo economico e politico. In Niger si parla francese, la moneta è il franco CFA , tuttavia la politica di aiuto e cooperazione spesso si è rivolta in favore di regimi.
Di maggior interesse per la Francia (la cui energia si basa prevalentemente sul nucleare) sono i giacimenti di uranio, che dal 2001 compensano la chiusura delle miniere su territorio francese. Gli scavi vengono eseguiti da manodopera nigerina e da aziende che spesso hanno come socio di maggioranza il governo di Parigi, poiché il Niger, per quanto ricco di materie prime, non ha infrastrutture energetiche sufficienti, motivo per cui la rete elettrica è quasi del tutto assente così come i collegamenti interni: tra paesi e città le piste costruite sono minerarie, importanti per le strutture estrattive, inutili per gli spostamenti.
Le miniere di uranio emettono radiazioni e se in Europa esiste la “valutazione del rischio ambientale” (tale per cui non si può edificare un’ industria ad alto tasso di tossicità/radioattività nei pressi di un centro abitato), lì non esiste nulla del genere: malattie respiratorie, polmonari, paralisi sono malattie comuni. Il rischio ovviamente non è solo per chi ci lavora direttamente, ma anche per chi vive vicino.
Il Niger detiene il 5% delle riserve mondiali di uranio (di questo 5%, il 15 % secondo il “Fatto quotidiano” viene usato dalla Francia, a fronte del complessivo 20% utilizzato in Europa) e un possibile conflitto locale porterebbe alla fuga di popolazioni con peggioramenti sul fronte migratorio, oltre a un blocco delle attività estrattive. Quest’ultimo comunque sarebbe rimpiazzato dal potenziamento estrattivo in altri paesi, come ad esempio il Kazakistan.
Nel Sahel la retorica antifrancese sta entrando anche nel dibattito pubblico, che comincia a chiedersi come i militari francesi non riescano a contenere salafismo e jihadismo e molti si stanno domandando se il terrorismo sia un alibi per mantenere la presenza nella regione.
La posizione dell’Italia
Il ministro degli esteri Antonio Tajani ha riferito che gli italiani in Niger sono attualmente una cinquantina, mentre dal punto di vista militare, l’Italia conta 400 uomini (oltre all’ambasciata italiana che rimane aperta).
L’Italia è entrata in Niger nel 2018 con funzioni di anti terrorismo (addestramento delle forze armate locali) e difesa delle istallazioni per l’estrazione di uranio nel deserto da parte della multinazionale francese Areva. L’interesse strategico dello Stato italiano riguarda i migranti e la chiusura della rotta mediterranea che passa dal Niger, Madama infatti è l’ultima città del Niger in cui passano i convogli dei profughi diretti verso la Libia.
Nel 2021 l’Italia ha avuto, a partire da luglio, una sua base militare; ciò è avvenuto nel quadro della missione MISIN che fornisce assistenza militare alle forze di sicurezza nigerine, per accrescere funzioni tecnico logicistiche, nonché supporto umanitario e medico.
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