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lunedì, Giugno 23, 2025
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PREMESSA

Dato il gran numero di richieste di adesione, prima di iniziare la lettura del Manifesto, ecco alcune precisazioni in ordine sparso su quest’iniziativa:
  • Prima di qualsiasi approccio, dubbi, domande, prendetevi 10 minuti e leggete attentamente.
  • Il K.A.I. si rivolge ad artisti professionisti e addetti ai lavori che condividono la nostra visione della CULTURA, della SOCIETA’ e della POLITICA, come indicato nel manifesto.
  • Il K.A.I. non è un booking ne un’agenzia di promozione eventi. Siamo un gruppo di entità che operano nella cultura e nelle musica che ha deciso di AUTORGANIZZARSI e CONDIVIDERE spazi, iniziative e competenze, in un accordo di reciproco supporto.
  • Sono previsti eventi e attività ma non è il K.A.I. (che non esiste in quanto entità a se stante) che crea cose e propone, sono le varie cellule del collettivo che – di volta in volta – propongono, realizzano e vengono sostenute dagli altri. La collaborazione è il principio fondante di questo progetto.

K.A.I. Il Manifesto

Musica e cultura resistente alla banalità, agli algoritmi, alla fretta, all’usa e getta, al mercato, ai monopoli, alla mercificazione, al tempo, agli artisti trasformati in spazi pubblicitari.
Il K.A.I., Kollettivo Artisti Indipendenti nasce con l’obiettivo di creare una rete tra entità artistiche di diversa forma e natura (musica, poesia, danza, teatro, letteratura, arti pittoriche, visuali e cinema) che abbiano come caratteristica comune la capacità ed il desiderio di leggere la contemporaneità e le sue contraddizioni attraverso l’espressione artistica, in una dimensione che sappia coniugare il respiro classico con lo spirito contemporaneo.
Un collettivo con l’orizzonte comune di dare voce e nuova forma alla bellezza non convenzionale nata dal conflitto caotico tra spirito del tempo e spirito del profondo, che caratterizza l’epoca attuale.

Perché il K.A.I.

    1. Una combinazione di elementi ha devastato la produzione artistica italiana che ha raggiunto il punto più basso della storia moderna. Sintomo primario della decadenza di una civiltà è la fine della produzione di nuove idee.
    2. I giovani esistono come categoria sociale al pari di precari, statali e disoccupati. Sono pochi e sono le vittime principali di questo tritacarne. Eppure è difficile per le generazioni precedenti alla loro entrarvi in empatia. L’ultima generazione vive un disagio generale senza nemici. Non esiste più la contestazione diretta verso i genitori, l’insegnante, l’autorità costituita, il mondo che non li capisce… Vivono le relazioni in forma virtuale creando rapporti distorti di patologica empatia. Senza contestazione non c’è più ideologia, principale stimolo della fantasia e della creatività.
    3. Noi tutti viviamo sotto monitoraggio di telecamere, cellulari e algoritmi. Crediamo di essere liberi di scegliere quando invece stiamo solo seguendo indicazioni che cadono dall’alto.
    4. Insieme alla cultura è degenerata la comunicazione. Siamo arrivati al paradosso che vede la traslazione sui social network di quel minimo di cultura rimasta in circolo, con residui di un linguaggio mediamente forbito ed informato, in oggetto di scherno e di velleità narcisista attraverso una assurda semplificazione e banalizzazione del pensiero e della conoscenza.
    5. Il social network ha creato l’ambigua figura dell’influencer, desautorando la competenza di esperti conoscitori e studiosi e lasciando libertà a chiunque di veicolare informazioni false e diffamatorie.
    6. I Social Network si rivelano essere paradossalmente anti-social, nelle loro ripetizioni seriali, nella spasmodica  ricerca di un’affermazione e visibilità “esteriore”. I contenuti sono stati minimizzati, spezzettati, frantumati e i valori del pensiero annullati a discapito di una palese distrazione con la conseguente perdita di concentrazione e di energie, soprattutto nelle nuove generazioni.
    7. Riteniamo che il Social Network sia uno strumento tecnico, un mezzo, ma occorre fare un passo indietro, ante-facebook.
    8. In questi ultimi anni abbiamo assistito all’oppressivo avanzare delle nuove tecnologie al servizio delle politiche neoliberiste. La biopolitica sta sempre più plasmando il genere umano nell’illusione del miglioramento della qualità della vita, omologandolo di fatto ai nuovi principi del consumismo. Si sta procedendo velocemente verso una condizione di “disumanizzazione” della società, dove l’uomo transumano, disumanizzato, è plasmato nella sua apparente “normalità” dal potere capitalista che mette in primo piano il valore delle “cose” e dell’economia sul valore umano, in una logica dissoluta di sfruttamento del pianeta e delle sue risorse.
    9. L’avvento dell’Intelligenza Artificiale sta mettendo in serio pericolo la dignità delle persone e delle popolazioni impostando imminenti dinamiche di controllo.
    10. Logiche del potere dell’iper-controllo stanno coinvolgendo già da alcuni anni la realtà urbana delle piazze e delle strade, un tempo luoghi di controinformazione e di contestazione sociale, a vantaggio di un incantesimo di massa sulle piattaforme social, nuovi luoghi deputati illusori.
    11. È nostra convinzione che l’arte e la cultura possano ancora avere funzione di rigenerazione e di conoscenza, in grado di dare stimolo alle relazioni interpersonali, all’ispirazione e alla sensibilizzazione.
    12. Crediamo altresì che arte e cultura siano lo strumento adatto a smuovere le risorse interiori e ad alimentare processi di identificazione, sicurezza e intraprendenza, rendendo una persona meno esposta ai rischi di emarginazione e di disagio sociale.
    13. Vogliamo recuperare una dimensione evolutiva capace di trasformare la dirompente deriva del transumanesimo verso quella di un nuovo umanesimo, un rinascimento culturale, sociale e spirituale, in un’armonizzazione consapevole di spirito e materia.

K.A.I. Musica

Che tu sia il gestore di un locale, un musicista o un appassionato, fare e seguire la musica resta un atto di fede.

  1. Le grandi band – quindi i grandi concerti – sono trattati ormai da grandi eventi – con costi lievitati al limite dell’assurdo e prezzi dei biglietti fuori controllo.
  2. Si è creata una frattura categorica tra grandi band planetarie e le band cosiddette “emergenti”. Ad oggi la parola “emergente” ha acquisito un nuovo significato ovvero band non mainstream, che abbia 10 album alle spalle e 40 anni di carriera non conta, essere fuori dal mainstream vuol dire che devi ancora emergere e al momento non esisti.
  3. Il limbo a metà strada tra la fama e l’anonimato, che sarebbe la vera base della produzione musicale, è apparentemente vuoto ma nella realtà è stracolmo di artisti isolati e oscurati a causa dell’attuale forma di marketing e di comunicazione, tanto da mettere in dubbio la propria stessa esistenza.
  4. Mancano strutture, di qualsiasi genere. I locali attrezzati sono pochi, e continuano a diminuire.
  5. Tanti Promoter hanno poca esperienza, convinti che l’unica spesa per fare un concerto sia il costo della band senza contare la parte tecnica, l’ospitalità e il resto, causando inevitabili ripercussioni sul concerto stesso. C’è poca professionalità in tutto l’ambiente musicale italiano dovuto principalmente al fatto che in questo paese fare musica è ancora considerato dalle istituzioni un hobby, un passatempo giovanile, non un vero lavoro che genera ricchezza e occupazione.
  6. Spazi di musica gratuita, all’aperto sono praticamente scomparsi. Nessuna amministrazione investe più, se non con bandi fumosi e con normative repressive che assegnano spazi e poi contemporaneamente iniziano con le vessazioni su regole, norme e via dicendo che rendono impossibili le attività stesse che si volevano programmare. Ormai gli unici posti che saltuariamente regalano spazi live estivi sono i centri commerciali e i centri sociali.
  7. Manca il pubblico. La pandemia ne ha amplificato ancor di più la diminuzione per un blocco mentale e fisico. Gli adulti sono quelli che maggiormente sono rimasti incastrati in questa sorta di pigrizia patologica. Gli adulti sono il 90% del pubblico delle band di musica alternativa. I giovani non sanno cosa sia.
  8. Le piattaforme di streaming hanno distrutto il mercato discografico creando il mostro mainstream nel quale la produzione non lancia più sul mercato un artista in cui crede bensì è intenta nel creare uno spazio virtuale da occupare, la giusta fetta di mercato, con il dispendio di enormi investimenti nella totale indifferenza del valore artistico del progetto. Gli artisti sono trasformati in spazi pubblicitari in vendita.
  9. Dunque per tutti gli artisti che hanno come obiettivo la qualità della loro creazione è del tutto inutile cercare di entrare nel mainstream.

K.A.I. Obiettivi

Noi rifiutiamo il mainstream. Siamo noi il nostro pubblico, siamo noi il nostro mercato. E siamo tanti. Noi siamo resistenze connesse. Esistono “nodi artistici” solidi, validi e brillanti ma che restano solitari su una lunghissima corda e per questo poco visibili gli uni con gli altri. È arrivato il momento di trasformare questa lunga corda in una rete. È arrivato il momento di ignorare gli algoritmi, le logiche di marketing e il social network e mettere da parte l’individualismo narcisistico per costituire una identità collettiva forte e di alto pregio. Il K.A.I., partendo dal rispetto e dalla libertà di tutte le individualità e i nuclei che lo compongono, vuole mettere al centro del suo essere tre parole: collettività, supporto, condivisione.
No dictat, no regole né uno statuto, ma pura e spontanea volontà di agire in comunione in base a condivisi principi di vita. Tutto questo si traduce in pochi semplici obiettivi che non sono punti di arrivo ma vogliono essere quotidiana attitudine:

  1. Ampliare il più possibile il numero di aderenti al K.A.I. Oltre agli artisti di diversa forma e natura, vogliamo invitare a far parte di questa rete anche luoghi e attività produttive (ad esempio locali per eventi, spazi sociali, produzioni discografiche, sale prove e di registrazione, strutture ricettive, librerie, centri culturali, associazioni, agenzie di comunicazione, etc…) che vogliano collaborare alla nascita e crescita di un mercato alternativo basato sul rispetto del lavoro e su un’equa distribuzione del benessere  economico e sociale.
  2. Mai più sale vuote: tutti noi del K.A.I., nel limite delle disponibilità personali e degli impegni professionali, ci impegniamo a partecipare agli eventi degli artisti del collettivo.
  3. I prodotti degli artisti del collettivo, che siano dischi, libri o altro, rappresentano il frutto del lavoro creativo, risultato ottenuto con sacrificio e dedizione pertanto, come linea di principio non sono regali ma hanno un valore economico che va corrisposto. Noi artisti del K.A.I., ci impegniamo, nel limite delle nostre capacità, ad acquistare i prodotti degli altri aderenti.
  4. Ci impegniamo ad organizzare e a partecipare ad eventi collettivi, sotto il cappello K.A.I., che vedano la partecipazione di più artisti, nel confronto
    spontaneo tra identità creative diverse, come forma di arricchimento della produzione collettiva.
  5. Ci impegniamo infine a divulgare, diffondere e promuovere le attività, i prodotti e le iniziative degli artisti del collettivo con tutti i mezzi che si possano mettere a disposizione.
  6. Il nucleo fondatore del K.A.I. risiede a Roma ma vogliamo che il collettivo abbia da subito un’identità nazionale con il fine di estendere le attività su un’area geografica sempre più ampia possibile.

K.A.I. Fondatori

Andrea Ra, musicista
Circolo Arci Ribalta – Vignola (MO)
Circolo Che Guevara – Roma
Fabrizio Tavernelli, musicista
Gianluca Polverari, conduttore radiofonico (RCA)
Il Ciclo di Bethe, band
Il Sogno, band
Ilenia Volpe, musicista
Kulturjam Edizioni, casa editrice
Kulturjam.it, quotidiano on-line
La Grazia Obliqua, band
Nuove Tribù Zulu, band
Traindeville, band
Ver.So. Productions, produzioni musicali