I cento anni di Enrico Berlinguer affogati nella retorica. Questi anniversari dovrebbero servire a porre forse l’unica grande e irrisolta questione del nostro tempo: il comunismo oggi.
I cento anni di Enrico
Questi cento anni sono una discreta perdita di tempo: retorica e solo retorica sul dolce, amato e onestissimo Enrico Berlinguer. Altrettanta retorica sul PCI e sulla comunità di compagne e compagni.
Questi anniversari dovrebbero servire a porre forse l’unica grande e irrisolta questione del nostro tempo: il comunismo oggi. Mi pare che quasi a nessuno interessi: troppa fatica, troppo fastidio e il rischio di esporsi alle accuse di inattualità, nostalgia e persino di simpatie dittatoriali.
D’altronde, nel dibattito pubblico è scomparso qualsiasi discorso sulla felicità e l’infelicità, sulla liberazione, sull’alienazione, sulle macchine e sulla tecnica, sulla liberazione del lavoro e dal lavoro. Non si affronta tutto ciò nemmeno in termini tragici, cioè come liberazioni impossibili che però contribuiscono a mantenere un orizzonte, una tensione, una forza spirituale e politica che mantiene uomini e donne nella social catena, nella politica, nella democrazia.
E così sentiamo generici discorsi sul socialismo, la giustizia sociale, le giuste retribuzioni e la redistribuzione della ricchezza. Chi fa questi discorsi non si prende nemmeno il disturbo di dire come fare a conquistare eque retribuzioni senza la forza politica, nel momento in cui non ci sono donne e uomini nella social catena, nella politica e nella democrazia disposte a lottare e quindi a considerare la vita nella lotta come più affascinante di quella neoliberale tuttora egemone.
Ma di comunismo come liberazione, come cooperazione, come conoscenza del mondo per trasformarlo e come trasformazione del mondo per conoscerlo e provare così a sentirsi un poco riconciliati con sé e con gli altri nessuno parla.
Persino una categoria così in auge nella filosofia come il riconoscimento è diventata una sorta di mero ampliamento dei diritti man mano che emergono nuove figure sociali e nuovi orientamenti culturali, sessuali ecc… Del riconoscimento di sé e degli altri e dello Stato all’interno di una vita dotata di senso non parla più nessuno.
Non mi sono preparato in tempo a questo anniversario di Enrico; forse avrei potuto organizzare un incontro con qualche amico/a e compagno/a per bere, mangiare e cantare abbracciati l’Internazionale e Bandiera rossa. Di questi tempi, almeno un poco di calore umano possiamo opporre al non senso della vita sotto il capitalismo neoliberale.
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