Se n’è andato uno degli ultimi immortali, Charlie Watts, il batterista dei Rolling Stones: 80 anni, la maggior parte dei quali passati con la band.
Solitario, educato, elegante. Un groove secco e tagliente. Dal 2016 è nella lista dei migliori batteristi di tutti i tempi secondo Rolling Stone.
So long, Charlie Watts…
Sono le 6 del mattino, fuori tira vento forte, non riesco a dormire così accendo Jazz 24, una radio di Seattle che trasmette solo musica jazz. Il mio pensiero va subito a Charlie Watts, a questa sua morte improvvisa e a tutto ciò che si porterà dietro.
È la nemesi del “Rock and Roll Circus“, che guarda caso vide come protagonisti proprio i Rolling Stones nel dicembre del 1968, in diretta tv. La Bbc aveva riunito sotto un tendone i Beatles, i Jethro Tull, Taj Mahal, Eric Clapton e loro. Fu uno spettacolo incredibile, qualcosa di mai visto prima, Mick Jagger in coppia a cantare e scherzare con John Lennon, e Marianne Faithfull che appariva e scompariva tra clown, giocolieri e trapezisti.
Straordinario, davvero.
E ora, questa strana sensazione di vuoto… in tanti se ne sono già andati, eppure la morte di Charlie “Tum Tum” Watts fa male, malissimo. Più di tante altre, che strano.
Dovremmo esserci abituati, penso a Tom Petty, a Chick Corea, a Dusty Hill, persino a Bowie e Lou Reed, fino all’ultimo dei rocker più misconosciuti: ormai è tutto un annotare nomi, situazioni e addii di grandi e piccole rockstar che una dietro l’altra se ne vanno via in fila, e in silenzio. Con il Dead Rock Stars Club sempre più affollato.

Charlie Watts (nel suo cognome c’era il destino), era il metronomo vitale della più grande rock and roll band della storia. Lo era sul palco, in studio ma anche nei momenti di relax del gruppo. Il più anziano, il più ascoltato. Fu lui a sferrare un pugno in volto a Mick, dopo una sera di bagordi a cui non aveva partecipato, così, tanto per ricordandogli le gerarchie nella band: “Tu sei il mio cantante, e io non sono il tuo batterista!“, un frase diventata ormai celebre, e iconica. Spiega bene tutto ciò che il drummer rappresentava per gli altri in seno agli Stones.
C’era lui, con Bill Wyman, l’altro “stone alone”, al funerale di Brian Jones e fu sua l’idea di dedicare il concerto di Hyde Park del 1969 (originariamente pensato per presentare il nuovo chitarrista, Mick Taylor) al fondatore della band da poco scomparso.
Era Charlie a scegliere con cura gli opening dei concerti, clamoroso il “Take The A Train” di Billy Strayhorn (portato alla ribalta dall’orchestra di Duke Ellington), nel tour del 1981/82.
E le copertine, fantastica la sua idea per Black And Blue: il suo volto sornione dietro i due primi piani di Mick e Bill e due mezzi profili, Keith e Ron, immortalati senza filtri da Hiro, celebre fotografo “still life” giapponese naturalizzato americano dell’epoca, scomparso il 15 agosto scorso a 90 anni. Guarda le coincidenze…
Charlie Watts era anche un uomo elegante, vestiva con grande cura e adorava il jazz, Charlie Parker più di ogni altro.

Non era un super tecnico dietro i tamburi, non ricordo un suo assolo di batteria in sessant’anni di concerti, eppure vedendo gli Stones dal vivo non può sfuggire un particolare fondamentale nell’economia del gruppo: Keith, Ron e Mick lo guardano in continuazione, in attesa di un suo ritmo, di un battito. Ecco cosa abbiamo perso, il contraltare equilibrato alla furia del rock and roll, l’uomo dei richiami alla realtà, il vero punto di riferimento di Mick e Keith, l’acquasantiera che si oppone alla simpatia per il diavolo.
Gli Stones in settembre partiranno con un tour americano già pianificato da mesi, potrebbe essere l’ultimo, con Steve Jordan (già con i Blues Brothers, ma non solo) al suo posto dietro pelli e piatti. E poi magari un disco, l’ultimo, in suo onore, chissà.
CLOSED, come Keith ha scritto nell’annuncio della sua morte sulla sua pagina Facebook, con la sua batteria al centro, o ENDS… in fondo al saluto, sulla pagina ufficiale della band.
Charlie Watts lascia un mondo che continua a battere il suo tempo, lascia una moglie adorata, una figlia, qualche nipote, tanti amici sinceri.
E noi, qui, sempre più soli. Addio, Cosmic Charlie, fai buon viaggio, salutaci Brian Jones, Nicky Hopkins, Ian Stewart, Bobby “Cant You Hear Me Knocking” Keys e Billy Preston.
Lassù, altre pietre rotoleranno, brillanti, per sempre.
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