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Il Principio di Peter: incompetenza e casualità come valore aziendale

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Lo psicologo canadese Laurence J. Peter alla fine degli anni ’60 enunciò un principio paradossale denominato, per l’appunto, Principio di Peter:

Ogni membro di un’organizzazione gerarchica sale nei livelli della gerarchia sino a raggiungere il suo massimo livello di incompetenza.

Il Principio di Peter, ovvero l’incompetenza e il caso quali criteri decisionali dell’impresa

Il premio Nobel Herbert Simon, economista e psicologo, sosteneva che la razionalità delle imprese è limitata e i loro processi decisionali non mirano al risultato ottimale, ma a quello soddisfacente.

Non esiste un decisore razionale e massimizzante come viene ipotizzato nelle teorie economiche, poiché vi sono dei limiti di tempo e di risorse nella raccolta di tutte le informazioni disponibili. Nella decisione interviene perciò un fattore soggettivo che indirizza la scelta verso l’alternativa che presenta le conseguenze preferite, utilizzando quindi un limitato, approssimato e semplificato modello personale della situazione reale.

Le teorie di Simon sono state riviste, migliorate, integrate, ma il concetto di razionalità limitata, introdotto per la prima volta nel 1955, è rimasto immutato: la complessità del mondo è troppo grande, l’impresa dunque tende a semplificare i problemi di scelta in base alle caratteristiche personali e psicologiche dei suoi manager e le decisioni sono influenzate dal contesto nel quale vengono prese.

La teoria dei giochi, sviluppata negli anni ‘40 dal matematico John Von Neumann e dall’economista Oskar Morgenstern e perfezionata da un altro premio Nobel, John Nash, ha tentato invece di formalizzare i meccanismi di scelta inserendoli in situazioni in cui il risultato ottenuto da un soggetto dipende dalle scelte di altri soggetti che interagiscono con lui e viceversa. Ad esempio, un’impresa che si orienta su una determinata strategia – rivolgersi a una specifica nicchia di mercato, praticare prezzi bassi, puntare sulla qualità, scegliere un particolare manager – sa che i fornitori, i clienti, i concorrenti e i dipendenti agiranno e reagiranno di conseguenza.

La teoria dei giochi coinvolge discipline come la matematica, la psicologia e l’economia e tenta di fornire ai manager strumenti per misurare e ordinare i vantaggi e gli svantaggi che derivano dalle varie scelte.

Il Principio di Peter

Nel 1969 venne pubblicato un libro che, seppure indirettamente, metteva in discussione gran parte dell’impalcatura teorica su cui si basava il management: Il Principio di Peter, dello psicologo canadese Laurence J. Peter.

Il Principio di Peter: incompetenza e casualità come valore aziendale
Laurence J. Peter

La tesi proposta era provocatoria e suggestiva poiché sosteneva che in una organizzazione, le persone che dimostrano doti e capacità nella posizione in cui sono collocate, vengono promosse ad un grado superiore. Questa dinamica, di volta in volta, li porta a raggiungere nuovi livelli in un processo che si arresta solo quando accedono ad una mansione per la quale non dimostrano di possedere le necessarie capacità. In breve: in una gerarchia, ogni dipendente tende a fare carriera fino al proprio livello di incompetenza.

Partendo da tale presupposto, qualche anno fa, tre professori italiani hanno teorizzato che in una società complessa come quella attuale le scelte casuali possano giocare un ruolo positivo e rivelarsi vantaggiose. E hanno cercato di dimostrare che una delle strategie che si dimostra essere più efficace per aumentare l’efficienza complessiva dell’azienda è senza dubbio quella delle promozioni casuali.

Questo continua ad essere vero anche per tipologie più complesse di organizzazioni gerarchiche, indipendentemente dalle loro dimensioni. Inoltre, basta che solo una frazione delle promozioni sia casuale per avere un vantaggio netto, immediato e duraturo che si traduce in una crescita di efficienza rispetto a quella ottenibile con il metodo ingenuamente meritocratico, ovvero quello che promuove i migliori assegnando loro nuove mansioni che potrebbero non svolgere con la stessa competenza.

Lo studio ha vinto il premio IG Nobel, un riconoscimento semiserio che va alle ricerche più assurde e fuori dagli schemi, ma la casualità come meccanismo decisionale era già stata presa in considerazione altre volte in passato: riscontri sulle performance migliori da parte di gruppi in cui i leader erano estratti a sorte, conferme empiriche sul fatto che cambiare i manager non cambia i risultati aziendali e, per finire, case-study su tribù di indiani che prendono decisioni efficienti sulla caccia gettando ossa di animali nel fuoco.

Alcune teorie definiscono l’impresa secondo un approccio olistico, ovvero una visione in cui il tutto è maggiore della somma delle parti.

Il geniale scrittore Douglas Adams – quello della guida galattica per autostoppisti – creò un bizzarro investigatore olistico, Dirk Gently, il quale rispondeva così a chi gli chiedeva lumi in merito alle sue tecniche investigative: il punto importante è la sostanziale connessione di tutte le cose. Io non perdo tempo con bazzecole quali la polvere per le impronte digitali, indizi rivelatori prelevati dalle tasche o sciocche orme di scarpe.

Ritengo che la soluzione di ogni problema vada ricercata nel disegno e nello schema globale. Il rapporto fra cause ed effetti spesso è più sottile e complesso di quanto noi, a una prima e sommaria visione del mondo fisico, saremmo naturalmente portati a supporre.

Ecco perché tirare una moneta o un dado per decidere strategie, gratifiche o promozioni potrebbe essere un metodo decisionale da non scartare a priori.

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Massimiliano Scarna
Massimiliano Scarna
Ha scritto di cinema e informatica su svariate riviste nazionali (Horrormania, IdeaWeb…), insegna diritto ed economia nelle scuole superiori. Ha pubblicato tre antologie di racconti – Istanti d’istanti, Extra e Ultrabizzarro– più una manciata di storie su riviste, e siti web. Ama i libri, la musica metal e il cinema.

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