Quotidiano on-line ®

26.9 C
Rome
martedì, Luglio 15, 2025
Mastodon

La nascita dell’impolitico, il berlusconismo e la seconda Repubblica

La fine della prima Repubblica, la nascita di un ceto impolitico e il passaggio al berlusconismo, con il populismo scambiato per “democrazia diretta” e il degrado culturale scambiato per libertà e creatività.

Elogio dell’impolitico

La mente corre a quell’intervista di Eugenio Scalfari a Enrico Berlinguer a fine Luglio ’81, “I partiti non fanno più politica” così si espresse Enrico proprio all’inizio dell’intervista.

In quella frase c’era la chiave di tutta la sua concezione dello Stato e della sua riflessione politica di quegli anni: la morte della politica e la abdicazione del ceto politico al dettato costituzionale di rifondare l’Italia sul piano morale e istituzionale.

Lo Stato era diventato null’altro che un terreno di conquista per un ceto politico che rincorreva ormai solo potere e consenso estorto con corruttele, pratiche consortili, abusi, senza finalità progettuali. La “questione morale” era diventata così centrale da non poter più essere elusa ma affrontata con decisione, pena il degrado della democrazia.

Cosa aveva generato una simile deriva? Si potrebbe dire che con la fine del “boom economico” e dell’industrializzazione del paese, cominciò quella trasformazione dell’assetto strutturale del sistema di produzione che col tempo verrà definito” rivoluzione digitale”.

Era finito un ciclo espansivo che fu caratterizzato da un conflitto di classe che si espresse con le lotte operaie e le rivendicazioni sociali. Il ceto politico rispecchiava quel clima e ne seguiva di pari passo i contenuti e le progettualità tutte ispirate ai contenuti Costituzionali. Con l’era digitale cominciò a scomparire un ceto sociale rappresentato dai lavoratori delle fabbriche e dei luoghi di lavoro più in generale.

La scolarizzazione di massa aveva consentito insieme alle ristrutturazioni aziendali l’allargarsi di un ceto medio terziarizzato e più soggetto all’evolversi dei processi tecnologici e alle sue precarizzazioni del posto di lavoro. Vennero gli anni della “flessibilità”, della fine della “scala mobile. Sul piano politico si arrivò la stagione del “pentapartito”. Sistema che incarnò in modo implacabile l’era del degrado. Un tentativo di riformare il sistema con la proposta di “Moro” di sbloccare il sistema, finì con il brutale assassinio dello stesso. In sostanza il ceto politico dimostrò l’incapacità di sapersi autoriformare.

Fu allora che a prendere le redini in mano fu la Magistratura. Si avviò cioè quella lunga stagione chiamata di “Mani pulite”. Si smantellò così il sistema dei partiti e si concluse quella che fu chiamata “prima Repubblica”.

A rappresentare emblematicamente la scena fu la fuga di Craxi ad Hammamet.

La sinistra non fu in grado di interpretare le “nuove situazioni” e non ebbe la capacità di offrire una proposta che consentisse di ricevere quel consenso che avrebbe potuto avviare il paese su binari di salvezza. A quel ceto politico moderato e neo precario e a quel ceto operaio in declino non fu offerta una proposta che potesse unirli in un programma di cambiamento. Venne a crearsi così un vasto ceto di scontenti che presto si tramutò in vasto ceto disilluso, disorientato, abbandonato. In una parola si costituì un vasto ceto “impolitico” alla mercè di i illusionisti.

In questo clima nacque il “Berlusconismo”. Tutto divenne “merce” in un misto di antistatalismo scambiato per liberismo, di populismo scambiato per “democrazia diretta”, di degrado culturale scambiato per libertà e creatività, dell’immagine scambiata per sostanza.

Ma come in tutte le favole c’è sempre uno “scorpione” che punge sé stesso. Così accadde che i “media” che lo resero potente lo declassarono a figura minore. Altri lo soppiantarono nel circo della politica- spettacolo senza valori.

Oggi con la sua morte, purtroppo non si chiude un ciclo ma siamo all’apice del trionfo dell’”impoliticità” dal momento che al governo ci sono coloro che dell’impoliticità sono il massimo della rappresentanza.

Sono essi coloro che meglio rappresentano l’anti costituzionalismo, eredi contro cui la Costituzione fu scritta e che rimane un baluardo delle speranze nate sui monti e nelle galere con sacrificio di sangue per un paese veramente libero e maturo. A ricordarcelo ci sono uomini come Pertini, Ciampi, Ingrao. Ci sono uomini come Falcone e Borsellino e quanti altri sono morti per realizzare quella Costituzione contro coloro che la vorrebbero affossare con la cultura dell’antistato.

Loro si che sono un esempio per la nazione non Berlusconi, pace all’anima sua.

Sostieni Kulturjam

Kulturjam.it è un quotidiano indipendente senza finanziamenti, completamente gratuito.

I nostri articoli sono gratuiti e lo saranno sempre. Nessun abbonamento.
Se vuoi sostenerci e aiutarci a crescere, nessuna donazione, ma puoi acquistare i nostri gadget.

Donato Lamacchia
Donato Lamacchia
Attivista nel PCI all'epoca di esistenza di quel partito, interessato al dibattito sull'evoluzione della sinistra nell'era dei cambiamenti digitali.

Ti potrebbe anche interessare

Seguici sui Social

spot_img
spot_img
spot_img
spot_img
spot_img
spot_img
spot_img
spot_img
spot_img

Ultimi articoli