A 91 anni Clint Eastwood, il Cavaliere pallido diventato una leggenda del cinema è ancora una volta protagonista al cinema con la sua nuova pellicola, “Cry Macho“, un western moderno ed autoironico, dove un anziano cowboy deve salvare un ragazzino da una vita di violenze.
Clint Eastwood torna con Cry Macho
Ha interpretato oltre 60 film, nella sua carriera di attore, regista, produttore e compositore e ha vinto 5 Oscar, di cui 2 come miglior regista: nel 1993 per Gli spietati e nel 2005 per Million Dollar Baby e ora ha portato sul grande schermo il romanzo di Richard Nash, Cry Macho.
Lui interpreta Mike Milo, un vecchio cowboy ex star dei rodeo e allenatore di cavalli provetto,che viene licenziato nella prima scena del suo stesso film. Siamo nelc ampo degli anti eroi tanto cari al suo cinema.
Qui Clint dichiara seraficamente che il “machismo” è sopravvalutato. Proprio lui, con il suo corpo ingobbito sempre al centro dell’inquadratura, con il suo camminare lento e claudicante, la schiena curva, che lancia imprecazioni a denti stretti, per poi fare brevi dormite per recuperare energie.
Ma non vogliamo fare l’ennesima recensione sulla pellicola del grande regista. Vogliamo andare oltre, come si deve a chi ha lasciato, a modo suo, un’impronta nel nostro immaginario.
Clint Eastwood e l’eroe solitario
Tutti camminano sulle uova per paura di offendere qualcuno
È la frase chiave per comprendere il cinema di Clint che è lo specchio di Eastwood. La linea congruente tra la sua persona e le sue storie.
Attore, regista dal 1971, già produttore e anche musicista jazz, Eastwood ha costruito il suo immaginario sull’eroe solitario, in cerca di avventura, amante nei suoi film della morte cavalleresca come conclusione di una vita sempre al confine tra l’essere giusto ma non sempre dalla parte dei giusti, al servizio degli ideali, pochi ma buoni.
Sono i suoi occhiali per vedere il mondo.
Ma mentre la prima parte della carriera di Clint è stata linearmente senza sorprese, di percorsi risolutivi, vigorosi ma verticali, da vero hombre vertical, nella seconda parte, ogni film ha sterzato su storie, personaggi, che andavano a intrecciarsi con le grandi tematiche della vita, prendendo quasi sempre una piega inaspettata.
Creando problemi più che risolverli sbrigativamente, come avrebbe fatto l’ispettore Callaghan.
Clint Eastwood il reazionario
Ma Clint non ha mai cambiato punto di vista: repubblicano da sempre, era stato anche sindaco indipendente di una cittadina californiana di nome Carmel, ma fuori da qualsasi clichè, spesso lontano proprio dai repubblicani americani.
Considerato in passato reazionario per l’Europa degli ismi, fascistone per l’Italia degli anni ’70.
Eppure Eastwood è quella destra che non vedremo mai in Italia.
A lui e in parallelo alla sinistra italiana si potrebbe applicare perfettamente il paradosso di Zenone di Elea.
La mitologica corsa al centro di tutte le sinistre istituzionali, con la ricerca della famigerata moderazione, in cui la sinistra sarebbe Achille, che rincorre la tartaruga (il centro), senza raggiungerla mai.
Nel mentre la destra sposta il centro sempre più a destra, così che il centro di oggi si trova molto più a destra della destra del passato e la sinistra è essa stessa più a destra della destra di ieri.
Col percorso inverso Clint, nella sua marmorea fermezza, si è ritrovato avanti senza nemmeno accorgersene.
Basti pensare alla sequenza di pellicole che ha sfornato nell’ultimo ventennio, ben oltre l’età biologica della paura dei cambiamenti.
Film sull’amicizia, il razzismo, l’antimilitarismo, il diritto alla vita, il riscatto e la vecchiaia. E perfino su argomenti forti come gli abusi sessuali, Mystic River e l’eutanasia, Million Dollar Baby, mantenendo una delicatezza sorprendente, un occhio puro davanti agli orrori della vita.
Gran Torino
Per non parlare di Gran Torino,nel quale un vecchio reduce malato, uomo di destra doc, burbero, solitario, nel pieno stile di Eastwood, stringe amicizia con un giovane coreano e gli insegna la vita per come la conosce lui.
E c’è la straordinaria sequenza in cui porta il giovane coreano dal barbiere, un vecchio amico, e gli fa vedere come lo riempie di insulti amichevolmente. Perché tra uomini ci si insulta, è un modo di interagire e nel suo cinema lo sgarbo equamente distribuito è un modo per mettere tutti allo stesso livello.
L’estremo sacrificio di Kowalski-Eastwood per il ragazzo è la conclusione spiazzante ma non troppo di una storia dove l’unico valore che conta è la solidarietà umana.
Perché uno dei pregi maggiori di questo novantenne figlio di un operaio, è la capacità di raccontare qualsiasi storia, senza lasciarsi andare a eccessi, senza urlare sguaiatamente ma con la forza della realtà, che non ha nulla di ideologico.
E infine, rispettando la sottile linea del silenzio. Il silenzio che parla più delle urla.
Per questo Clint Eastwood è quella destra che non vedremo mai in Italia.
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