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La Costituzione Italiana, il PIL e la felicità

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Dal prodotto interno lordo al benessere equo e sostenibile: la modernità della Costituzione Italiana che nel rapporto tra il PIL e la felicità delimita il campo del primo.

Il PIL e la felicità

L’aggregato macroeconomico è una grandezza ottenuta dalla contabilità nazionale. Le grandezze aggregate contengono la sommatoria di un singolo dato macroeconomico (es. reddito nazionale, domanda aggregata ecc.) di tutti i soggetti economici in un determinato periodo temporale.

Per misurare la ricchezza di un paese si utilizza il Prodotto Interno Lordo (PIL), ovvero il valore monetario dei beni e dei servizi prodotti da tutti i soggetti economici che operano in uno Stato. Ma è davvero così? Il benessere di un popolo coincide con il valore monetario dei beni e servizi che vengono prodotti nell’economia?

Un vecchio adagio recita che i soldi non danno la felicità. Di certo non si vive senza un reddito, ma non si tratta dell’unica cosa importante per i cittadini [cfr. Blanchard]. L’ipotesi è stata oggetto di varie ricerche e un economista – Richard Easterlin – ha osservato che “quando il reddito cresce oltre una certa soglia – si calcola pari a 15 mila dollari annui – la correlazione positiva tra PIL e felicità, tende a svanire. Ancora, ulteriori aumenti di reddito, oltre i 30 mila dollari, determinano, poi addirittura una riduzione della felicità […].

Uno dei meriti maggiori di Easterlin è stato quello di aver stimolato, con le sue ricerche, la nascita di un vero e proprio nuovo ambito di indagine che si occupa di studiare, intanto, quelle che sono le determinanti del benessere integrale delle persone, le loro aspirazioni, le opportunità, le libertà, i fattori genetici, la qualità delle loro relazioni, che, oltre al reddito, influenzano il senso di soddisfazione che ognuno di noi, soggettivamente, sperimenta rispetto alla sua vita; inoltre, l’economia della felicità, ha anche avuto il merito di elaborare nuovi e migliori strumenti di misurazione, nuove metriche e nuove forme di valutazione del benessere” [cfr. Pelligra].

 La Costituzione Italiana, il PIL e la felicità

 

Precedenti illustri

Due esempi – ma se ne potrebbero fare tantissimi – sugli effetti distorsivi del calcolo del PIL:

1) il tempo che una madre trascorre con il proprio figlio non entra nel calcolo del PIL, le spese per l’organizzazione di un funerale sì.

2) due paesi che hanno lo stesso PIL, potrebbero avere una distribuzione della ricchezza assai diversa tra loro: in uno la ricchezza potrebbe essere concentrata nelle mani di pochissimi individui, nell’altro equamente distribuita tra tutti i cittadini.

La ricerca di una misura di “benessere sociale” alternativa al PIL non è nuova. Già Robert Kennedy, nel suo famoso discorso del 1968, aveva affermato che “il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta” [cfr. Perfetto].

Dal 1990, inoltre, l’ONU ha introdotto l’ISU (indice di sviluppo umano), un indicatore che prende in considerazione, oltre alla produzione di beni e servizi (crescita economica), anche la speranza di vita e l’alfabetizzazione, Tuttavia, per valutare il benessere è necessario tenere in considerazione molti altri fattori.

Giorgio La Pira sulla Costituzione italiana

 

La complessità dello sviluppo economico e del progresso sociale

Lo sviluppo economico di un paese può essere definito come il processo di crescita economica e sociale di uno Stato basato sul livello del reddito, come è distribuito tra i cittadini, sulla qualità della vita sociale e sul progresso.

Esso è influenzato dai fattori produttivi disponibili (terra, lavoro e capitale), dalla capacità degli imprenditori di creare prodotti e modi di produzione innovativi (organizzazione) e dalla capacità dell’organizzazione statale di incentivare e aiutare l’iniziativa economica privata fornendo servizi pubblici di vario genere. Se esso è compatibile con la salvaguardia dell’ambiente e dei beni liberi per le generazioni future, si parla di sviluppo sostenibile.

Ecco perché “in ambito nazionale, da alcuni anni è stato avviato il progetto BES, tramite un’iniziativa congiunta del CNEL e dell’ISTAT, al fine di fornire un significativo contributo in questa direzione. Tale progetto è finalizzato all’individuazione delle misure più idonee a rappresentare il progresso del Paese e dei territori verso l’incremento del benessere dei cittadini. Esso considera 12 dimensioni (articolate in 130 indicatori), come ad esempio la salute, l’istruzione, l’ambiente, la qualità dei servizi” [cfr. Camera dei Deputati].

Per comprendere quanto il BES sia ritenuto importante, basta leggere la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza del 30/9/2019: “un Green New Deal italiano ed europeo, orientato al contrasto ai cambiamenti climatici, alla riconversione energetica, all’economia circolare, alla protezione dell’ambiente e alla coesione sociale e territoriale, sarà il perno della strategia di sviluppo del Governo.

Esso si inserirà nell’approccio di promozione del benessere equo e sostenibile, la cui programmazione è stata introdotta in Italia in anticipo sugli altri paesi europei e che il Governo intende rafforzare in tutte le sue dimensioni […].

Vale la pena ricordare come l’inclusione degli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile nel ciclo di programmazione economico-finanziaria, avviata nel 2017, abbia aperto la strada a una visione più ampia e articolata del rapporto tra le politiche pubbliche e la qualità della vita dei cittadini: le misure economiche devono, infatti, essere valutate in termini degli effetti previsti in relazione al benessere delle persone, alla sua distribuzione e al suo grado di sostenibilità nel tempo.” [Ministero dell’Economia e delle Finanze].

Il Benessere Equo e sostenibile: i 12 domini

Come spiegato in precedenza, attraverso un processo finalizzato a sviluppare una definizione condivisa del benessere, sono stati individuati una serie di indicatori raggruppati nelle 12 dimensioni (domini) considerate di maggior rilievo

Salute;
Istruzione e formazione;
Lavoro e conciliazione tempi di vita;
Benessere economico;
Relazioni sociali;
Politica e istituzioni;
Sicurezza;
Benessere soggettivo;
Paesaggio e patrimonio culturale;
Ambiente;
Innovazione, ricerca e creatività;
Qualità dei servizi;
Ogni dimensione viene misurata attraverso una serie di indicatori che periodicamente vengono rilevati e/o elaborati dall’ISTAT. Essi possono essere confrontati nel tempo – per capire se il benessere equo e sostenibile aumenta o diminuisce – e nello spazio, per analizzare le diversità tra le regioni e le province italiane.

 

Gli articoli della Costituzione che mostrano quanto essa sia moderna e sostenibile

La ricerca di una misura alternativa al PIL non è recente, come abbiamo visto, ma i tentativi di formalizzare e applicare alla collettività un concetto di benessere diverso dall’aggregato economico sono relativamente nuovi.

Tuttavia la nostra vecchia Costituzione, entrata in vigore oltre settant’anni fa, aveva già “programmato e suggerito” ai responsabili di politica economica che sarebbero venuti una serie di interventi per migliorare quegli aspetti della vita che sfuggono a una valutazione meramente monetaria.

Se infatti leggiamo attentamente la nostra Carta, troviamo in essa tutti i 12 indicatori principali contenuti nel BES: i Padri Costituenti sapevano bene che il “concetto di convivenza presuppone una condizione minima: che a tutti coloro che la condividono non sia preclusa una vita degna di essere vissuta, corrispondente ai valori della Costituzione innanzi rievocati” [cfr. Bettinelli].

Vi sono diversi articoli che prevedono la tutela di quegli aspetti che il BES considera fondamentali per la felicità e la soddisfazione individuale e collettiva. Per brevità citeremo soltanto il numero, lasciando al lettore la bellissima esperienza di andarli a leggere (o a rileggere):

Salute: articolo 32
Istruzione e formazione: articoli 33 e 34
Lavoro e conciliazione tempi di vita: articoli 4, 35, 36 e 37
Benessere economico: articoli 3 e 41
Relazioni sociali: articoli 18 e 49
Politica e istituzioni: articoli 1 e 48
Sicurezza: articoli 13, 25 e 27
Benessere soggettivo: articoli 2, 3, 4 e 6
Paesaggio e patrimonio culturale: articolo 9
Ambiente: articoli 9, 42, 43 e 44
Innovazione, ricerca e creatività: articolo 9
Qualità dei servizi: articoli 31 e 38

Il PIL e la felicità: un mezzo, non il fine

L’economista premio Nobel Amartya Sen afferma che “lo sviluppo può essere visto come un processo di espansione delle libertà reali godute dagli esseri umani […] Lo sviluppo richiede che siano eliminate le principali fonti di illibertà: la miseria come la tirannia, l’angustia delle prospettive economiche come la deprivazione sociale sistematica, la disattenzione verso i servizi pubblici come l’intolleranza o l’autoritarismo di uno stato repressivo”.

I tradizionali indicatori quali il PIL, i redditi individuali o l’industrializzazione rappresentano un mezzo, ma non il fine. Essi possono dare un grande contributo allo sviluppo di un paese, ma esso dipende anche da altri fattori.

I paesi del mondo si stanno muovendo in questo senso, cioè verso un’economia equa e sostenibile che metta al centro dell’attività economica le libertà e il benessere dell’individuo e la sostenibilità del progresso di crescita. Intendendo con “sviluppo sostenibile” quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

Quanto successo con il Covid-19 e la sanità (non solo in Italia, ma in tutto il mondo) ne è la conferma.

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Massimiliano Scarna
Massimiliano Scarna
Ha scritto di cinema e informatica su svariate riviste nazionali (Horrormania, IdeaWeb…), insegna diritto ed economia nelle scuole superiori. Ha pubblicato tre antologie di racconti – Istanti d’istanti, Extra e Ultrabizzarro– più una manciata di storie su riviste, e siti web. Ama i libri, la musica metal e il cinema.

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