Lo stupefacente attivismo diplomatico cinese segnala le mosse false di Washington in Medio Oriente ma anche un sorprendente non allineamento del mondo arabo, molto pragmatico.
Non allineamento e vivacità
L’attivismo cinese in Medio Oriente è forse la notizia dell’anno: il ricongiungimento tra Arabia Saudita e Iran, il dialogo in Yemen e il reintegro della Siria nella Lega Araba.
A questi andrebbero sommati: l’avvicinamento ai BRICS di Algeria, Iran, Emirati Arabi e Arabia Saudita.
La situazione è stupefacente specie se messa in confronto con quanto accade ad esempio in Pakistan. Paese tradizionalmente di area occidentale e il cui esercito e servizi segreti sono emanazioni della CIA. Assistiamo quindi a uno scivolamento del Medio Oriente in area BRICS, a trazione russo-cinese. Si tratta di un fallimento della grande strategia mediorientale di neocon e dem e più in generale delle guerre di esportazione “democratica” in Medio Oriente.
I fatti assumono più peso se pensiamo che si tratta di produttori di petrolio e gas (vale la pena ricordare anche l’avvicinamento di Indonesia e Nigeria, produttori di idrocarburi e con popolazione a maggioranza islamica, ai BRICS).
In altre parole, gli Stati Uniti perdono pedine al loro gioco dove più si sono impegnati negli ultimi anni e dove fa più male. Esiste anche un altro piano di lettura, ovvero che gli USA avendo conseguito una sorta di indipendenza energetica e essendo ormai esportatori, mostrino minore interesse verso la regione, il cui peso è dovuto a posizione e petrolio.
Sulla posizione avere due teste di ponte in Israele e Turchia, costituisce già elemento di soddisfazione per Washington.
Anche la Cina ha motivi di soddisfazione sia per il prestigio diplomatico, sia per lo scacco in cui potenzialmente verrà a trovarsi il petrodollaro.
Mentre la linea dei due giganti è chiara, nelle sue luci e ombre, lo è meno quella del mondo arabo che ha dimostrato pragmatismo e capacità di districarsi nella nuova realtà multipolare, sfruttando i vantaggi dati dall’ascesa cinese, senza però perdere i privilegi acquisiti dal rapporto con gli Stati Uniti. Certo, non una strategia di potenza o la rivoluzione, ma pur sempre un terzismo che, paragonato all’elettroencefalogramma piatto delle istituzioni europee, entusiasma.
Da buona appassionato di prodotti audiovisivi, segnalo il film saudita Alkhallat+ su Netflix, che arriva dopo una serie TV di qualche anno fa. In tutti e due i prodotti prevale un tono tra l’informativo e il sarcastico, con un gusto per il surreale che sfocia nel grottesco, qualcosa che con i dovuti distinguo può ricordare le produzioni cinematografiche italiane durante il boom.
Nonostante l’età media sia abbastanza bassa in Arabia Saudita (29,9 anni), i personaggi sono spesso adulti/anziani, ma compaiono tanti bambini. Nelle produzioni occidentali, in Stati con età media ben più alta (Unione Europea 44,4 – USA 37,9) si vedono invece protagonisti in un eterno limbo tra i 30/40 anni, caratterizzato da lavoro attivo + vita sessuale dinamica con occasionale riproduzione, i bambini sono pochi e spesso marginali o centrali come bomboniere (e come tali speciali e quindi soli, mai inseriti in una socialità di coetanei).
Cosa ci dice tutto questo di noi?
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