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Il summit dei BRICS a Kazan ha rappresentato un momento cruciale per delineare un nuovo scenario geopolitico e finanziario, con la Russia che emerge come elemento catalizzatore per i paesi emergenti e le economie in via di sviluppo.
Con la partecipazione di leader di spicco come Xi Jinping (Cina), Narendra Modi (India), Recep Tayyip Erdogan (Turchia), e Luiz Inácio Lula da Silva (Brasile), l’incontro ha ribadito l’obiettivo comune dei BRICS: affrancarsi dal sistema finanziario centralizzato dominato dagli Stati Uniti e dalle istituzioni di Bretton Woods, cercando una maggiore autonomia economica e una redistribuzione del potere globale.
Vertice BRICS, la Russia centrale nel sud globale
Il presidente russo Vladimir Putin ha sfruttato il summit per riaffermare il ruolo centrale della Russia nel contesto internazionale, sfidando il presunto isolamento a cui l’Occidente puntava con le sanzioni e la pressione diplomatica.
Il summit di Kazan ha dimostrato come l’isolamento russo sia ben lontano dall’essere una realtà: al fianco di Putin si sono schierati non solo i membri dei BRICS ma anche leader influenti del Sud Globale, come Nicolas Maduro (Venezuela) e Recep Tayyip Erdogan (Turchia).
La presenza del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha ulteriormente avvalorato l’importanza del consesso, sottolineando che un’associazione che rappresenta il 36% del PIL mondiale e il 45% della popolazione globale non può essere ignorata.
Questa nuova fase dei BRICS non solo rafforza le relazioni tra i paesi membri ma invia un chiaro segnale all’Occidente: la Russia, lungi dall’essere un paria internazionale, ha al suo fianco una coalizione di stati emergenti pronti a rimodellare l’ordine mondiale.
Verso un sistema finanziario alternativo: addio al dominio del dollaro
Uno dei principali temi discussi al summit è stato il sistema finanziario globale, ancora oggi modellato dagli accordi di Bretton Woods del 1944, che conferiscono un ruolo centrale al dollaro e alle istituzioni occidentali come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale.
La Russia ha proposto un cambio di paradigma, promuovendo l’idea di un sistema multipolare che riduca la dipendenza dal dollaro. Con il rapporto “Miglioramento del sistema monetario e finanziario internazionale,” la Russia ha delineato una visione che mira a rendere i BRICS più coesi e meno vincolati alle istituzioni occidentali.
Tuttavia, l’idea di una valuta comune dei BRICS è stata abbandonata per ora, in quanto l’unica moneta sufficientemente forte per ricoprire quel ruolo sarebbe lo yuan cinese, ipotesi poco appetibile per paesi come l’India e altri stati emergenti che preferiscono conservare la loro autonomia monetaria.
In sostituzione, i BRICS stanno lavorando per creare strumenti finanziari che permettano il commercio bilaterale e multilaterale tra i membri, utilizzando le valute nazionali e bypassando il sistema SWIFT, oggi dominato dagli Stati Uniti.
La Russia come “pivot” ?
La Russia si è posta al centro della piattaforma dei BRICS, nonostante non possa competere economicamente con giganti come la Cina. Questa posizione di moderata influenza è resa possibile dal suo peso strategico e dalla sua abbondanza di risorse naturali e industriali, come il gas, il petrolio e gli armamenti.
L’alleanza tra Russia e Cina è fondamentale per entrambi i paesi, poiché Pechino può contare sulla Russia per contrastare l’Occidente, mentre la Russia trova nella Cina un supporto economico cruciale. In questo contesto, Mosca si dimostra non un vassallo ma un partner robusto di Pechino, mantenendo una linea di cooperazione e sinergia anche nel complesso scacchiere internazionale.
Una sfida per l’Occidente?
Il summit di Kazan ha anche rappresentato un’opportunità per rafforzare i legami con altri paesi interessati a un’alleanza. Stati come Arabia Saudita, Turchia e Indonesia hanno manifestato interesse a partecipare al gruppo, attratti dalla possibilità di inserirsi in una rete che promuove la cooperazione economica senza la centralità del dollaro.
Attualmente, il commercio tra economie emergenti e in via di sviluppo rappresenta il 26% del commercio globale, ma si stima che possa crescere fino al 32% entro il 2032.
Questa evoluzione mette in discussione l’egemonia delle istituzioni finanziarie tradizionali e offre un’alternativa concreta per i paesi che cercano una maggiore indipendenza dall’influenza occidentale.
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