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Il PD è la NATO: l’opposizione al riarmo come teatro politico

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Il PD finge opposizione al riarmo UE solo per logiche interne: condivide con Meloni e NATO un’identica visione strategica. Dietro la retorica pacifista, nessun vero dissenso. Il partito resta garante dell’ordine atlantico e delle élite europee.

Il PD è la NATO: l’opposizione al riarmo quale stratagemma di politica interna

La corrispondenza generale di vedute tra il Partito democratico – tutto il Partito democratico, non solo quello di Lia Quartapelle – e la Meloni passa attraverso le scelte di indirizzo sostanziale che oltrepassano le piccole contorsioni tattiche.

La contestazione al riarmo europeo, per esempio, vive di continui distinguo, di precisazioni minuziose, quasi a giustificare una presa di posizione che per il Pd ha il solo ed esclusivo scopo di creare difficoltà alla maggioranza per piccoli ragionamenti di politica interna.

Tanto che, nel momento in cui l’opposizione al Piano sconfina a L’Aja con un’iniziativa transnazionale, mettendo nel mirino la NATO e la Ue, i missionari dell’ecumenismo di mercato si ritirano nelle loro stanze a lume di candela, accompagnati dai loro fedeli maggiordomi di Alleanza Verdi e Sinistra.

Insomma se si deve ululare alla luna contro Meloni e Trump, lo si farà, ma senza troppi gesti concreti. L’informazione democratica esprime sempre in purezza la malafede sottostante al dibattito esaltata dall’approccio tattico alle questioni politiche.

Nei giorni della trattativa con l’Iran il caravanserraglio del giornalismo professionale rimproverava apertamente a Trump una certa morbidezza nei confronti della cattivissima Repubblica islamica. Ma d’incanto, non appena gli Usa hanno provveduto a bombardare i siti nucleari ecco che la versione ufficiale ha mutato di pelle. Trump ha disatteso le promesse elettorali quando affermava dogmaticamente “America First”.

È tutto un susseguirsi di ipotesi e smentite, di punti e contrappunti, di repentine giravolte. Questo perché il Pd è un partito sistemico, elemento d’equilibrio dell’impianto post-costituzionale italiano, garante della supremazia di Ue e Nato sulla sovranità popolare e sull’autonomia nazionale.

Motivo per cui il suo centro d’interessi, con le sue roccaforti di potere, non viene mai scalfito, neanche da governi a lei ipoteticamente avversi. Ricordiamolo sempre: fu Enrico Letta a legittimare la Meloni quale degno avversario elettorale durante un’edizione di Atreju.

In quell’occasione l’ospite d’onore era l’intero Pd, non solo il suo rappresentante pro-tempore. La linea, difatti, non sembra affatto cambiata.

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Ferdinando Pastore
Ferdinando Pastore
"Membro dell'esecutivo nazionale di Risorgimento Socialista, ha pubblicato numerosi articoli di attualità politica incentrati sulla critica alla globalizzazione dei mercati e sui meccanism di funzionamento dell'Unione Europea. Redattore dell'Interfenreza e editorialista de Il Lavoro"

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