Nei giorni passati il ministro degli esteri ungherese Péter Szijjártó e l’omologo turco Hakan Fidan si sono assicurati collaborazione all’interno della NATO. La parte ungherese ha detto che sperava in una vittoria di Erdogan alle passate elezioni. A che gioco partecipano Erdogan e Orban?
Erdogan e Orban: il grande abbraccio
Riflessioni in ordine sparso: il Golem è scappato e ormai non obbedisce più al suo padrone?
Ucraina e Polonia (che fino a prova contraria rimane un paese della NATO) stanno pericolosamente continuando a provocare la Russia con uomini e mezzi propri (Varsavia non ufficialmente, ma si tratta di una sorta di segreto di Pulcinella).
La Turchia sta giocando di sponda con Mosca, anche sulla questione azeri-armeni.
Gli ungheresi già mesi fa avevano detto che non avrebbero seguito l’Unione Europea in ulteriori sanzioni alla Russia sui prodotti energetici.
I più avranno dimenticato le sparate di BoJo, all’epoca premier, che parlava di una nuova alleanza militare tra Regno Unito e Est Europa che avrebbe accerchiato la Russia. Il progetto -molto vago- favoleggiava una sorta di scudo dalla Scandinavia alla Turchia attraversando Balcani e Baltici, con Londra a fare da garante (e deterrente nucleare).
Chiaramente gli inglesi facevano questa sparata con svariate funzioni:
– Affermare che anche se fuori dall’UE sono ancora nel continente;
– Marginalizzare la Germania (che ormai con l’affare sanzioni alla Russia sembra destinata ad avere problemi);
– Rinfocolare Ucraina e Polonia nella loro linea anti-russa e nel ruolo di nuovi amici degli USA;
– Quindi ribadirsi come portaerei naturale della Casa Bianca in Europa. Era un modo per dire ai propri cittadini: siamo fuori dall’Unione Europea, non abbiamo più un impero, ma contiamo qualcosa.
Erdogan, più pragmatico, tratta con russi, azeri, iraniani, persino con gli armeni e batte il cinque agli ungheresi.
Tutta gente che ai tedeschi e ai francesi non va proprio giù. L’Europa si è costruita sul binomio: francese militare e tedesco economico, ora che il tutto inizia a declinare con lo stringersi del cappio NATO su Parigi (e addio ogni sogno di grandezza africano con l’ondata anti-coloniale in corso) e della recessione su Berlino, altre capitali guadagnano margine.
Avete notato che si parla sempre meno delle violazioni dello stato di diritto a Varsavia o a Budapest?
Avete notato che Erdogan se ne sbatte altamente di cosa pensano a Bruxelles o a Rotterdam?
E il giro di vite a destra in Italia, Grecia e Spagna? Portogallo – forse – isola felice, dove i socialisti hanno però abbandonato l’estrema sinistra e giocato tutto sulla competitività in turismo e fisco (meglio di niente).
Non è la prima volta che Budapest lancia la palla alla Turchia, ad esempio ad aprile avevano criticato l’atteggiamento poco carino della Svezia (“tendenzioso” era stata la parola) nei confronti di Budapest e avevano definito la Turchia “un partner affidabile”.
Nel 2022, i due paesi avevano firmato un memorandum introduttivo per una futura collaborazione militare.
Chi studia la storia lunga, si chiede se questa vicinanza Ankara – Budapest non sia dovuta alla storia, a quando (ben prima di giungere in Pannonia), gli Ungari erano dei guerrieri nomadi mescolati ad altre popolazioni centroasiatiche (tra cui Turchi e Mongoli); mi chiedo anche se non possano entrare in ballo le suggestioni uralo-altaiche (vera o non vera che sia la teoria, i governi possono credere a ciò che vogliono se fa comodo).
Un’antica parentela (presunta o reale) vale una messa nel mondo multipolare?
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