Il lavoro straordinario oltre il limite previsto dalla legge e dal contratto collettivo fa insorgere il diritto al risarcimento dei danni psico-fisici da usura .
Straordinari e danni psico-fisici
Il lavoro straordinario prestato oltre il limite previsto dalla legge e dal contratto collettivo fa insorgere in capo al lavoratore un diritto al risarcimento dei danni da usura psico-fisici. Questo è quanto ha statuito la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 26450 del 29.09.2021, la quale ha anche precisato che a carico del lavoratore vi è solo l’onere probatorio di dimostrare le ore di straordinario effettuate in un dato periodo.
Il lavoro straordinario è quello che viene prestato dal lavoratore subordinato oltre il normale orario di lavoro. E’un impegno extra ordinem che esula da quello normalmente dovuto e che deve pertanto essere remunerato dal datore di lavoro con delle specifiche maggiorazioni della retribuzione ordinaria che sono previste dalla contrattazione collettiva.
In alternativa sono previsti i riposi compensativi, che vengono concessi in sostituzione di quelli perduti in seguito all’effettuazione del lavoro straordinario. Tutto dipende dal CCNL di categoria che può anche stabilire l’utilizzo di entrambi gli strumenti.
L’art. 3, D.Lgs. n. 66/2003 fissa l’orario normale di lavoro in 40 ore settimanali, demandando alla contrattazione collettiva la possibilità di definire una durata inferiore. Mentre nel caso in cui la contrattazione collettiva di categoria non dovesse prevedere la regolamentazione del lavoro straordinario, la legge ne stabilisce una durata massima in 250 ore annue.
Se da un lato il lavoratore è attratto da una busta paga maggiorata, dall’altro lato, nel tempo, tale pratica comporta inevitabilmente ripercussioni sulla propria vita. Poniamo in evidenza che il datore di lavoro non è esonerato dall’obbligo di tutelare l’integrità psico-fisica e morale dei lavoratori anche se è lo stesso lavoratore a chiedere di effettuare continui straordinari non previsti dal contratto.
Pertanto, l’abnormità della prestazione eseguita configura inevitabilmente una compromissione dell’integrità psicofisica e della vita di relazione del lavoratore, determinandosi un danno di natura non patrimoniale, differente dal danno biologico, definito appunto dai Giudici “danno da usura psico-fisica”.
Danni psico-fisici da usura: conclusioni
Con la summenzionata pronuncia la Corte di Cassazione ha inteso far riferimento anche al vincolo sancito dall’art. 2087 del codice civile in relazione alla tutela delle condizioni lavorative.
Alla luce di tale norma, infatti, il datore di lavoro è tenuto ad adottare, nell’esercizio della propria impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro svolto, l’esperienza e la tecnica, risultino necessarie al fine di tutelare l’integrità fisica e la personalità dei lavoratori.
Quanto detto coinvolge tutti le categorie di lavoratori: dagli operai finanche agli sportivi professionisti. Da tener presente un importante studio condotto dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dall’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) che grazie al contributo di un gruppo di esperti ha prodotto le prime stime sulla perdita di vite umane e sui danni psico-fisici alla salute conseguenti a malattie cardiovascolari associate all’eccesso di ore di lavoro.
Tra l’anno 2000 e il 2016 le morti causate da malattie cardiache dovute a orari di lavoro prolungati sono aumentate del 42% e quelle per ictus del 19%.
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