Daouda Diane, 37enne originario della Costa D’Avorio, immigrato “in regola”, mediatore culturale ma anche operaio, è desaparecido a Marina di Acate in Sicilia dopo essere entrato il 2 luglio in un cementificio dove lavorava in nero. Tanti fanno finta che non sia mai esistito.
“Qui si muore”: verità e giustizia per Daouda Diane. Venerdì 22 manifestazione a Ragusa
Daouda è sparito da due settimane, l’unica cosa che sappiamo è che stava lavorando all’interno di una betoniera in un cementificio, come appare dal suo video, oggi di dominio pubblico, in cui con in mano un martello pneumatico dice ai suoi amici: “Qui si muore”.
Noi, fratelli e amici di Daouda, temiamo che anche lui possa essere morto all’interno del cementificio in cui lavorava in nero. E ha un sapore atroce l’apprendere dagli inquirenti che proprio nel giorno della sua scomparsa le telecamere interne all’azienda fossero in manutenzione e che il padrone affermi di non aver mai conosciuto Daouda.
Perché è questo quello che succede: se lavori senza contratto, semplicemente non esisti.
L’unica verità, l’unica certezza che hanno i lavoratori migranti in Italia è che la loro condizione di esseri umani è costantemente in pericolo, proprio nel Paese che dichiara di subordinare gli interessi dei propri cittadini agli interventi in difesa del diritto e della democrazia in Europa!
Sono ormai molte le prese di posizione internazionali che richiamano il governo italiano al rispetto dei lavoratori migranti e delle loro condizioni di vita. Di fatto, l’Italia è un Paese sotto osservazione per la violazione delle condizioni di vita e di lavoro dei migranti.
Nulla si è mosso negli ultimi anni per migliorare le condizioni salariali e di sicurezza: si continua a lavorare senza contratto, senza dispositivi di sicurezza, a morire di caldo e di fatica nelle campagne dove quotidianamente si rilevano fenomeni di grave sfruttamento lavorativo.
È giunto quindi il momento che, di fronte a questa disgrazia, i sinceri democratici, i difensori della nostra Costituzione, gli esponenti sindacali, il mondo della cultura e della informazione si attivino per lanciare un grido di allarme, per riconsegnare fiducia e dignità a migliaia di migranti che si spaccano la schiena per garantire i profitti della nostra imprenditoria.
Chiediamo l’immediata convocazione del tavolo congiunto Regione Sicilia-Prefettura di Ragusa per l’attuazione immediata di provvedimenti che aiutino i lavoratori della cosiddetta “fascia trasformata” ad uscire dallo sfruttamento.
Dopo più di due settimane dalla scomparsa di Daouda Diane rilanciamo la lotta quale unico strumento in mano ai lavoratori migranti, per chiedere verità e giustizia per il nostro compagno e fratello ivoriano scomparso sul luogo di lavoro.
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