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Trump, Israele, Diritti Umani: parla Kenneth Roth

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Lo scrittore Eugenio Cardi intervista il Prof. Kenneth Roth, ex direttore esecutivo di Human Rights Watch (1993-2022), attualmente visiting professor presso la School of Public and International Affairs di Princeton.

Trump, Israele, Diritti Umani: intervista al Prof. Kenneth Roth

Grazie Prof. Roth per averci concesso questa intervista: Il mondo ha preso una brutta piega, per gran parte il potere mondiale è nelle mani di sovranisti e di nazionalisti di estrema destra. Cosa ne pensa del discorso del vicepresidente americano con il quale lo stesso ha attaccato l’Europa?

Il discorso del Vice Presidente USA ci dimostra la visione ottenebrata del mondo di JD Vance, secondo cui mentre Putin attacca la democrazia ucraina e minaccia la democrazia nel resto d’Europa, Vance è così consumato dalla sua antipatia per l’immigrazione al punto da essere disposto ad abbracciare un partito neonazista, il partito tedesco AFD. Il suo discorso è arrivato alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco come un pallone di piombo, e l’accoglienza è stata adeguata.

Cosa pensa che succederà a fronte della proposta di Trump di deportare 2 milioni di palestinesi?

Non penso che il piano di Trump andrà da nessuna parte perché sarebbe un palese crimine di guerra e probabilmente, data l’entità della persecuzione, un crimine contro l’umanità. La Convenzione di Ginevra (che Israele, gli Stati Uniti e praticamente ogni altro governo ha ratificato), proibisce l’espulsione forzata dei residenti dei territori occupati come Gaza. Se Trump e Netanyahu dovessero portare avanti questa fantasia di estrema destra, trasformerebbero Israele in un paria globale ancor più di quanto non lo sia già e attirerebbero su di sé le accuse della Corte penale internazionale.

Pensa Professor Roth che gli stati arabi reagiranno con forza o lo lasceranno accadere?

Non credo che gli stati arabi accetteranno il piano di Trump. I leader arabi non vogliono essere complici di un’impresa criminale così massiccia. E se dovessero facilitare un’altra Nakba – la catastrofe, come i palestinesi chiamano l’espulsione dalle loro case del 1948 dai territori che oggi son parte dello Stato di Israele – il loro pubblico reagirebbe con indignazione, mettendo forse a repentaglio il loro governo.

Grazie Professore, un’ultima domanda dal tono provocatorio: ha senso a questo punto parlare ancora di diritti umani quando gli stessi vengono calpestati in tutto il mondo?

Assolutamente ha ancora senso parlare di diritti umani. Come dimostro nel mio nuovo libro “Righting Wrongs”, se si guarda in giro per il mondo negli ultimi anni, abbiamo visto persone scendere in piazza, spesso correndo grandi rischi, per chiedere che vi siano governi democratici che rispettino i diritti umani – Hong Kong, Tailandia, Bangladesh, Sri Lanka, Iran, Uganda, Russia, Bielorussia, Cuba, Nicaragua, ecc.

Non tutti questi movimenti hanno successo – gli autocrati possono essere spietati – ma dimostra che le persone che affrontano governi repressivi credono ancora nei diritti umani. Gli standard sui diritti umani sono importanti anche perché ci aiutano a capire, ad esempio, perché è sbagliato che Israele bombardi indiscriminatamente Gaza, o che gli Emirati Arabi Uniti armino le Forze di Supporto Rapido in Sudan, altamente violente, o per l’Italia finanziare la Guardia Costiera libica che cattura i migranti e li riporta in una detenzione da incubo in Libia.

Non abbandoneremmo mai il diritto penale solo perché la criminalità aumenta. Piuttosto, faremmo un lavoro migliore per far rispettare la legge. Lo stesso vale per gli standard sui diritti umani.

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Eugenio Cardi
Eugenio Cardi
Scrittore, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato ad oggi dodici romanzi, pubblicati in Italia e all’estero

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