Orban e Erdogan sono i due perfetti esempi di governi (pessimi) che, a torto o ragione, tutelano l’interesse nazionale nonostante i vincoli esterni europei e atlantici. Italia non pervenuta.
Orban e Erdogan smascherano il paravento del vincolo esterno
Si afferma che l’Italia da decenni è in una sorta di gabbia di acciaio e quindi, volente o nolente, non può che seguire le direttive della NATO e della Ue.
La questione del vincolo esterno certo esiste, ma questo non significa che non vi sia altro da fare che piegare la testa.
L’Ungheria, ad esempio, fa parte della Ue e della Nato, eppure l’Ungheria non è un “pupazzo” nelle mani della Casa Bianca e degli “eurocrati”.
La Turchia fa parte della Nato, eppure Erdogan (che, come si suole dire, ne ha combinate – e ne combina- di tutti i colori in Siria e non solo in Siria) praticamente fa quel che vuole.
Insomma, sotto il profilo dell’autonomia strategica non conta tanto il giudizio politico-ideologico, sebbene possa essere pessimo, sul governo Orban o su quello di Erdogan, quanto piuttosto quello geopolitico, perché, comunque la si pensi sull’Ungheria e sulla Turchia, questi due Paesi sono la prova che un vincolo esterno, benché forte, presuppone sempre un vincolo interno.
Certo, ci sono dei rapporti di forza di vario genere (militari, economici ecc.) di cui è impossibile non tenere conto. Tuttavia, degli “spazi di autonomia strategica“, benché limitata, una classe dirigente capace se vuole li trova o li crea.
Il problema dell’Italia è che non solo non c’è una classe dirigente che si batta per garantire al nostro Paese almeno una certa autonomia strategica, ma che non c’è nemmeno una vera classe dirigente bensì solo una classe dominante.
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