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Israele valuta un attacco al nucleare iraniano, ma Teheran, seppur indebolita, mantiene deterrenti forti. Le installazioni nucleari sono difficili da distruggere e Washington non vuole una guerra diretta. Il vero problema per Israele? L’autosufficienza tecnologica dell’Iran, che renderebbe ogni attacco non risolutivo.
L’Iran non è mai stato così vulnerabile?
La recente valutazione dell’intelligence statunitense, secondo cui Israele potrebbe attaccare il programma nucleare iraniano nei prossimi mesi, non è che l’ennesima dimostrazione dell’aggressività di Tel Aviv e della sua volontà di destabilizzare la regione.
Il pretesto della “minaccia iraniana” è stato a lungo usato per giustificare operazioni militari e azioni di sabotaggio, con il sostegno incondizionato degli Stati Uniti.
Secondo analisti e media occidentali, Teheran si troverebbe in una condizione di estrema debolezza, con la sua rete regionale indebolita e le capacità di difesa compromesse dagli attacchi israeliani dell’ultimo anno.
Tuttavia, anche se duramente colpita nell’ultimo anno, la cintura protettiva esterna della resistenza iraniana e dei suoi alleati nella regione, Hezbollah, le milizie irachene e in maniera diversa gli Houthi, rappresentano ancora un forte deterrente per le ambizioni israeliane.
Inoltre, la Repubblica Islamica ha dimostrato di essere capace di adattarsi rapidamente alle sfide imposte dalle aggressioni esterne, rafforzando la sua capacità di difesa e modernizzando la propria tecnologia missilistica.
Israele e la volontà di distruggere il nucleare iraniano
Nonostante la retorica incendiaria di Netanyahu, il problema centrale per Israele è che la distruzione completa del programma nucleare iraniano rimane un obiettivo difficilmente realizzabile.
Le installazioni chiave, come Natanz e Fordow, sono sotterranee e fortificate, rendendole quasi impenetrabili anche alle armi più avanzate. Perfino gli Stati Uniti dubitano che un attacco militare possa neutralizzare completamente le infrastrutture nucleari iraniane.
Israele può tentare di colpire alcuni siti strategici, come ha fatto nell’attacco dello scorso ottobre, ma è altamente improbabile che riesca a distruggere l’intero programma nucleare iraniano senza il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti.
E proprio qui risiede il vero punto debole della strategia sionista: Washington, pur mantenendo una linea dura contro Teheran, non sembra intenzionata a impegnarsi in una guerra diretta con l’Iran, preferendo mantenere aperti spiragli diplomatici.
Trump, Netanyahu e la solita ipocrisia occidentale
Donald Trump, dal suo ritorno alla Casa Bianca, si trova diviso tra il desiderio di raggiungere un nuovo accordo nucleare e la necessità di mostrarsi forte nei confronti dell’Iran per compiacere Netanyahu e la lobby sionista negli Stati Uniti.
Le sue dichiarazioni contraddittorie – da un lato il desiderio di far “prosperare” l’Iran, dall’altro la minaccia di bombardarlo – dimostrano quanto la politica estera statunitense sia instabile e influenzata dagli interessi di Israele.
Netanyahu, dal canto suo, ha sempre considerato ogni negoziato con l’Iran come una minaccia esistenziale per Israele. La sua ostinazione nel sabotare qualsiasi accordo diplomatico dimostra come l’obiettivo di Tel Aviv non sia la sicurezza, ma il mantenimento di una supremazia militare nella regione, impedendo che potenze come l’Iran possano svilupparsi autonomamente.
Il vero problema per Israele: la conoscenza iraniana
Al di là delle minacce militari, il vero motivo per cui l’Iran rappresenta un problema per Israele non è solo il suo potenziale nucleare, ma la conoscenza e l’autosufficienza tecnologica che ha acquisito nel corso degli anni.
Anche se Israele riuscisse a colpire alcune infrastrutture, la Repubblica Islamica potrebbe ricostruirle rapidamente grazie all’esperienza accumulata. L’Iran ha già dimostrato la sua capacità di sviluppare in autonomia tecnologie avanzate, sfidando le sanzioni e le pressioni internazionali.
L’eventuale attacco israeliano, se dovesse avvenire, non porterebbe alla fine del programma nucleare iraniano, ma solo a una maggiore escalation e instabilità nella regione.
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