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Berlino revoca i limiti alla gittata delle armi inviate a Kiev: ora possono colpire Mosca. È il ritorno di una Germania armata e interventista, con rischi di escalation diretta. La storia insegna: ogni riarmo tedesco ha portato disastri in Europa.
Il ritorno della Germania armata
Il 26 maggio 2025, il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha dichiarato che non ci sono più limiti alla gittata delle armi fornite all’Ucraina. Le forze armate di Kiev potranno ora colpire direttamente obiettivi in territorio russo con sistemi d’arma occidentali.
A prima vista, si tratta di un semplice adeguamento alla logica della guerra in corso. In realtà, siamo di fronte a un passaggio epocale che riapre scenari storici inquietanti: la riabilitazione di una Germania armata e offensiva, ancora una volta nel cuore d’Europa.
I fantasmi della storia: dalla Wehrmacht al Bundeswehr globale
Chi conosce la storia del Novecento non può sottovalutare la portata simbolica — e strategica — di questa decisione. Ogni volta che la Germania si è “riarmata” per superare una crisi continentale, lo ha fatto travolgendo l’equilibrio europeo con un’ideologia di potenza.
È già accaduto due volte nel secolo scorso: la Prima Guerra mondiale, alimentata dal revanscismo prussiano; la Seconda, inaugurata dal riarmo hitleriano con il consenso — o la distrazione — delle democrazie europee. In entrambi i casi, le conseguenze furono catastrofiche.
Oggi, con la retorica dei “valori occidentali” a fare da paravento, si assiste a un inquietante ritorno a quelle logiche. La Germania, finora costretta dal proprio passato a esercitare prudenza strategica, ha scelto una svolta interventista e muscolare.
La revoca dei limiti imposti alla gittata degli armamenti — già sostenuta da Stati Uniti, Francia e Regno Unito — non è soltanto un gesto tecnico: è una dichiarazione politica. Berlino sta dicendo al mondo di voler partecipare attivamente alla guerra, e di volerlo fare colpendo Mosca direttamente, per procura.
Il passo falso di Merz e l’illusione dell’autonomia europea
Friedrich Merz, leader cristiano-democratico e rappresentante di un blocco atlantista duro, giustifica questa accelerazione con la necessità di aiutare Kiev a difendersi. Ma l’assistenza militare, senza limiti e senza visione diplomatica, è un vicolo cieco. Il nuovo corso tedesco rompe con l’approccio più cauto del predecessore Olaf Scholz e alimenta un’escalation che, invece di rafforzare l’Europa, la espone a rischi letali.
Il Cremlino ha già parlato apertamente di una “partecipazione diretta” della Germania al conflitto qualora venissero usati missili Taurus, dotati di una gittata fino a 500 chilometri. Un pretesto perfetto, per Mosca, per colpire obiettivi anche al di fuori dell’Ucraina.
Berlino afferma di voler costruire un’”autonomia strategica europea”, ma lo fa nel momento peggiore, e con i mezzi più pericolosi. Il riarmo tedesco, se presentato come fulcro di una politica estera espansionista o punitiva, non emanciperà l’Europa dalla tutela statunitense, né la renderà più sicura. Al contrario: legittimerà la narrazione del “nemico alle porte” che giustifica ogni tipo di repressione, censura e militarismo, tanto a Est quanto a Ovest.
Fermare l’automatismo della guerra
Se la storia insegna qualcosa, è che la potenza tedesca, una volta liberata da vincoli, non si è mai fermata spontaneamente. Oggi come ieri, ciò che inizia come supporto tattico rischia di trasformarsi in un coinvolgimento diretto e sistemico. Il riarmo tedesco non è un fatto interno, né neutrale. È un atto politico con ricadute globali. L’Europa ha già pagato due volte il prezzo dell’aggressività berlinese. Pagherà una terza?
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