www.kulturjam.it è un quotidiano online indipendente completamente autofinanziato. Il nostro lavoro di informazione viene costantemente boicottato dagli algoritmi dei social. Per seguirci senza censure, oltre alla ricerca diretta sul nostro sito, iscrivetevi al nostro canale Telegram o alla newsletter settimanale.
Kiev colpisce 5 basi russe, distrutti almeno 7 bombardieri strategici. Operazione spettacolare ma irripetibile. Nessuna reazione ufficiale da Mosca, ma i rischi di escalation nucleare crescono. E sul fronte la Russia avanza. I generali ucraini si dimettono.
Ucraina-Russia: 7 bombardieri in fumo, la NATO tace. Mosca no
Prima un po’ di fatti – quelli che si sanno, almeno – e poi le opinioni (mie). Ieri sono stati attaccati cinque aeroporti in Russia: Olenya, Belaya, Diaghilev, Ivanovo e Ukrainsk. In tutti i casi i bersagli erano i bombardieri strategici che, nel conflitto in Ucraina, servono a lanciare missili convenzionali ma fanno parte della “triade nucleare” russa.
L’attacco, stando a quanto comunicato dalla parte ucraina, è avvenuto dopo un anno e mezzo di preparazione: i componenti per centinaia di droni sono stati trasportati in Russia e stoccati in un magazzino a Chelyabinsk, vicino alla frontiera del Kazakistan (da dove con tutta probabilità sono entrati), assemblati, montati in strutture di legno, caricati su camion diretti nei dintorni delle basi e da lì inviati sugli aerei.
È poco probabile che gli autisti dei camion – uno dei quali è stato ritrovato morto, soffocato da una fascetta stringicavo – sapessero cosa trasportavano (come nel caso del camion bomba fatto saltare sul ponte di Crimea anni fa, del quale abbiamo concordato di smettere di parlare perché è stata una cosa un po’ imbarazzante).
Stando agli ucraini, ripresi dai nostri media, sarebbero stati distrutti 40 aerei di vario tipo, tra bombardieri, aerei da trasporto e aerei spia. Zelensky ha poi dichiarato che è stato distrutto il 34% degli aerei, ovvero 23, visto che dovrebbero essere una settantina in totale (almeno secondo le stime circolanti, perché il numero reale è ovviamente segreto).
I filmati disponibili – e che provengono da fonti ucraine – mostrano però che sono stati colpiti 5 Tu-95 (4 a Olenya e 1 a Belaya), 2 Tu-22M3 (a Belaya) e 1 An-12 da trasporto (a Olenya). Un altro filmato mostra due fuochi a Belaya, ma non è chiaro cosa stia bruciando.
Possono esserci altri danni, certo, e qualcosa potrebbe essere stato colpito negli altri aeroporti, ma mancano video: di solito i russi non si fanno troppi problemi a diffonderli. Per avere un numero più preciso bisognerà aspettare i dati satellitari.
Quaranta è probabilmente il numero di aerei che si sperava di colpire, ma in tre aeroporti su cinque l’attacco pare sia stato sventato (in un caso i droni hanno probabilmente incendiato il camion che li trasportava; in un altro, alcuni civili presenti nella stazione di servizio dove uno dei camion si era fermato si sono arrampicati sul cassone e hanno fisicamente bloccato l’uscita dei droni, una volta capito cosa stava succedendo). Sui numeri, vedremo.
L’attacco è chiaramente una “one hit wonder”, come si diceva dei gruppi musicali che tiravano fuori un grande successo e poi sparivano. Replicarlo in futuro, su questa scala almeno, sembra poco probabile: il network di assemblaggio e logistica è bruciato e, alla fine, i danni – seppur gravi – non sono catastrofici come si era pianificato. Se gli attacchi fossero andati a segno su tutti e cinque gli aeroporti, lo sarebbero stati.
Tra l’altro, la distruzione dei bombardieri non avrà effetti tangibili sugli attacchi missilistici russi, dato che ne hanno ancora molti e non ne hanno mai usati più di 18 contemporaneamente (e una volta sola, nel dicembre 2023). Per cui anche l’idea che non possano più effettuare attacchi missilistici dall’aria è piuttosto peregrina (ci ricorda la questione della Moskva e dell’affondamento della flotta del Mar Nero, che continua a lanciare Kalibr senza troppi problemi).
Resta comunque il successo mediatico – che tra l’altro butta nel dimenticatoio gli attentati alle linee ferroviarie della notte, con annesse vittime civili, delle quali sui giornali non si parlerà più – e, ovviamente, quello militare: si tratta di apparecchi sofisticati, costosi, difficilmente rimpiazzabili e, per quanto in via di obsolescenza, ancora piuttosto utili.
Dal punto di vista militare, l’Ucraina è nel pieno diritto di attaccare ogni armamento della Federazione Russa, considerando anche e soprattutto che quegli aerei servono ad attaccare l’Ucraina. Che poi facciano parte della triade nucleare interessa poco, perché l’Ucraina non è una potenza nucleare e le armi nucleari non rientrano nel conflitto in corso. Al limite si può discutere della liceità formale di usare mezzi civili per attacchi militari e civili inconsapevoli (i guidatori) per trasportare i dispositivi, ma non è certo questo il nodo fondamentale.
Il problema reale è che da tempo abbiamo smesso di far finta che questa sia una guerra solo tra Russia e Ucraina: sappiamo molto bene che dietro, davanti e di fianco all’Ucraina c’è la NATO. Siamo nella stessa situazione di quando, a maggio 2024, fu colpito il radar russo di Armavir – con la differenza che quel radar non serviva a nulla nella guerra in Ucraina, mentre i bombardieri colpiti oggi sì.
Come allora per il radar, così oggi per i bombardieri strategici, la Russia potrebbe – ai sensi della sua dottrina nucleare – ritenere che l’attacco, pur eseguito da Kiev, sia stato concepito per degradare le difese russe in vista di un’aggressione più ampia da parte della NATO. Oggi un radar, domani sette bombardieri strategici: arriverà il momento in cui le capacità di deterrenza russe saranno seriamente compromesse – o si riterrà che lo siano. Certo, c’è sempre la “bazzecola” degli ICBM a testata multipla, ma si dà per scontato che non verranno usati.
I toni dei “volenterosi” non aiutano: la Gran Bretagna, giusto ieri – con tempismo perfetto – ha annunciato l’intenzione di dotarsi di aerei capaci di lanciare bombe nucleari a gravità (link 1) specificamente contro la Russia.
Oggi, lunedì (anche qui con perfetto tempismo, visto che è previsto un nuovo round negoziale tra Russia e Ucraina a Istanbul), Starmer presenterà il nuovo piano strategico difensivo, esplicitamente anti-russo. Tre giorni fa, infine, Stars & Stripes (link 2) ha pubblicato i risultati di simulazioni RAND, commissionate dall’aviazione statunitense, secondo cui un’invasione russa della NATO sarebbe contenibile, a patto di elargire all’aviazione vagonate di milioni. Ma invece delle vagonate di dollari, si possono più efficacemente ed economicamente usare i droni ucraini: o almeno così potrebbe pensare Mosca. E io non credo abbia torto.
Il fatto che – al momento in cui scrivo – non ci sia alcuna comunicazione ufficiale da parte russa (tranne un anodino comunicato del Ministero della Difesa), né statunitense (Axios ha prima detto che l’Ucraina aveva informato Trump dell’attacco, poi ha cambiato versione; CBS News sostiene che Trump non ne sapesse nulla), né dei “volenterosi”, fa chiaramente capire che i telefoni stanno squillando a raffica nelle cancellerie. Mosca vuole evidentemente capire se è il momento di fare sul serio la guerra – e non più una “operazione militare speciale”. Il fatto che nessuno abbia ancora parlato, nemmeno Medvedev, può far pensare che le risposte ricevute non la soddisfino.
Di impiego dell’atomica in risposta all’attacco, ovviamente, non è il caso di parlare. È vero che la revisione della dottrina nucleare del 19 novembre 2024 prevede, al paragrafo 19, l’impiego di armi nucleari “su installazioni militari della Federazione Russa la cui disabilitazione può portare a un’interruzione delle azioni di risposta delle forze nucleari”. Ma non ci sono bersagli in Ucraina per cui valga la pena lanciare una testata e, se mai, non sarebbe sull’Ucraina che la si dovrebbe lanciare – e ovviamente non si può.
La risposta, probabilmente, non ci sarà (almeno si spera), perché a meno di non prendersela con i civili distruggendo il centro di Kiev o le dighe sul Dnepr, non si vede quale escalation possa seguire. La guerra semplicemente continuerà. Ed è proprio sul fronte che, per l’Ucraina, le cose non stanno andando per niente bene: la Russia avanza su tutto l’arco, al ritmo di due villaggi al giorno.
A questo proposito, vale forse la pena ricordare che proprio oggi – nel momento di maggiore euforia mediatica – si è dimesso il comandante in capo delle forze di terra ucraine, il generale Mykhailo Drapatiy, in seguito all’attacco missilistico contro un campo d’addestramento a Gvardeyskoye, nella regione di Dnipropetrovsk, utilizzato dalla 158ª e dalla 33ª brigata. Il numero delle vittime è ignoto. Le stesse fonti che parlano di 40 bombardieri distrutti riferiscono di 12 morti, ma sembrano pochi per giustificare le dimissioni del comandante.
Francesco Dall’Aglio*
* Dal canale TM War Room
Sostieni Kulturjam
Kulturjam.it è un quotidiano indipendente senza finanziamenti, completamente gratuito.
I nostri articoli sono gratuiti e lo saranno sempre. Nessun abbonamento.
Se vuoi sostenerci e aiutarci a crescere, nessuna donazione, ma puoi acquistare i nostri gadget.
Sostieni Kulturjam, sostieni l’informazione libera e indipendente.
VAI AL NOSTRO BOOKSTORE
E PER I NOSTRI GADGET CLICCA SUL LINK – https://edizioni.kulturjam.it/negozio/
Leggi anche
- Israele senza maschera: la trasparenza del genocidio
- L’embargo USA contro Cuba: una reliquia della guerra fredda che danneggia solo il popolo
- L’Eternauta: un capolavoro del fumetto e della memoria
- “Israele contro Hamas”: il bestseller perfetto secondo le regole della narrazione
E ti consigliamo
- Shidda
- Noisetuners
- Novecento e oggi
- A sud dell’impero. Breve storia della relazione sino-vietnamita
- Sintropie. Mondo e Nuovo Mondo
- Musikkeller, un luogo-non luogo
- Breve guida per riconoscere il “coatto”
- Achab. Gli occhi di Argo sul carcere
- La terra di Itzamnà: alla scoperta del Guatemala
- Dittature. Tutto quanto fa spettacolo: si può essere ironici su temi serissimi e al contempo fare opera di informazione e presidio della memoria?
- Il soffione boracifero: ritorna dopo 10 anni il romanzo cult
- Cartoline da Salò, nel vortice del presente