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Dopo le stragi ai danni di civili in fila per il cibo, Israele blocca la distribuzione degli aiuti a Gaza. La Gaza Humanitarian Foundation sospende le operazioni. L’ONU parla di possibili crimini di guerra. Intanto l’UE resta in silenzio.
Israele interrompe il transito degli aiuti umanitari dopo le stragi: la crisi a Gaza si aggrava
Nelle ultime ore, la già drammatica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza ha subito un ulteriore, gravissimo peggioramento. La Gaza Humanitarian Foundation (GHF), organizzazione con base statunitense e finanziamenti provenienti da USA e Israele, ha annunciato la sospensione della distribuzione di beni di prima necessità nel sud della Striscia, ufficialmente per “lavori di aggiornamento e miglioramento dell’efficienza”.
Tuttavia, la decisione è maturata a seguito delle recenti stragi compiute dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF), che hanno aperto il fuoco su civili palestinesi in attesa degli aiuti alimentari, provocando oltre cento morti e centinaia di feriti.
Lo stesso esercito israeliano ha ammesso la propria responsabilità, dichiarando di aver esploso “colpi di avvertimento” contro alcuni “sospetti” che si sarebbero allontanati dai percorsi stabiliti, per poi continuare a sparare “nei pressi” di altri civili in avanzamento.
Una spiegazione che appare, secondo numerose fonti internazionali, come un tentativo di giustificazione a posteriori per un attacco indiscriminato contro persone disarmate e affamate, accalcate nei pressi delle barriere sud per ricevere viveri.
Una gestione umanitaria opaca e sotto accusa
L’indignazione mediatica scaturita da tali eventi ha costretto la GHF ad annunciare una temporanea riorganizzazione delle sue operazioni. Tuttavia, l’episodio solleva interrogativi profondi sull’effettiva imparzialità dell’organizzazione e sulla legittimità della sua presenza a Gaza.
La fondazione, infatti, è stata costituita in Delaware e successivamente registrata anche in Svizzera, due territori noti per le loro legislazioni opache in materia fiscale e societaria. Inoltre, la collaborazione stretta fin da subito con le stesse IDF — incaricate di “proteggere” gli aiuti — getta ulteriori ombre sull’autonomia dell’operazione umanitaria.
Nel frattempo, le agenzie dell’ONU continuano a denunciare l’ostruzionismo israeliano. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) ha più volte segnalato come la distribuzione degli aiuti a Gaza sia assolutamente insufficiente, aggravata da una carestia che si fa ogni giorno più estrema.
La distruzione pressoché totale dei campi agricoli nella Striscia, unita al blocco di centinaia di camion del Programma Alimentare Mondiale fermi alla frontiera di Kerem Shalom, sta determinando una catastrofe alimentare di proporzioni storiche.
Crimini di guerra e silenzi occidentali
L’Ufficio dell’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani ha espresso l’intenzione di avviare un’indagine per verificare se l’ostruzione degli aiuti da parte di Israele configuri un crimine di guerra, definendo “inconcepibili” gli attacchi armati ai danni dei civili in fila per il cibo.
La scelta della GHF di limitare le proprie attività alla sola zona sud della Striscia è stata letta da molti osservatori come un tentativo deliberato di spingere la popolazione verso sud, in linea con una strategia israeliana di pressione demografica.
In questo quadro, l’Unione Europea continua a mostrare una timidezza sconcertante. Dopo mesi di silenzi e ambiguità, e oltre cinquantamila morti — ventimila dei quali bambini —, le istituzioni europee non sono ancora state in grado di assumere una posizione ferma. I rapporti commerciali con Israele proseguono, mentre gli appelli umanitari si moltiplicano.
A Gaza, intanto, la popolazione continua a morire. Resta solo da chiedersi quanti palestinesi avranno la possibilità di sopravvivere abbastanza a lungo da vedere un’azione concreta della comunità internazionale.
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