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I “Volenterosi” d’Europa: quattro amici al bar che volevano…ma non potevano

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“Eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo…” cantava Gino Paoli, raccontando la storia di un gruppo di sognatori che, tra chiacchiere e ideali, si riducono a un uomo solo, a parlare con se stesso, mentre il mondo resta immutato, se non peggiore.

Ascoltando questa canzone, non posso fare a meno di pensare ai cosiddetti “Volenterosi”, quei leader europei che, con retorica infuocata, promettono di opporsi alla Russia nel conflitto ucraino, ma sembrano destinati a un destino simile: parole che si perdono nel vuoto, senza cambiare la realtà.

Perché, nonostante l’evidente marginalità dell’Europa nei negoziati e il cambio di rotta degli Stati Uniti sotto Donald Trump, questi leader continuano a insistere su posizioni che appaiono irrealistiche? E perché l’Europa resta fuori dai giochi?

I “Volenterosi” e il loro monologo

I “Volenterosi”, pensiamo a leader di paesi come Polonia, Stati Baltici o Regno Unito, si presentano come baluardi contro l’espansionismo russo. La loro retorica è chiara: sostenere l’Ucraina fino alla vittoria (ovviamente rigorosamente con sangue ucraino), rifiutare qualsiasi compromesso con Mosca, pretendere la restituzione di ogni centimetro di territorio occupato.

Eppure, come i quattro amici di Paoli, il loro discorso sembra sempre più scollegato dalla realtà. La Russia, forte dei successi militari sul campo, detta le condizioni per la pace.

Gli Stati Uniti, sotto Trump, hanno abbandonato l’approccio di Biden, che prometteva aiuti illimitati a Kyiv, per una strategia transazionale: niente più miliardi di dollari senza contropartite, come accordi sui minerali ucraini, e negoziati diretti con Putin, spesso senza coinvolgere né l’Ucraina né l’Europa.

Allora, perché i “Volenterosi” persistono? La risposta sta in una combinazione di idealismo, opportunismo politico e paura. In patria, la linea dura contro la Russia rafforza il loro consenso, specialmente in nazioni che vedono Mosca come una minaccia esistenziale (ad esempio i Paesi Baltici).

All’esterno, mantenere una retorica bellicosa è un modo per restare rilevanti in un Occidente guidato dagli USA, anche se il loro peso reale è minimo. I media occidentali amplificano le loro voci, creando l’illusione di un’influenza che non hanno. Ma, come nella canzone, il loro numero si riduce: da un coro di alleati a poche voci isolate, che parlano senza essere ascoltate dai veri protagonisti del negoziato.

L’Europa fuori dai giochi

L’Europa, che sotto Biden aveva un ruolo di supporto nella coalizione NATO, si trova ora marginalizzata. Trump, con la sua politica “America First”, preferisce trattare direttamente con Putin, come dimostrato dagli incontri in Arabia Saudita del febbraio e marzo 2025, dove né Kyiv né i leader europei sono stati invitati.

La sospensione degli aiuti militari USA all’Ucraina, decisa da Trump dopo un teso incontro con Zelensky, ha messo l’Europa in una posizione di debolezza: i paesi europei non hanno le risorse per colmare il vuoto lasciato da Washington, né la coesione per parlare con una voce unica.

L’Ungheria e la Turchia, ad esempio, si mostrano concilianti verso Mosca, mentre i “Volenterosi” insistono su richieste, come il ritiro totale della Russia, che il Cremlino considera irricevibili.

Questa frammentazione interna, unita alla dipendenza strategica dalla NATO (e quindi dagli USA), rende l’Europa un attore secondario. I “Volenterosi” continuano a gridare al bar, ma il mondo, o meglio, il conflitto, segue una traiettoria decisa altrove.

Un monologo che non cambia il mondo

Tornando a Gino Paoli, la canzone Quattro amici ci ricorda che i grandi ideali, se non sostenuti da azioni concrete, si riducono a chiacchiere. I “Volenterosi” europei, con le loro posizioni massimaliste, sembrano destinati a un destino simile. La loro perseveranza è alimentata dalla paura di un’Europa indebolita, dalla necessità di mantenere il consenso interno e dal desiderio di compiacere un alleato americano che, con Trump, non li ascolta più. Ma, come l’ultimo amico al bar, rischiano di parlare da soli, mentre Russia e Stati Uniti ridisegnano gli equilibri del conflitto.

La domanda resta: per quanto tempo i “Volenterosi” continueranno il loro monologo? E, soprattutto, quando capiranno che cambiare il mondo, o almeno fermare la guerra , richiede non solo parole, ma compromessi che forse non sono pronti ad accettare?

In realtà abbiamo anche la risposta. Qui di grandi ideali non c’è traccia, se non nella retorica delle dichiarazioni. Tirano a campare, come si suol dire, perché sanno benissimo che quando finirà la guerra molte teste cadranno, non solo quella di Zelensky.

Come potranno Macron, Starmer, Merz, Ursula Von der Leyen sopravvivere alla disfatta dell’Occidente collettivo contro la Russia? Non potranno. Forse ne rimarrà solo una: Kallas. Sul confine estone a tirar ciabatte contro l’orso russo.

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parole ribelli, menti libere

Enrico Zerbo
Enrico Zerbo
Ligure, ama i gatti, la buona cucina e le belle donne. L'ordine di classifica è a caso. Come molte cose della vita. Antifascista ed incensurato.

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