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La Germania ha affrontato il ‘pericolo nero’ con una mobilitazione civile che ha frenato l’Afd, ma senza una solida base sociale. Senza un cambio di rotta, il risentimento economico e la postura arrendevole sulla guerra potrebbero solo aver rimandato il drastico cambiamento.
Germania, la prima volta ti fa tremare
La Germania, in ordine temporale, è l’ultimo dei paesi europei ad aver affrontato una tornata elettorale con la pressione emergenziale del pericolo nero.
L’Italia è specializzata in questo tipo di operazioni; sin dal 1993 ha fatto i conti con piccoli duci di ritorno: Fini, Berlusconi, Bossi, Salvini, Meloni. Tutti, a modo loro, la reincarnazione esatta del ventennio.
Contemporaneamente però, l’apparato istituzionale da un lato e le forze sociali dall’altro, aravano il terreno perché la discorsività fascista tornasse di buon senso comune, con l’esaltazione del managerialismo artistico creativo dei meritevoli, e concedevano ai reduci repubblichini l’onore delle armi, assimilandoli nel sistema concorrenziale, spoliticizzato e mono-ideologico della seconda repubblica.
La verginità tedesca sulla questione ha permesso di attirare l’attenzione della popolazione sul pericolo svastica con una conseguente chiamata alle armi della società civile. Alta partecipazione al voto e colpo di coda dei partiti centrali del sistema che, per necessità e virtù, dovranno riesumare una posticcia Grosse Koalition.
Ma sarà proprio la riedizione della consueta ricetta che, col tempo, farà disperdere l’ansia per il pericolo bruno e aiuterà l’AFD a costruirsi una credibilità programmatica, meno condizionabile dalle suggestioni nostalgiche e più inserita nella normalità discorsiva del sistema.
Soprattutto se il nuovo governo tedesco riproporrà la stessa postura arrendevole nei confronti della guerra, vero snodo decisivo per l’economia in Germania. La crisi determinata dalla rottura dei rapporti con la Russia, sotto la regia statunitense, ha determinato una crisi industriale impensabile fino a pochi anni or sono.
Insistere dunque nell’assecondare la linea della fermezza anti-russa delle tecno-strutture sovranazionali, che ormai si legittimano prospettando linee politiche utili solo alla loro auto-conservazione, comporterebbe un risentimento sociale di tale portata da far sfondare l’Afd anche nell’ovest più garantito.
Anche perché, a differenza della Francia, la resistenza al pericolo Afd non è scaturita da una costante mobilitazione sociale, da una conflittualità sindacale accesa negli anni, che ha permesso alla sinistra radicale di imprimere la propria visione del mondo all’intero arco politico. In Germania è stato più incisivo lo sdegno impolitico della società civile nel mettere una decisiva, ma appunto fragile, toppa.
Quindi, al di là del pensiero di molti tifosi delle due sinistre alternative, la Linke e BSW, che hanno sperato nell’insuccesso reciproco, perché una sostanza antifascista possa generarsi nel tessuto sociale tedesco, occorrerebbe un tavolo di discussione tra queste due forze, apparentemente oggi molto distanti.
L’una, la Linke, con un ravvedimento sulle sue posizioni in politica estera, l’altra con una riarticolazione delle posizioni sulle questioni migratorie. Puntare, così, alla costruzione di un blocco sociale capace di contrastare l’iper-liberismo autoritario dell’Afd, quel connubio tra libero mercato e verticalizzazione imprenditoriale delle istituzioni, vero tratto caratteristico della moderna internazionale bruna, e contemporaneamente puntare alla pasokizzazione dell’Spd, per confinarla a soggetto complementare del quadro politico.
Insomma riprodurre l’operazione Mélenchon, l’unica in tutta Europa che dà qualche seria speranza per una futura conquista dello Stato.
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