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L’invasione terrestre di Israele nella Striscia di Gaza segna la fase finale del massacro: bombardamenti incessanti distruggono rifugi e famiglie, mentre l’Occidente si indigna tardivamente. La deportazione di massa in Libia è già in preparazione.
Gaza, l’ultimo miglio. Le tardive prese di posizione contro il genocidio sono il segno che verrà presto compiuto*
Sabato Israele ha iniziato la fase più spaventosa del genocidio: l’invasione di terra dell’intera Striscia. Le voci su Twitter dei pochi giornalisti sopravvissuti alla campagna di eliminazione mirata e della gente comune di Gaza sono unanimi, la ferocia totalitaria di questo massacro finale è senza precedenti.
I bombardamenti non si fermano un istante: centinaia di attacchi aerei, artiglieria che spara incessantemente nel mucchio, sulle cosiddette “zone sicure” che sicure non sono mai state, colonne di carri armati che si dirigono verso gli ultimi rifugi di una popolazione stremata da quasi tre mesi senza cibo distruggendo tutto a cannonate.
L’obiettivo, pubblicamente dichiarato dal governo Netanyahu, è quello di spazzare via i palestinesi una volta per tutte. Coloro che sopravviveranno ai carri armati che distruggono le case con dentro le famiglie verranno scacciati in un fazzoletto di terra nell’estremo sud, ai confini con l’Egitto, dove Israele sta freneticamente demolendo gli ultimi edifici e infrastrutture rimaste in piedi per rendere la zona totalmente inadatta alla vita.
Il piano prevede che i palestinesi non rimarranno lì, ma verranno deportati in massa altrove. Le ultime notizie dagli USA raccontano che Trump sta lavorando da a un piano per deportare permanentemente almeno un milione di persone in Libia: uno Stato che non è uno Stato, diviso tra fazioni perennemente in guerra, dove l’unica legge è quella della forza e dove già adesso decine di migliaia di innocenti desiderosi di migrare sono reclusi in autentici campi di tortura lautamente finanziati dall’Italia e dall’Unione Europea.
In questi ultimi giorni vari importanti giornali mainstream in Italia e all’estero hanno finalmente ospitato sporadiche prese di posizione contro il massacro di Gaza, tra essi anche il Corriere della Sera e il Financial Times. Molti hanno accolto queste prese di posizione con speranza, illudendosi che siano l’inizio della fine del genocidio, ma temo che in verità sia esattamente l’opposto.
Queste prese di posizione (comunque annegate nel consueto mare di disinformazione che le stesse testate continuano a portare avanti) arrivano proprio adesso per un motivo molto semplice: sono convinti che il genocidio di Gaza è infine giunto alle fasi finali e verrà presto compiuto.
Queste tardivissime ammissioni avvengono proprio perché sono tardive: chi le assume è perfettamente consapevole che nessuno interverrà per fermare la strage finale, e quindi può tranquillamente indignarsi e versare lacrime di coccodrillo senza dover poi portare avanti questa posizione nel tempo e infastidire realmente i genocidari.
Lo scopo è tanto evidente quanto disumano: cercano di accreditarsi, a futura memoria, come oppositori del più spietato e allucinante crimine che sia mai stato perpetrato alla luce del sole, in modo da proporsi come “i buoni” che hanno cercato di fermare i crimini, quando in realtà sono stati proprio loro, con 19 mesi di continua e deliberata complicità, a renderli possibili.
Queste prese di posizione orribilmente ipocrite non indicano quindi un’inversione di tendenza: sono il segno che i genocidari e i loro complici che ora si stracciano le vesti sono ormai certi che la pulizia etnica verrà completata in tempi brevi.
Quello che vedremo nei prossimi giorni supererà in ferocia ogni precedente storico, perché grazie al prolungato silenzio di morte della maggioranza della cosiddetta “società civile”, i genocidari sanno che ora tutto è permesso.
L’ultimo miglio della folle corsa verso la soluzione finale è iniziato, e gli infami sedicenti democratici del civilissimo Occidente hanno un solo pensiero: “speriamo facciano presto”.
* Alessandro Ferretti è su Substack
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