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Dal crollo del turismo allo smart working e le chiusure anticipate: la ristorazione ai tempi del covid è in ginocchio.
Ristorazione ai tempi del covid
Cucina, convivialità e tradizione: culto italiano
Fiore all’occhiello, fonte di invidia e modello nel mondo, la cucina italiana, con un bagaglio infinito di tradizione, sin dagli albori é sempre emulata e costituisce l’emblema dello stivale.
Il celebre motto ci dipingeva come popolo di santi, poeti, navigatori (ai quali si sono aggiunti i commissari tecnici della Nazionale) ma il più vero è sicuramente quello di ristoratori.
La melodia di due bicchieri che si incontrano per un brindisi, il vociare confuso che si propaga nell’aria e avvolge nel medesimo spazio innumerevoli storie di vita, gli sguardi magnetici e tinti di imbarazzo di una coppia al primo appuntamento: l’essenza e il tessuto di cui sono costituite le giornate di sudore e speranza di tutti i ristoratori.
La cultura del buon cibo scorre nelle vene di ogni italiano prima che metta piede nel mondo, é una filosofia, uno stile di vita scritto nel codice genetico.
I ristoranti che come tanti funghi nel bosco colorano il manto di piazze e strade, non offrono solo leccornie da gustare con qualche calice di vino, sono vere e proprie esperienze, istituzioni che non possono e non devono essere scardinate dalla loro funzione sociale.
Le letture sociologiche e antropologiche sulla funzione del mangiare insieme, che va ben oltre l’esigenza fisiologica del nutrirsi, si sprecano.
L’uomo é per natura un animale predisposto alla compagnia e la tavola riveste quel compito importante di far scivolare per qualche ora le preoccupazioni e i nervosismi della giornata, facendoli dissolvere insieme ai fumi che evaporano dai piatti e alle parole che si mischiano nell’aria colorando l’ambiente di buonumore e simbologia.
Ci sono locali che hanno fatto la storia di un luogo, intramontabili fondamenta che portano alla perfezione le rughe della loro longevità nel cuore di mille centri storici, fungendo da contenitori di infinite storie di volti che passano per una cena e lasciano sul tavolo ricordi e un pezzetto di cuore.
La convivialità nella storia e durante la pandemia
Da Platone a Cicerone, la filosofia della convivialità come concetto traboccante di valori ha continuato ad essere contemplata dalle generazioni ed é stata tramandata negli anni in un’orchestra di tradizioni che non ha mai subito battute d’arresto.
Abbiamo avuto la riprova di quanto questo aspetto sociale sia irrinunciabile nella nostra vita durante il lockdown, quando l’esigenza della condivisione ci ha spinto ad organizzare aperitivi a telecamere accese su zoom, dandoci appuntamento davanti allo schermo per riprodurre ciberneticamente quel noto ci vediamo alle 18 per un prosecco?.
Ristoranti nel mirino
Purtroppo però ad oggi la ristorazione, proprio perché oggetto di incontro e raduno e di conseguenza potenziale bomba ad orologeria per l’esplosione e diffusione di Covid, rappresenta uno dei settori più colpiti da questa universale pandemia.
In base a uno studio dei Centers of Disease Control and Prevention, la probabilità di contrarre il virus per chi frequenta locali e ristoranti é esponenzialmente superiore rispetto ai rinunciatari del pasto fuori dalle mura domestiche.
Di contro Stoppani, guida di Fipe, fa parlare i dati: Se i contagi avvenissero nei ristoranti, osserva, i numeri si sarebbero impennati molto prima di settembre.
Come sappiamo, inoltre, sono tantissimi i ristoratori che con dovizia di zelo si sono attenuti scrupolosamente ai fiumi di norme tra cui la disposizione dei tavoli con le relative distanze o addirittura l’apposizione di barriere fisiche tra i commensali, l’acquisto di dispositivi per la misurazione della temperatura e i prodotti per la sanificazione delle strutture, limitando il rischio ai minimi termini.
A quanto pare non è bastato.
Ristorazione ai tempi del covid: un nuovo Dpcm fa tremare ancora
Domenica 25 ottobre 2020, un nuovo temuto Dpcm é tornato ad insediarsi nella quotidianità del mondo ristorativo, una condanna pesante come un macigno sulle spalle dei titolari e dei dipendenti che, dopo la parvenza di una faticosa e lenta ripresa estiva, torna a sancire l’obbligo di chiusura delle saracinesche entro le ore 18 e stabilisce un limite di 4 persone per tavolo.
Conseguentemente torna ad aleggiare l’eco di un potenziale drastico ridimensionamento delle strutture che rende quasi vani tutti gli investimenti effettuati con sacrificio dai titolari per conformarsi alle rigide norme previste per la battaglia contro il Covid-19.
Ed é terrore.
Numeri da film horror
Già lo scorso luglio si era registrato un calo del fatturato pari al 40% e si valuta che, qualora questa tendenza negativa si protraesse come è prevedibile, le perdite potrebbero ammontare ben a 22 miliardi entro la fine del 2020, con la chiusura di circa 50.000 imprese e conseguenti perdite di posti di lavoro.
Complici di questa cronaca di una morta annunciata si fanno il drastico calo del turismo, che interessa in particolar modo i ristoranti del centro città e l’aumento vertiginoso dello smart working che ha fatto scomparire le pause pranzo che contribuiscono largamente al sostentamento di numerosi locali.
Si stima che l’80% delle imprese abbia fatto ricorso alla cassa integrazione e che un buon 10%, dopo una prima riapertura lo scorso maggio, abbia richiuso i battenti poiché le uscite superano di gran lunga le entrate.
Proteste e solidarietà
Mercoledì 28 ottobre, aderendo a un’iniziativa organizzata da Confcommercio, il mondo della ristorazione scenderà in numerose piazze italiane per manifestare e porre all’attenzione del governo le problematiche scaturite da questa crisi che non conosce precedenti.
Sulla rete si sta diffondendo un’iniziativa a supporto dei ristoratori racchiusa nello slogan #iostconiristoratori.
Nello specifico si invita a non abbandonare alle sorti nefaste della pandemia questa categoria di lavoratori che ha già dovuto ridimensionare la capienza e gli orari di chiusura al pubblico.
Si esorta quindi a sostenere tale classe di lavoratori ordinando per mezzo dell’asporto o fermandosi per consumare anche solo un calice di vino al volo.
Anche il mondo della televisione non è rimasto inerme. Sul canale Nove di Discovery Italia da lunedì 26 ottobre, Francesco Panella, volto noto nel panorama ristorativo nazionale e d’oltreoceano, in Riaccendiamo i fuochi si spende proprio per risollevare le sorti di molti imprenditori del settore Food & Beverage colpiti duramente dalla crisi pandemica, offrendo loro consigli e strategie per gestire al meglio questa nuova impegnativa realtà e spiegare le vele verso un nuovo orizzonte.
Toc, toc, governo?
Un dato di fatto è incontrovertibile. Gli operatori stanno facendo la loro parte: possiamo dire lo stesso del governo?
Da mesi udiamo di promesse di fondi europei che dovrebbero sostenere l’economia ma per il settore della ristorazione è palpabile l’insoddisfazione che emerge dalle voci dei diretti interessati, abbandonati a loro stessi nel contrastare il peso dei costi fissi divenuti insostenibili.
È arrivato il momento che, parallelamente alle imposizioni che limitano l’erogazione dei servizi, il governo si faccia carico dei gravami che più incidono sulla sostenibilità del bilancio di chi opera nel settore.
Tra tutti i costi fissi, l’affitto rientra sicuramente tra le spese più incidenti.
Urgono risposte tempestive, altrimenti questa situazione si tradurrà nella catastrofica mancanza di sussistenza per numerosi nuclei familiari.
Ci auguriamo che questi nuovi abnormi sacrifici siano ripagati da sospiri di tregua e sollievo verso il periodo natalizio, si parla delle prime dosi del vaccino per la prima decade di Dicembre.
Non solo imprenditori e collaboratori, ma l’intero tessuto sociale ha bisogno di tornare ad ascoltare la sinfonia di una quotidianità ritrovata, liberandosi presto di quella psicosi di massa più contagiosa del virus stesso.
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Ristorazione ai tempi del covid. Il precedente Dpcm