Facebook e i social network stanno uccidendo il nostro amor proprio e non ci rendiamo conto di essere scesi al livello asilo.
Pappappero: l’asilo Facebook
È tutto un fiorire di dichiarazioni di voto, con discorsi molto seri e articolati. Nulla da dire se non che forse le varie compagini politiche non se li meritano: forse nessuno dei vari leader politici saprebbe utilizzare le stesse categorie di quei post così seri e profondi. Ma non è di questo che voglio parlare.
Mi interessa rilevare che sotto ai post, i commenti sono perlopiù di questo tenore: «e io invece voto Pippo», «non capisci niente, devi votare Pluto!», «spero che non raggiungiate il quorum» ecc… Manca solo un “pappappero” e il livello asilo sarebbe compiuto. A quel punto, si potrebbe passare al livello scuola primaria.
Domanda: non ci stiamo rendendo conto che i social network stanno impoverendo il nostro modo di parlare, di stare con gli altri, di confrontare le ragioni, di dibattere, di discutere, di ascoltare? A che serve rispondere “invece io voto un altro”?
Perché non tacere se non si ha altro da dire? Perché il nostro modo di stare fra noi s’è ridotto al “pappappero”? Siamo soddisfatti da quel commento?
Ci fa sentire di aver detto veramente qualcosa, di avere veramente parlato, di aver detto qualcosa di importante, di aver espresso la nostra soggettività, di esserci posti davvero in un dialogo che ci ha dato qualcosa? Siamo usciti dal computer o dal telefonino davvero più ricchi?
Ho letto tante dichiarazioni di voto di amici e compagni e li ho ammirati per lo sforzo, per la ricchezza delle argomentazioni. Non avevo niente da dire, niente da opporre loro. E sono stato zitto, non ho commentato.
Vi dico la verità: troverei davvero sminuente abbassarmi al livello “pappappero”. E mi chiedo: forse che i social network stanno uccidendo il nostro amor proprio e non ci rendiamo conto di essere scesi al livello asilo?
Pappappero
* Articolo per gentile concessione di Claudio Bazzocchi dalla sua pagina Fb
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