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Nella società della performance, persino il Conclave cede al mercato: tutto va svelato e brandizzato, dalle emozioni al sacro. Il mistero è bandito, il chiasso regna sovrano e la Cappella Sistina diventa palcoscenico da reality.
Habemus Brandum: la tv del comignolo
La società della performance è anche una società che pretende trasparenza. Tutto va svelato sino all’obbligo morale del coming out. Il mercato deve poter confezionare merce, indorarla perché possa risultare avvolgente, indispensabile, ammaliante. Nessun aspetto dell’esistenza sfugge alla regola assoluta della commercializzazione. Esperienze, avvenimenti, emozioni. Tutto va brandizzato e ricondotto nella dinamica fantasmagorica dello Spettacolo.
Il mistero, il silenzio, l’osservazione profonda, i ragionamenti complessi, la ponderazione sono fenomeni che scivolano su un terreno ignifugo. Il neoliberalismo pretende continui retroscena, il chiasso cacofonico delle notizie, il vociare delirante delle opinioni. Un borbottio assordante che si accavalla allo splendore imbandito della pubblicità in un flusso ipnotico nel quale Dio viene enfatizzato alla pari di uno stracchino.
Impossibile, dunque, fare pace con la segretezza del Conclave. Anch’esso è luogo da scardinare per poi essere radiografato. Il mercato delle notizie-merce raffigura pettegolezzi, monografie non autorizzate, storytelling dove i cardinali diventano delle pop star, con le loro fanzine, con i loro hype. Tutto deve diventare indistinguibile: la Serie A, Sanremo, gli Oscar e la Cappella Sistina.
L’elezione del Papa andava demistificata e banalizzata in mero concorso, di quelli con la giuria, di quelli tanto elementari e pedagogici da diventare palinsesto.
Perché perdesse il suo carattere sacro il Conclave ha dovuto sottostare ai canoni delle maratone televisive, seppur in assenza di compatibilità, e dunque inquadrare ininterrottamente, con fare morboso, un comignolo, e addensare su quel fotogramma tutti i deliri psicotici dei nostri tempi.
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