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I guelfi e ghibellini della pandemia: è ancora possibile un dibattito laico?

Tra i nuovi guelfi e ghibellini che hanno espulso il dubbio da ogni ragionamento tra scienza, politica e misure sanitarie, è ancora possibile un dibattito laico?

I guelfi e ghibellini della pandemia

De Luca chiude le scuole e vieta gli alcolici. Lascio da parte il tema della scuola, anche se non posso esimermi dal chiedermi, come tutti, cosa si sia fatto in tema di edilizia scolastica o trasporti in due anni (siamo stati bravissimi a creare una imponente organizzazione per la somministrazione dei vaccini, con l’apertura di hub, il recupero di strutture, ma per la scuola nisba, eccetto naturalmente i banchetti finiti al macero).

Mi soffermo sul divieto di alcolici. Che non ha nulla di scientifico ed è solo espressione della cultura puritana, savonaroliana di don Vincenzo. La scienza non c’entra nulla. Molti dei provvedimenti che vengono adottati con la scienza c’entrano solo relativamente, a questo punto avremmo dovuto capirlo.

Eppure si ripete, continuamente, “io credo nella scienza”. Come se alla scienza si dovesse credere. Come se fosse una religione.

Come vedete, da un po’ cerco di commentare il meno possibile su covid, vaccini, ecc… Perché non mi interessa un dibattito da cui sia stato espulso il dubbio. Perché, da vaccinato, sono stufo dei dogmatici del vaccino (che ne hanno cambiate tante di versioni, ignorando che la vera scienza, compresa quella dei vaccini, è sperimentazione e non il totem che dicono loro) e mi sono rotto il cazzo dei no vax, di quei no vax che non si limitano a dire che non si fidano ma che sono stracerti che chi si inocula si stia ammazzando.

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Nella vita, ogni giorno rischiamo, quando assumiamo un farmaco che non abbiamo validato noi e non abbiamo studiato e da incompetenti ci fidiamo di quello che ci racconta il bugiardino, oppure quando molto semplicemente andiamo a mangiare dal giapponese e non sappiamo se quel cibo sia ben conservato e non possa perfino spedirci al creatore con la salmonella.

Rischio io, rischia il no vax che si cura con farmaci tradizionali o alternativi: rispettiamo i reciproci rischi, assumiamoci la responsabilità in questo gioco con la vita dal quale potremmo sottrarci solo con la paralisi. Bestemmia! Si gioca mai, con la vita? Si, certo che si gioca. Spaventati? Rischiamo sempre. Lo facciamo ogni giorno senza saperlo. Pensateci.

Ah, ci sono pure i dati, naturalmente. Io mi fido, anche se a volte sono contrastanti e mutano velocemente, e un vaccino che avrebbe dovuto immunizzarmi non mi immunizza (cioè non impedisce la trasmissione del contagio), un vaccino la cui copertura sarebbe dovuta durare 12 o 9 mesi, ne dura ora 4, però – credo, o spero, se preferite – mi protegge dalla morte, o comunque la rende meno probabile, per qualche mese.

Credo (non in senso religioso, ok?). Non è poco, che si salvano vite. Si va avanti così, con la speranza, l’affidarsi, che poco ha a che vedere con la fede granitica propria delle religioni, che mi sembra sfoderiate da un lato e dall’altro con una certa violenza e molta saccenza. Uno si affida a una cosa, un altro a un’altra cosa.

Lo so, ci sono altri aspetti, tanti altri aspetti fondamentali, di cui qui non parlo, c’è la libertà e la democrazia sacrificata e ci sono le terapie intensive piene (dicono, di no vax) che ingolferebbero la sanità e giustificherebbero l’odioso lasciapassare e ora l’altrettanto odiosa obbligatorietà, ognuno mette al primo posto ciò che ritiene più importante, naturalmente anche io ho una mia prevalenza da accordare ma non ne tratto qui (dovrebbe essere compito dei politici contemperare questi principi e fatti, ognuno valuterà se lo si stia facendo bene).

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Qui mi interessa un altro concetto. Quello della laicità nel confronto. Che una volta voleva dire una cosa, ora un’altra. Un tempo esser laici voleva dire appartenere al popolo e non al clero. Ora, vuol dire avere dubbi, non essere dogmatici, scegliere sempre ma – ripeto a rischio di tediare – nel dubbio.

Le due cose si sposano, l’uomo del popolo, “l’incompetente”, non può che fidarsi, scegliere appunto nel dubbio. Ogni scelta del genere è un mix di argomentazioni razionali e intuito/azzardo.

Nel mio caso, ho pensato che, si, ci sono le case farmaceutiche che speculano ma c’è anche il lavoro e lo studio di scienziati che hanno lavorato giorno e notte, in ogni paese, per trovare una soluzione, ma magari – mi rendo conto – per un no vax sono un ingenuotto. E ho pensato anche che le famose multinazionali non possano permettersi di mandare a morte o menomare milioni di persone (pure qui, secondo qualcuno potrei essere un allocco, ok!).

Rispetto chi la pensa in maniera differente purché lo faccia anche lui nel dubbio e non mi venga a rompere i coglioni mettendosi su un piedistallo. I no vax per me non sono untori appestati, pretendo di non essere per loro un deficiente da disprezzare o guardare con compassione.

Sono laico. Mi piacerebbe lo fossero tutti e perfino lo fosse un po’ anche il clericale, lo scienziato, il competente, l’intellettuale: meno perentorieta’ e meno spocchia costituirebbero un buon servigio per la scienza. Che non può essere disonorata così.

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Si, perchè se i suoi dati, le sue risultanze, si pretende che siano un totem, un dogma, qualcosa di non passibile di interpretazioni, dunque una serie di certezze incontestabili e vere una volta per tutte, la si sputtana, la scienza.

Solo una cosa è certa e vera una volta per tutte: l’eterno, la vita, Dio. Che poi sono la stessa cosa. Se non credete in quella, evitate di divinizzare altro, grazie.

Ora, fatemi una cortesia, ripetete con me: “Io non so un cazzo e procedo a tentoni. Noi tutti procediamo a tentoni, pure la scienza. Io non so un cazzo e semmai mi fido di chi ne sa più di me, ma nella consapevolezza che ne sa un po’ più di me, che potrebbe non essere sufficiente”. Ripetete. Tutti i giorni. Prima dei pasti. Se siete religiosi, anche prima di andare a nanna.

E visto che ci siete, recitate pure questa: “Una pandemia potrebbe non essere solo un fatto sanitario. Una pandemia potrebbe non essere solo un fatto sanitario. Una pandemia potrebbe non essere solo un fatto sanitario”. (Che vuol dire che ha bisogno, per essere sconfitta, di una cura che metta insieme più competenze, più scienze anche. E la cosa che più mi fa ridere è che questa cosa qui – ripeto, che una pandemia potrebbe non essere solo un fatto sanitario – l’ha capita il mormone De Luca e non voi).

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Mario Colella
Mario Colella
Garibaldino

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