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No Other Land, documentario su Masafer Yatta, ha vinto l’Oscar ma fatica a trovare distribuzione negli USA per la critica a Israele. Presentato a Berlino, è uscito in 24 Paesi, ma piattaforme e cinema americani evitano temi politici scomodi. La censura preventiva.
No Other Land: un riconoscimento di peso per un film invisibile negli Stati Uniti
La notte degli Oscar ha consacrato No Other Land come miglior documentario, un’opera indipendente realizzata da un collettivo israeliano-palestinese. Acclamato dalla critica e vincitore di prestigiosi premi internazionali, il film racconta la dura realtà di Masafer Yatta, un’area della Cisgiordania i cui abitanti palestinesi subiscono da decenni violenze e sfratti forzati da parte delle autorità e dei coloni israeliani.
Tuttavia, nonostante il successo, il documentario non ha ancora trovato un distributore negli Stati Uniti, il mercato più importante per l’industria cinematografica. Secondo il Post, il motivo risiede nel contenuto apertamente critico nei confronti delle politiche israeliane, un tema considerato troppo controverso per la distribuzione commerciale negli USA.
La storia di Masafer Yatta e l’occupazione israeliana
Il documentario si concentra sulla popolazione di Masafer Yatta, un’area di circa 30 chilometri quadrati a sud di Hebron, soggetta a sistematiche operazioni di sgombero da parte dell’esercito israeliano sin dagli anni Ottanta. L’esercito dichiarò la regione “zona di addestramento militare”, giustificando così l’espulsione degli abitanti palestinesi. La pellicola documenta le condizioni di vita della comunità locale e le difficoltà nel resistere alla continua pressione militare e coloniale.
Il percorso internazionale del film e l’assenza dagli schermi americani
Prima della vittoria agli Oscar, No Other Land aveva già conquistato numerosi riconoscimenti, tra cui il premio per il miglior documentario al Festival di Berlino e ai New York Film Critics Circle Awards.
Attualmente, il film è stato distribuito in 24 paesi, tra cui Regno Unito, Francia e Italia. Negli Stati Uniti, tuttavia, la sua visibilità è rimasta estremamente limitata: prima degli Oscar era stato proiettato solo per una settimana in un cinema indipendente di Manhattan e in alcuni festival di nicchia. Nessuna grande società di distribuzione ha acquistato i diritti per una diffusione più ampia.
Yuval Abraham, uno dei quattro registi del documentario, ha dichiarato che il team era consapevole delle difficoltà di trovare un distributore negli Stati Uniti. “Il film è molto critico nei confronti delle politiche israeliane e negli Stati Uniti c’è poco spazio per questo tipo di narrazione, anche quando è raccontata attraverso un documentario”, ha affermato Abraham. Tuttavia, trovare un distributore statunitense rimane una priorità, in quanto permetterebbe al film di raggiungere un pubblico più vasto e diversificato.
Marc Tracy, giornalista del New York Times, ha sottolineato che fino a pochi anni fa i documentari d’attualità trovavano ancora spazio nelle piattaforme di streaming e nelle sale. Un esempio è Alla conquista del Congresso, documentario del 2019 sulla candidatura di Alexandria Ocasio-Cortez, acquistato da Netflix per 10 milioni di dollari. Oggi, invece, le grandi piattaforme sembrano orientarsi verso contenuti meno controversi e più appetibili al grande pubblico, come il genere true crime o i documentari su celebrità.
Il caso di No Other Land e il declino del documentario d’inchiesta
L’esclusione di No Other Land dal circuito della distribuzione americana rientra in un trend più ampio di marginalizzazione dei documentari di denuncia sociale. Negli ultimi anni, diversi film che trattano temi politicamente sensibili non sono riusciti a trovare una distribuzione tradizionale.
Tra questi, Union, che racconta la sindacalizzazione di uno stabilimento Amazon a Staten Island, e Bibi Files, un’inchiesta sul processo per corruzione contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Entrambi sono stati costretti a optare per la distribuzione autonoma su piattaforme specializzate come Jolt e Gathr.
Secondo la regista Rachel Lears, il declino del documentario politico è paragonabile alla crisi del jazz tra gli anni Cinquanta e Settanta: “Questa forma d’arte è passata dall’essere intrattenimento di massa a diventare di nicchia, solo che per noi è successo in appena tre anni”. No Other Land rappresenta quindi un caso emblematico di come il sistema dell’audiovisivo statunitense eviti di esporsi su tematiche scottanti, limitando l’accesso del pubblico a narrazioni critiche e alternative.
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