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La mostra ¡Bienvenido a mi casa! rende omaggio a Esteban Villalta Marzi trasformando Casa Ortega di Matera in uno spazio vivo, dove arte, memoria e identità dialogano. Un viaggio tra Pop Art, eredità familiare e creatività condivisa, aperto al futuro.
“¡Bienvenido a mi casa!”: l’omaggio a Esteban Villalta Marzi
Dal 18 giugno al 30 settembre 2025, la Casa Ortega di Matera ospita una mostra straordinaria e profondamente intima: ¡Bienvenido a mi casa!, un percorso espositivo dedicato all’artista italo-spagnolo Esteban Villalta Marzi, recentemente scomparso, che trasforma lo spazio domestico in una narrazione visiva fatta di memoria, identità e creatività.
Curata da Patricia Pascual Perez-Zamora, Matilde Spedicati e Simona Spinella, e promossa da Cooperativa Synchronos e Fondazione Zètema, l’esposizione è patrocinata dalla Città di Matera e dall’Ambasciata di Spagna in Italia.
Una casa che accoglie e racconta
L’allestimento si articola come una vera e propria esperienza immersiva, dove ogni stanza diventa un capitolo di un racconto collettivo. Non una semplice esposizione di opere, ma un “abitare l’arte”, secondo la visione che Villalta condivideva con José Ortega, maestro e figura paterna per l’artista romano.
La casa, in questo contesto, non è più solo dimora fisica, ma spazio di accoglienza e trasmissione creativa, dove la dimensione intima si apre all’altro, accogliendo oggetti, storie, atmosfere e ricordi.
Le opere e gli oggetti presenti – dai bassorilievi agli arredi artigianali, dalle fotografie ai cimeli familiari – non costituiscono un semplice inventario. Sono frammenti di identità, tasselli di una biografia collettiva che riflette sul senso dell’abitare, del creare e del condividere.
Una storia che nasce dall’amicizia
Il cuore della mostra è il legame profondo tra Villalta Marzi e Ortega, che affonda le radici nella storia dell’esilio repubblicano spagnolo. José Ortega, costretto a lasciare la Spagna per le sue attività antifranchiste, trovò in Matera un rifugio simile alla sua Mancha. Lì, tra i Sassi, visse e lavorò dal 1972 al 1976, stringendo amicizia con Mariano Villalta, padre di Esteban.
Le famose cene organizzate da Mariano a Roma, in Piazza dei Satiri, erano ritrovi frequentati da intellettuali e artisti del calibro di Pasolini, Ungaretti, Alberti e Burgess. Proprio in quell’ambiente Esteban crebbe, assorbendo la vitalità di una comunità artistica fluida e generosa. Fu Ortega a sostenerlo dopo la morte prematura del padre, e a fargli da mentore nei primi anni accademici.
Pop Art, memoria e ironia
L’identità artistica di Esteban Villalta Marzi è il risultato di una sintesi originale tra cultura pop e memoria storica. La sua formazione tra Roma e Madrid – in piena movida madrileña – lo espone a un immaginario urbano, musicale, fumettistico e cinematografico. La Pop Art, nel suo caso, non è mai sterile citazione: è un linguaggio vivo, che manipola i simboli della cultura di massa per trasformarli in veicoli di significato critico.
Oggetti quotidiani – come televisori, scarpe, brocche – diventano metafore visive. In “La scarpa animata”, per esempio, uno stivale rockabilly rivela la passione di Esteban per il rock’n’roll e per la moda come gesto estetico e affermazione identitaria. Le camicie personalizzate esposte nella stanza da letto raccontano l’artista come stilista del sé, in un’osmosi continua tra arte, corpo e spirito.
Tra passato e futuro: l’arte come ponte generazionale
Il percorso si conclude con un’installazione centrale ideata dagli studenti dell’Istituto di Design di Matera. Le tele di Villalta diventano spunto per nuove narrazioni urbane, pensate per reinterpretare i quartieri periferici nati dal trasferimento dei Sassi. È un passaggio di testimone simbolico, un dialogo tra generazioni in cui l’arte diventa strumento di rigenerazione sociale e culturale.
Come ha dichiarato lo stesso Villalta in un’intervista del 2002: “L’arte è predatoria, è manipolazione dell’immagine […] deve sporcarsi con la vita, col suo caos, ma essere anche divertimento.” Un principio che emerge nitidamente nell’allestimento: ogni oggetto, colore e composizione rimanda a un’idea di arte vissuta, non esibita, contaminata dalla realtà ma capace di restituire energia vitale.
Un’eredità viva
In un’epoca segnata dall’incertezza e dalla ricerca di nuovi modelli identitari, l’universo di Esteban Villalta Marzi appare più attuale che mai. La mostra materana non è un’operazione commemorativa, ma un invito alla vita e alla creazione. L’opera di Villalta continua a parlare, a contaminare, a generare senso. In ogni stanza della Casa Ortega, lo spettatore non trova solo l’artista: trova se stesso, nella forma di un ricordo, di un sogno, di un desiderio di libertà.
In definitiva, ¡Bienvenido a mi casa! è molto più di un titolo. È un gesto. Un’apertura. Un ponte fra persone, epoche e linguaggi. Un modo per trasformare l’arte in ospitalità e la memoria in futuro.
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