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L’interista esistenzialista: dubbi, calciomercato e sauditi

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Calciomercato, ultima frontiera: tutti in Arabia Saudita, non per soldi ma per “fare esperienza di vita”. E l’Inter viaggia tra aspirazioni, dubbi e tante curiosità tra i tifosi e gli addetti ai lavori.

L’Inter tra dubbi e calciomercato

Ora ditemi se non esiste un momento più esaltante del campionato che… tutto quello che lo precede. Quante emozioni suscita, quanti cuori scalda, quanti dibattiti stimola?

C’è la tensione di chi sta per mettersi ai blocchi di partenza, di chi traguarda da lontano l’obiettivo finale, chi già si prefigura come scatterà fuori dai ceppi, come affronterà l’allungo, come lo sprint finale. Ci si prepara alla competizione come ci si prepara alla battaglia, ognuno con i suoi riti scaramantici, le proprie routine propiziatorie. Chi scalda i muscoli, chi se li pompa in maniera più o meno lecita, chi i muscoli non li ha proprio.

È l’inizio di una lunga corsa, di un lungo viatico, come fai a non esserne emozionato fino alla perdita dei sensi? Non è forse vero, come diceva Thomas Stearns Eliot, che più importante della meta è il viaggio?

Nel nostro caso, l’aforisma di Eliot va persino oltre: quando si parla dell’espressione più emotiva del calcio, il tifo, non è né la meta né il viaggio ad essere importante ma – addirittura – la partenza. Di più ancora, i preparativi per la partenza.

Il tifoso “tipo” durante questo periodo si dedica alla spasmodica ricerca di nuove notizie sulla campagna acquisti della sua squadra, punta la sveglia alle tre di notte per seguire l’amichevole estiva per vedere come si comportano i nuovi acquisti, pende dalle labbra dell’allenatore durante le sofferte conferenze stampa, accende un cero propiziatore all’amministratore delegato per illuminarne le scelte.

E venendo ai casi nostri non si può dire che durante l’attuale sessione di calciomercato siano mancati veri colpi di genio, con trasferimenti “monstre” che hanno fatto la fortuna dei giornali sportivi: stiamo ancora aspettando che si sblocchi la situazione di Mbappè, corteggiato da arabi e americani, che già abbiamo visto cambiare maglia a Milinkovic-Savic, a Brozovic, a Benzema, a Koulibaly. Tutti in Arabia Saudita, non per soldi ma per “fare esperienza di vita”. Ah, che pensieri profondi hanno questi calciatori moderni!

Così va il mondo del football di oggi, il cui naturale polo nord si va sempre più inesorabilmente allontanando, passando dal disincantato occidente al baldanzoso oriente. I grandi professionisti del pallone a scacchi non sono più interessati alle valute europee, ma guardano con cupidigia le valute mediorientali, o al massimo, al dollaro.

Che l’aria spirasse in direzione sud-est era cosa ormai appurata da tempo, con quei mondiali assegnati sette anni fa al Qatar. Nel contempo la buriana economica che aveva investito il circo del calcio europeo ha fatto il resto. La gestione delle società del vecchio continente sono viavia diventate sempre più insostenibili a fronte delle richieste esorbitanti di certi procuratori.

In quel cono d’ombra vi si sono gettati investitori dalle possibilità economiche smisurate, subodorando l’affare. Ora, quanto quell’affare si rivelerà proficuo potrà dirlo solo il tempo; gli arabi saranno affaristi smaliziati, ma quelli europei non sono di certo degli sprovveduti: se si sono visti costretti a mollare il colpo, un motivo ci sarà. Ma non ditelo agli emiri, dovessero ripensarci. Mica per niente: agli sceicchi manca quella percorrenza secolare che vantano i loro omologhi del vecchio continente, e che quindi possano, un domani, rendersi conto di aver preso una cantonata sta nei fatti delle esistenze umane.

La prima fase del loro esperimento, l’acquisizione e il controllo di società europee ha tutto sommato funzionato, a fronte di investimenti ingenti che oggi appaiono lontani dall’essere ammortizzati; la seconda fase, quella che stanno mettendo in essere oggi, cioè portare il calcio che conta a casa loro, mostra invece qualche incognita in più.

Tra i tanti, il sistema economico saudita, tuttora molto primitivo e quindi non pronto alla gestione di flussi patrimoniali su canali a loro poco conosciuti; il tessuto sociale poco variegato che permette solo ad una certa elitè di accedere al tifo attivo; il sistema politico-istituzionale basato sulla legge religiosa islamica; il regime rigidamente monarchico, sono tutti aspetti mal si confanno all’etica rampante, aggressiva, libera e spregiudicata che richiede la gestione di un club calcistico di prima classe.

Difficile credere che una società di quello stampo, così chiusa su sè stessa e reazionaria verso le novità che possano entrare in collisione con la Sharia, possa addivenire ad una “occidentalizzazione” in tempi brevi. Con buona pace di Renzi, per il quale l’Arabia Saudita in questi anni sta vivendo il suo “rinascimento”. È quindi concreto il rischio che il movimento si areni strada facendo, mandato in secca dai suoi stessi limiti sociopolitici.

Ma nell’attuale, chi ha i soldi detta legge: così il Nassr può chiedere ed ottenere di disputare un’amichevole contro i vicecampioni d’Europa a Osaka, perché il pallone è davvero di tutti e tutte le piazze sono buone per incassare sghei.

Cosa dicevamo all’inizio? Della trepidazione generata dalla curiosità di vedere la squadra appena nata, i nuovi volti, l’eventuale evoluzione del gioco. E da vedere ce n’era eccome: sul versante arabo, con una lacrimuccia incerta se farsi spazio sulle gote si è visto scarrocciare in quel suo inconfondibile modo il Marcelo del tempo che fu e un Ronaldo che pure a settantacinque anni se vede nerazzurro si incazza a bestia.

Da questa parte invece, con le nuove maglie che per fortuna stavolta non sono oggetto di esperimenti cacocromatici da parte del noto sponsor tecnico, c’era la curiosità di vedere in azione – prima di tutto – quel Frattesi bramato del desiderio di mezza serie A; poi a seguire, il lungagnone tedesco che risponde al nome di Bisseck, ventitue anni spalmati su un metro e novantasei, la scommessa Thuram il cui arrivo era atteso da due anni e infine l’agire in fascia di quel tanto vituperato Cuadrado, almeno per capire con che buzzo sia arrivato alla corte nerazzurra. Ma anche, c’era da testare quelli che sono nell’orbita Inter ma che per diversi motivi hanno fino ieri calciato su altri campi.

Come Sensi, per capire se e come ha risolto i suoi problemi con la sfiga (o con l’ipocondria, il risultato è lo stesso), come Asslani, per saggiarne le possibilità ora che il suo modello croato non c’è più a fargli ombra, quel Fabbian che ha spopolato nell’ultimo campionato di serie B e che è presente nelle Smemorande di tutti i presidenti del calcio che conta.

L’Inter si è schierata come da copione, il 3-5-2 di dottrina Inzaghiana. E’ subito saltato all’occhio che il possesso di palla si è molto verticalizzato. Non voglio dirlo troppo forte, ma forse è la volta buona che quell’ossessiva pletora di passaggi verticali e all’indietro è finita in soffitta. Il gioco è più dinamico, la palla scorre veloce, Barella e Frattesi sembrano complementari ma simili tra loro. Così assicurano con la stessa intensità, dinamismo, forza fisica e presenza costante sia in costruzione che in interdizione nelle beghe di centrocampo.

In più, i due sanno proporsi anche negli inserimenti a cercare la porta avversaria. A riprova di questa tesi arriva il gol dell’uno a uno di Frattesi. È stato comprato per quello, il romano. Per saper trovare pertugi dove infilarsi e far valere il suo colpo di testa. Infatti sul cross di Dumfries incoccia bene la palla e altrettanto bene la indirizza sul palo più lontano, ove arrivar non si puote. A suo agio si innesta, tra quei due di centrocampo, Calhanoglu, che potrà contare su una protezione mica da ridere e di conseguenza più libertà nello scegliere le linee di passaggio e le eventuali conclusioni verso la porta.

Ha fatto buona impressione Bisseck. A dispetto della sua stazza, ha movenze sciolte, persino eleganti. Nel braccetto difensivo potrebbe comporre una vera e propria barriera imbattibile nel gioco aereo, ma non solo. Sul gol del Nassr è in linea con i suoi due compagni, e come loro viene uccellato da un lancio al bacio di Talisca: segno di un’intesa da perfezionare, ma a questo punto della preparazione ci si può pure stare.

Poco lucido il neocapitano, Lautaro Martinez, che sbaglia qualche gol di troppo ma soprattutto uno al 65esimo a tu per tu col portiere, roba che pure Correa avrebbe segnato. Anzi no: el Tucu ha avuto le sue occasioni, tanto per segnare che per far segnare, ma si è come al solito avvoltolato nella sua sconclusionatezza. Il caso è grave perché oltre alle lacune già conosciute, non si è avvertita un minimo di voglia di rivalsa da parte sua, neanche adesso che le bocce sono ferme e le gerarchie di squadra ancora di là dall’essere definite. Un atteggiamento incomprensibile davvero, il suo.

Atteggiamento che invece non ha avuto Sensi, che ha portato a casa una prestazione positiva, dimostrando voglia di fare, autorevolezza e intraprendenza. Bravo Stefano: fusse ca fusse la vorta bbona? Fossi in Inzaghi chiederei di trattenerlo, ma la mia è solo voce di tifoso e preconizzo che il buon Sensi invece non rimarrà in nerazzurro.

Thuram jr.? Qualche spunto, sprazzi di tecnica, spiccioli di idee. Poca roba ma quanto basta per capire che il ragazzo i numeri ce l’ha: un dribbling ad alto effetto scenografico a sinistra, un colpo di sponda per Lautaro che ha sbagliato come già rimarcato, è quello che ha potuto far vedere del suo repertorio. Si spera per la prossima amichevole di poter consultare un menù più ricco.

Se l’attacco rimane un grosso punto interrogativo, con due fuoriusciti a fronte di una sola acquisizione (Lukaku e Dzeko per il solo Thuram) e il Correa di cui si aspetta solo un “si” per una delle poche pretendenti disposte a far fronte al costo del suo cartellino, in difesa non si sorride di più. Stankovic Filip è finito suo malgrado tra i pali, pronto o meno che fosse. In mancanza di un primo e di un secondo portiere, gli è toccato l’onere.

Buon per lui, ha preso solo un gol e ha fatto una gran parata su di un colpo di testa a colpo sicuro di Talisca. Impossibile dire se il ragazzo sia già pronto per una porta smisurata come quella interista, ma un mattoncino ce lo ha messo, auguri.

Ultima menzione per Cuadrado: non è certo un campione di simpatia e correttezza, ma in fondo non dobbiamo portarcelo a letto. Sta di fatto che contro il Nassr (avversario modesto, giusto ricordarlo) ha fatto vedere come si interpreta il ruolo di cursore di destra; tanto è approssimativo e arruffone Dumfries quanto è asciutto e sostanziale il colombiano. Credo che non perderò la scommessa se punto sull’ex juventino tra chi sarà titolare nella stagione in divenire.

La prima vera uscita dell’Inter stagione 2023/24 termina con un pareggio e con alcune buone sensazioni. Da qui all’inizio del campionato ci sarà da provare e riprovare da parte del team perché si è davanti ad una piccola rivoluzione, soprattutto sul piano del gioco. Sembrerà niente, ma con un play basso di centrocampo e due torri d’attacco in meno, il funzionamento dell’impianto di gioco va rivisto per intero.

Per quanto riguarda invece la sfera gestionale, sarà il caso di darsi una mossa visto che al momento almeno tre caselle sono vuote: due in attacco e almeno una in difesa, tra i pali.

Si è capito: Gli attuali proprietari, per loro indole etnica, amano muoversi sottotraccia, non rendere note le loro intenzioni e le loro strategie. A questo modo di intendere gli affari la dirigenza si sta adeguando, non lasciando trapelare notizie certe. Se è una tattica vincente lo si vedrà alla fine della tenzone, di certo l’unico obbiettivo che sta ottenendo al momento è quello di esacerbare ed esasperare gli animi dei tifosi interisti.

Certe comunicazioni di Marotta vanno in quella direzione, calmare le acque e invitare alla pazienza. Con continui richiami alla “sostenibilità”, parola che significa tutto e significa niente, ma che oggi è diventata una delle più odiate da qualsiasi tifoseria.

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Filippo De Fazio
Filippo De Fazio
Meridionale ma anche settentrionale. Sono lettore incallito e compulsivo, grafomane della vecchia scuola, ex calciatore dagli esiti disastrosi.

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