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Ambientalismo e fallimento delle soluzioni di mercato: ripensare il futuro del pianeta

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Negli ultimi anni, il tema dell’ambientalismo ha assunto un ruolo centrale nel dibattito pubblico. Tuttavia, tra proclami e operazioni di greenwashing, emerge una verità fondamentale: i problemi ecologici non possono essere risolti con le soluzioni di mercato. Incentivi, tecnologie smart, e tasse ben calibrate non bastano per affrontare sfide globali che richiedono un cambiamento sistemico.

Ambientalismo e mito delle soluzioni di mercato

L’idea che il capitalismo possa produrre risposte rapide ed efficaci alle emergenze ambientali è il cuore della narrazione greenwashing. Si immagina un sistema in cui la creatività umana e la libera competizione generino automaticamente innovazioni sostenibili, rendendo felici tanto i consumatori quanto i detentori di capitale. Ma questa visione è, al meglio, ingenua; al peggio, ipocrita e pericolosa.

Il problema è intrinseco alla natura stessa del mercato competitivo. In un sistema capitalista altamente innovativo, le cause dei problemi ambientali vengono identificate troppo tardi rispetto al ritmo dei cambiamenti che il sistema stesso genera. Per ogni problema che si riesce a definire e affrontare, ce ne sono altri cento già in corso, spesso senza che si abbia idea delle cause o delle soluzioni.

Ad esempio, molte malattie gravi, come tumori, malattie autoimmuni e autismo, mostrano una diffusione epidemiologica crescente, probabilmente legata a fattori ambientali. Tuttavia, l’assenza di chiari legami causali e di soluzioni commercializzabili fa sì che queste emergenze non ricevano l’attenzione dovuta. Al contrario, il cambiamento climatico, un tema complesso e dalle cause diffuse, è diventato il fulcro dell’azione ambientale, nonostante la difficoltà nel misurare l’efficacia delle soluzioni proposte.

Il modello di crescita e l’insostenibilità del capitalismo

Ogni discussione seria sull’ambientalismo deve mettere in crisi il modello di crescita perpetua, che è alla base del capitalismo. Continuare a immaginare uno sviluppo infinito in un pianeta dalle risorse finite è un errore di fondo. Questo modello non solo genera disuguaglianze, ma è strutturalmente incapace di rispondere alle sfide ambientali che crea.

La necessità di ridurre le disuguaglianze economiche

Un punto cruciale per una politica ambientale seria è la consapevolezza che le disuguaglianze economiche rappresentano differenze di potere. Un cittadino ricco ha accesso a risorse e strumenti per amplificare la propria influenza, mentre chi è povero è costantemente ricattabile e vulnerabile. Questa dinamica si replica anche a livello globale, tra Stati ricchi e Stati poveri.

Finché il denaro continuerà a essere sinonimo di potere, qualsiasi tentativo di imporre restrizioni sui consumi ai meno abbienti sarà giustamente visto come ipocrita. Ridurre i consumi e limitare le ambizioni deve partire dall’alto: eliminare il “consumo vistoso” delle élite è il primo passo. Fino a quando personaggi facoltosi voleranno con jet privati per predicare austerità, ogni richiesta di sacrifici ai più poveri sarà percepita come una farsa.

Rivendicare un ambientalismo autentico

Un ambientalismo serio deve quindi abbandonare le soluzioni di mercato e concentrarsi su due priorità fondamentali:

  • Rifiutare il greenwashing: Smantellare l’illusione che il mercato possa risolvere da solo i problemi ecologici.
  • Ridurre le disuguaglianze: Promuovere una drastica redistribuzione della ricchezza, sia all’interno delle nazioni che tra i diversi Stati.

Solo affrontando queste questioni sarà possibile sviluppare un approccio sostenibile e credibile. Gli “ascetismi dei poveri” e i “miracoli tecnologici” appartengono alla retorica vuota di chi vuole evitare di affrontare il cuore del problema.

Un ambientalismo che non mette in discussione le basi del sistema economico è destinato a fallire. La sfida non è solo salvare il pianeta, ma costruire un futuro equo e sostenibile per tutti.

Sira De Vanna
Sira De Vanna
Speaker radiofonica, redattrice, storico dell'arte. Caporedattore per Kulturjam.it

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