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Con l’elezione di Donald Trump, gli Stati Uniti si trovano a fare i conti con un declino significativo della propria influenza in Africa, un continente che sta rapidamente cambiando gli equilibri globali.
Le relazioni tra Washington e l’Africa, un tempo dominate dal predominio occidentale, sono sempre più insidiate dall’avanzata economica e diplomatica della Cina e della Russia. Trump eredita così un contesto di “flop” strategici che si riflettono in una serie di insuccessi e difficoltà che limitano la capacità degli USA di competere sul continente africano.
Trump e l’erosione del potere diplomatico e militare americano in africa
Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno assistito a una serie di battute d’arresto diplomatiche e militari che hanno ridotto drasticamente la loro capacità di esercitare un’influenza efficace nel continente.
Una delle perdite più significative è stata la chiusura della principale base di spionaggio americana in Niger, che rappresentava un centro strategico per la raccolta di informazioni in una delle aree più delicate e instabili, il Sahel.
Dopo questo smacco, Washington ha faticato a trovare un nuovo alleato disposto a ospitare strutture di sorveglianza, limitando così la sua capacità di monitorare le attività jihadiste in una regione che è diventata il principale focolaio del terrorismo globale. Le giunte militari del Sahel si sono avvicinate alla Russia, e il disinteresse o la scarsa capacità degli Stati Uniti di mantenere una presenza in loco ha ridotto ulteriormente il loro peso politico e militare.
Questa erosione dell’influenza americana ha comportato anche l’allontanamento degli Stati Uniti dalla rete di alleanze regionali, in un contesto in cui la presenza militare statunitense è sempre meno vista come un elemento stabilizzante.
La Cina, al contrario, ha intensificato la sua presenza economica e militare, riuscendo a stabilire la sua prima base militare all’estero a Gibuti.
Questo scenario lascia a Trump un’eredità di isolamento e fragilità nelle relazioni con gli stati africani, proprio in un momento in cui il continente rappresenta un crocevia di sfide globali e una regione in crescente espansione economica.
La battaglia del soft power: Cina e Russia conquistano cuori e menti
Oltre alle difficoltà sul piano militare, gli Stati Uniti devono fare i conti con un’importante perdita di “soft power” in Africa. Un sondaggio Gallup di quest’anno ha mostrato che la Cina è ora più popolare degli Stati Uniti in molte nazioni africane, segno di un’efficace strategia cinese basata su investimenti infrastrutturali e accordi commerciali vantaggiosi. L’influenza cinese si riflette nella costruzione di strade, ponti, ferrovie e ospedali, tutti elementi visibili della cooperazione tra Pechino e i governi africani.
Questa preferenza crescente per la Cina, alimentata anche da massicci investimenti e da programmi di formazione, rappresenta un problema serio per gli Stati Uniti, che non sono riusciti a proporre alternative comparabili.
Il declino del soft power statunitense rende sempre più difficile per Washington rafforzare i suoi legami con le giovani generazioni africane e attrarre il sostegno delle élite politiche e culturali locali, aprendo così la strada a Pechino e, in misura minore, a Mosca.
L’accesso alle risorse naturali: un’occasione mancata
L’Africa possiede alcune delle risorse minerarie più ambite al mondo, cruciali per le economie moderne, inclusi minerali rari, petrolio e gas. Tuttavia, Washington ha fatto pochi progressi verso l’accesso a queste risorse fondamentali per la sicurezza economica e industriale degli Stati Uniti. Un progetto ferroviario di punta sostenuto da Washington per esportare minerali attraverso l’Angola verso l’Occidente è ancora ben lontano dal completamento, mentre Cina e Russia hanno incrementato la loro capacità estrattiva e logistica in paesi chiave come la Repubblica Democratica del Congo.
La competizione per l’accesso alle risorse africane è diventata una sfida strategica per la politica estera degli Stati Uniti, poiché l’influenza economica di Cina e Russia nel continente si traduce in vantaggi politici e diplomatici. Washington appare sempre più esclusa dai mercati di risorse africane e incapace di offrire una prospettiva commerciale vantaggiosa rispetto alle offerte cinesi, che prevedono spesso investimenti diretti senza condizioni onerose. Questo rende l’Africa una regione dove gli Stati Uniti rischiano di perdere il contatto con una delle più importanti aree di approvvigionamento minerario.
Le promesse non mantenute dell’amministrazione Biden
Durante la sua presidenza, Joe Biden ha promesso una serie di iniziative per rafforzare i legami tra Stati Uniti e Africa, come l’aggiunta di due seggi permanenti per i paesi africani al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e l’ingresso dell’Unione Africana nel G20.
Tuttavia, nessuna di queste promesse è stata concretizzata, lasciando gli Stati Uniti vulnerabili alle critiche di “vuote promesse” e “poca azione”. Anche sul piano delle visite istituzionali, Biden non è riuscito a mantenere i suoi impegni di vicinanza al continente africano, perdendo un’opportunità di rafforzare il dialogo diplomatico.
Questa mancanza di azione concreta contribuisce ulteriormente al declino dell’influenza americana, poiché i leader africani si rivolgono sempre più alla Cina e alla Russia per ottenere sostegno diplomatico e economico. La credibilità di Washington come partner affidabile ne risente, e il fallimento nel realizzare gli impegni presi getta un’ombra sulla capacità degli Stati Uniti di rafforzare le proprie relazioni in Africa.
Trump di fronte a un bivio
Con l’inizio della sua presidenza, Trump si troverà di fronte a un difficile compito: decidere se e come rilanciare la presenza statunitense in Africa. Per farlo, sarà necessario un cambio di strategia che affronti le carenze ereditate, riducendo la dipendenza dal solo approccio militare e investendo nel soft power attraverso la cooperazione economica e culturale.
Tuttavia, con la competizione di Cina e Russia sempre più agguerrita, Trump dovrà affrontare una sfida complessa e, senza un piano chiaro, rischia di vedere ulteriormente ridimensionato il ruolo americano in un continente che si afferma sempre più come protagonista della scena globale.
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