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Israele e Hamas hanno firmato un accordo di tregua, ma il cammino verso la pace resta irto di ostacoli. Mentre i mediatori hanno annunciato l’intesa, il governo israeliano si trova ancora in una situazione di stallo, con scontri interni che minacciano la stabilità politica del paese.
Tregua tra Israele e Hamas ma le stragi continuano
L’accordo di tregua, raggiunto in Qatar, prevede il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi del 7 ottobre, insieme alla scarcerazione di migliaia di detenuti palestinesi. Tuttavia, l’implementazione pratica di questo accordo resta incerta, con continui raid israeliani che hanno causato la morte di 80 persone a Gaza. Gli Stati Uniti hanno espresso l’aspettativa che l’intesa entri in vigore domenica, ma le tensioni rimangono alte.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu affronta forti pressioni da parte della sua coalizione di destra. L’ala ultranazionalista, rappresentata da figure come Itamar Ben-Gvir di “Potere ebraico” e Bezalel Smotrich di “Sionismo religioso”, ha minacciato di far cadere il governo se la guerra nella Striscia di Gaza non riprenderà. Ben-Gvir ha dichiarato apertamente che il suo partito tornerà al governo solo se le operazioni militari continueranno.
Le due versioni dell’accordo
Il quotidiano progressista Haaretz ha rivelato l’esistenza di due versioni dell’accordo. La versione ufficiale descrive fasi e scadenze con chiarezza, mentre una seconda versione, diffusa dai sostenitori di Netanyahu, suggerisce che Israele sia determinato a riprendere le ostilità dopo il completamento della prima fase, anche a costo di sacrificare ostaggi maschi.
Questa duplicità solleva preoccupazioni che la tregua possa essere solo un espediente temporaneo per guadagnare tempo e riorganizzarsi militarmente. Smotrich ha dichiarato che il sostegno alla prima fase dell’accordo è condizionato alla ripresa dei combattimenti a Gaza, lasciando Netanyahu in una posizione precaria tra le esigenze di sicurezza e le pressioni politiche.
La fragile tregua potrebbe condurre a elezioni anticipate, un segnale della profonda instabilità politica in Israele. L’influenza degli Stati Uniti, con l’amministrazione Trump che spinge per una risoluzione, è cruciale. Gli obiettivi strategici di Washington includono la ripresa dei “Patti di Abramo” e una pacificazione tra Israele e l’Arabia Saudita, che non possono ignorare il destino del popolo palestinese.
E anche in Libano la tregua non ferma le stragi
Dal 27 novembre 2024, data in cui Israele e Hezbollah hanno raggiunto un cessate il fuoco bilaterale, Israele ha violato il territorio libanese oltre 470 volte in poco più di due mesi.
Le violazioni si sono manifestate attraverso l’uso di bombe al fosforo nei villaggi del sud del Libano, incursioni terrestri lungo la costa e nell’entroterra, e attacchi mirati con droni su Beirut.
Due mesi dopo l’accordo, il bilancio delle vittime in Libano continua ad aumentare. Attualmente, le autorità libanesi hanno registrato 4068 morti, di cui 32 uccisi dopo l’inizio del cessate il fuoco.
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