Riprendono gli sbarchi e per Salvini può ricominciare la pacchia perché può tornare a ripetere le solite cose senza curarsi della realtà.
Riprendono gli sbarchi e i tormentoni di Salvini
Sono ripresi gli sbarchi a Lampedusa, cinque le imbarcazioni arrivate nelle ultime, con 398 persone a bordo, di varie nazionalità, tra cui 24 donne e 6 bambini. E, puntuale riprende la campagna anti migranti, accompagnata quasi in contemporanea da nuove violenze.
Un “film” già visto nella tarda primavera del 2019, quando in concomitanza con le polemiche sulla politica inerente gli immigrati ci fu una scia di aggressioni in molte città italiane.
Che ci sia una nuova ondata di sbarchi è certo e le coste africane in questo momento sono palesemente incontrollabili. Il leader della Lega, Matteo Salvini, felicissimo di poter tornare a giocar in un campo a lui congeniale, ha risfoderato i soliti slogan: “Con milioni di italiani in difficoltà non possiamo pensare a migliaia di clandestini”.
È la stagione dove s’avvicina il sol leone estivo in cui può girare l’Italia in lungo e in largo, in maglietta e pantaloncini, facendo selfie, stringendo mani, passando per le sagre; sono i giorni dove la sua narrazione mantrica fila liscia senza intoppi: il sole, gli aperitivi e la ripresa degli sbarchi a Lampedusa.
L’invasione fantasma che turba i pranzi al mare delle famiglie.
Poi c’è la realtà, che resta la principale nemica del leader leghista di lotta e di governo. E sullo sfondo la necessità del potenziamento della rete di assistenza sanitaria all’arrivo in considerazione delle norme anti covid e dei posti sule navi per la quarantena.
La pandemia, come anche lo scorso anno, almeno mediaticamente su questo terreno ci aveva dato un po’ di tregua. Ma con l’arrivo del bel tempo e la ripresa delle attività nel mediterraneo, la questione sta diventando nuovamente argomento scottante. Così come le tragedie del mare che si susseguono senza sosta.
Eppur, nonostante se ne parli da anni, quando si tocca l’argomento migranti si continua a confondere tre aspetti del tutto diversi: i salvataggi in mare, l’accoglienza, le regole di cittadinanza.
I salvataggi in mare
Qui la questione è semplicissima e non c’è da perderci troppo tempo: salvare chi è in difficoltà e rischia di affogare è obbligatorio. Lo dice il diritto internazionale, lo dice la legge del mare, lo dice qualsiasi elementare regola morale. Non ci sono alternative e non ci possono essere dubbi di alcuna natura. Se anche vedessimo Jack lo squartatore dimenarsi e boccheggiare disperato in acqua, dovremmo comunque allungare il braccio e tirarlo su. Solo dopo si pone la questione del “che fare“.
La cittadinanza
Anche qui la confusione è tanta. Si confonde spesso la cittadinanza tra chi è nato in Italia da genitori stranieri, ma è italiano a tutti gli effetti (Ius Soli) , con chi viene da fuori e ha altre storie e altri percorsi; e comunque sempre dalla prospettiva della cittadinanza vista come un regalo e non un diritto.
Ma se nel primo caso, cioè di chi è nato in Italia, non possono esserci dubbi, se non pretestuosi, negli altri casi la situazione è più complessa.
Dato che la società è basata su delle regole e che, molto banalmente, per il lavoro, le pensioni, l’assistenza sanitaria a tutti ci vogliono soldi, lo Stato ha il diritto di imporre regole, procedure per l’immigrazione, e di farle rispettare.
Ma non può in alcun modo equiparare l’immigrazione ad un crimine, come invece fa una larga parte delle forze politiche. Non si può impedire a una persona di muoversi, spostarsi.
In questo settore c’è molto da fare, per migliorare le regole ed armonizzarle a livello europeo; le regole italiane attuali partono sciaguratamente dal presupposto che tutti gli immigrati siano Jack lo squartatore e sono state scritte da politici (Bossi, Fini e Salvini) che avevano in mente solo i voti alle elezioni, appena mitigate dal recepimento di alcune norme europee; queste regole sono del tutto avulse dai concetti di giustizia e soprattutto di opportunità per l’Italia.
Oggi è praticamente impossibile immigrare legalmente in Italia da fuori UE, se non come rifugiati, ed è difficilissimo ottenere la cittadinanza: almeno dieci anni d’attesa, obbligo di dimostrare un reddito anche se la metà degli italiani non dichiara alcun reddito, sostanziale impossibilità di accesso per i figli nati in Italia se non rivolgono la richiesta esattamente nel diciannovesimo anno di età. Siamo alla follia normativa.
L’accoglienza
Uno stato può e deve imporre delle regole, ma l’obiettivo è quello di migliorare l’immigrazione, non impedirla.
Ci sono milioni di persone che ogni anno cercano di spostarsi da Paesi poveri a Paesi più ricchi e sono destinate ad aumentare di anno in anno, in fuga da climi sempre più inospitali; da carestie, guerre e da sovrappopolazione. Pensare di fermare tutto questo è semplicemente assurdo, oltre che impossibile, e tutti i politici che dicono il contrario per raccattare una manciata di voti, mentono metodicamente.
Ricordiamo a tal proposito:
- L’immigrazione non porta disoccupazione tra gli italiani (fonte: ISTAT).
- L’immigrazione non fa aumentare il debito pubblico, anzi lo riduce (fonte: Governo italiano).
- L’immigrazione non è correlata, né temporalmente né geograficamente, con un aumento del crimine.
Dunque possiamo cercare di regolarla, possiamo cercare di sfruttarla al meglio; ma l’immigrazione esiste da quando esiste l’uomo ed è impossibile fermarla.
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