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Benjamin Netanyahu ha licenziato il ministro della Difesa Yoav Gallant, sostituendolo con Israel Katz, una mossa che ha scosso profondamente il panorama politico israeliano e ha innescato un’ondata di proteste in tutto il Paese.
Questa decisione, letta come un segnale indirizzato non solo agli elettori israeliani ma anche alla comunità internazionale, ha evidenziato l’avanzata dell’ala più nazionalista e ultra-conservatrice del governo Netanyahu.
In Israele, l’influenza dei cosiddetti “falchi” politici sembra ormai inarrestabile, limitando fortemente le possibilità di moderazione nei conflitti regionali e aprendo la strada a una linea sempre più aggressiva.
Netanyahu silura Gallant: la tensione con l’amministrazione Biden e lo scontro interno
Già nel 2023 Gallant era stato a un passo dal licenziamento dopo essersi espresso contro la controversa riforma giudiziaria dell’estrema destra.
Ma lo scontro definitivo con Netanyahu si è verificato nel 2024, quando Gallant ha criticato la volontà del premier di perseguire una politica bellica senza freni nella guerra a Gaza, spingendo persino per misure che secondo Gallant avrebbero potuto sfociare in un genocidio.
Gallant, impegnato in delicate operazioni su più fronti, tra cui il Libano e il conflitto con l’Iran, si è trovato isolato, colpito “alle spalle” dalla leadership a cui apparteneva.
Gallant: il generale pragmatico
Gallant è stato spesso definito un generale pragmatico, opposto a figure messianiche e ultra-nazionaliste come Itamar Ben-Gvir, che sostengono l’annessione di Gaza allo Stato di Israele.
Per Gallant, il successo di una guerra dipendeva da obiettivi chiari e realizzabili, una posizione che si scontrava sempre più con la destra sovranista e messianica di Netanyahu. Questa differenza di visione ha portato alla sua estromissione, segnando una perdita per la fazione più moderata e pragmatica del governo israeliano.
Una svolta autoritaria?
L’attacco di Hamas del 7 ottobre ha acceso ulteriormente i riflettori sulla gestione della sicurezza in Israele. Gallant ha tentato di mediare tra le esigenze di sicurezza e l’impulso per una reazione più contenuta e mirata, evitando di aggravare le tensioni interne tra i vertici della sicurezza israeliana.
Le sue critiche verso Netanyahu per aver favorito divisioni interne, ostacolando la comunicazione tra i capi della sicurezza, sono state uno dei motivi per cui la sua posizione era sempre più precaria. Con la sua uscita, Israele perde una voce moderatrice in un momento in cui il Paese affronta rischi e pressioni senza precedenti.
Israel Katz e il rafforzamento dell’ala dura
La scelta di Netanyahu di sostituire Gallant con Israel Katz rappresenta l’affermazione dell’ala nazionalista più intransigente. Ex ministro degli Esteri e delle Finanze, deputato del Likud dal 1998 e noto per posizioni estremiste come l’annessione della Cisgiordania e la deportazione delle famiglie di sospetti terroristi, Katz è una figura di rottura.
La sua nomina è un messaggio chiaro che Israele intende intraprendere una linea di separazione dal contesto internazionale, rafforzando una posizione sempre più isolazionista e nazionalista.
Il peggior Israele al potere
La nomina di Katz segna l’emergere di un Israele più nazionalista, allontanandosi dal pragmatismo militare per abbracciare una visione politica aggressiva. L’estromissione di Gallant evidenzia come i politici siano spesso più intransigenti dei militari, che vivono direttamente le difficoltà e i rischi della guerra e tendono a valutare con cautela le azioni.
Questa tendenza a preferire figure ideologicamente “dure” riflette una realtà globale: in molti Paesi, i militari mostrano una prudenza che può costare loro il posto, come è accaduto a Gallant in Israele.
Le reazioni internazionali
A seguito del licenziamento, Gallant ha scritto su X che la “sicurezza di Israele” rimane la sua missione di vita. Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza Nazionale, ha applaudito la decisione di Netanyahu, accusando Gallant di frenare una “vittoria assoluta”.
Al contrario, l’opposizione politica ha criticato fortemente la decisione, sostenendo che essa minacci la sicurezza nazionale e comprometta le trattative per il rilascio degli ostaggi. La controversia ha coinvolto anche la polizia israeliana, che ha fatto irruzione nell’ufficio di Netanyahu per motivi non del tutto chiari, forse legati a un’indagine sulla fuga di informazioni di intelligence.
Proteste in piazza
La decisione di licenziare Gallant ha portato centinaia di persone in strada, con manifestazioni a Tel Aviv e Gerusalemme. La polizia ha eretto barricate attorno alla residenza di Netanyahu e al quartier generale dell’IDF.
La scorsa opposizione di Gallant alla riforma giudiziaria aveva già spinto decine di migliaia di israeliani a protestare, costringendo Netanyahu a riconsiderare la sua posizione. Le attuali manifestazioni dimostrano una crescente opposizione alla leadership nazionalista e messianica di Netanyahu.
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