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Se quello di Trump sembra il discorso di un pazzo, quello di Macron lo è al di fuori di ogni ragionevole dubbio. L’Europa della cooperazione democratica è finita: resta un’arena di stati-nazione che giocano alla potenza senza averne i mezzi. L’Italia deve salvarsi da questa follia.
Macron e il delirio della forza
Se quello di Trump sembra il discorso di un pazzo, quello di Macron lo è al di fuori di ogni ragionevole dubbio.
Questi volonterosi adunati da Macron e Starmer sono una coalizione di stati sovrani estesa alla Germania, alla Polonia e ai baltici. Non l’Europa, ma uno spazio di dettaglio sotto la guida di due vecchie nazioni-impero decadute e profondamente divise al proprio interno. Classi dirigenti con bassa o nulla legittimità democratica (vedasi Macron), comunque senza consenso, che si ergono a paladine di un progetto di potenza legato a una storia trascorsa, perciò illusorio, sommamente nefasto.
Come se la Francia napoleonica, l’Inghilterra vittoriana e la Germania hitleriana, uscite dalle tombe, si mettessero a danzare per fare dell’Europa un impero a tre teste.
Con ciò, l’Europa come progetto di cooperazione democratica e pacifica è finita. Si torna alla sovranità degli stati-nazione, dove i più forti vogliono dettar legge dall’alto delle loro mitologie belliche. Si sceglie la forza non avendola, anziché l’astuzia, cioè la realistica ragione. L’Italia deve riappropriarsi delle proprie prerogative sovrane e trarsi fuori da questa follia ordita da una classe dirigente delirante e fradicia di fallimento.
È una questione esistenziale che riguarda non l’Europa, che si è uccisa da sé stessa consegnandosi nelle mani di una cricca di folli, ma l’Italia come nazione sovrana.
Alla larga dalla force de frappe del transalpino, si faccia lui la sua guerra atomica con la Russia. Badiamo a noi stessi. E mettiamo insieme una coalizione guidata dall’astuzia della ragione. Dal realismo anziché dal delirio della “potenza autopercepita”. Qui si preserva l’Italia o si muore. Immolati da un cicisbeo come Macron. Il colmo della sfiga.
* Dalle riflessioni social di Fausto Anderlini
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