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Licenziamenti Embraco: accettare i miseri 7.000 euro o provare la battaglia legale?

Il 22 gennaio scadrà la proroga della cassa integrazione e scatteranno i licenziamenti per i 391 operai di Riva di Chieri. Il concordato preventivo a cifre irrisorie è l’unica possibilità all’orizzonte.

Il dilemma degli operai Embraco: accettare 7.000 euro o dare battaglia legale?

Per i 391 operai dell’industria di compressori per frigoriferi della Embraco di Riva di Chieri il 22 gennaio scadrà la proroga della cassa integrazione e, a quel punto, saranno definitivamente licenziati.

Il concordato preventivo che destina  7.000 euro lordi a ciascun operaio ha messo i lavoratori Embraco davanti a una scelta: accettare subito pochi soldi o rischiare di perdere eventualmente anche quelli andando in causa?

La cifra, già esigua di suo, è una magra consolazione, visto che si tratta di denaro proveniente da un fondo da 9 milioni che doveva servire per reindustrializzare l’azienda. Adesso, invece, a quanto pare i soldi dovrebbero finire in pagamenti destinati a fornitori e operai.

Oltre ai 7.000 euro lordi a testa, ha spiegato Ugo Bolognesi della Fiom di Torino, ci sono “le insinuazioni dei lavoratori” come “la tredicesima del 2019 e i giorni di ferie maturati”, tutte risorse che gli operai chiedono a Ventures, e che in teoria dovrebbero aggiungersi ai 7.000 “per un totale di 10.000 euro scarsi lordi a testa.”

Il concordato preventivo lo deve accettare il 90% dei lavoratori che dovranno firmare il verbale con Chieritalia dove rinunciano a qualsiasi controversia.

“Stamattina abbiamo incontrato il primo gruppo di operai, domani gli altri. Li stiamo informando per fargli fare una scelta consapevole”, ha precisato il sindacalista. D’altronde, “per andare a fare la guerra a Whirpool devono essere pronti a buttare 10.000 euro“, spiega senza mezzi termini Bolognesi. E potrebbe non essere la scelta giusta, anche perché “i legali ci hanno messo in guardia”. Le proteste collettive vanno avanti da troppo tempo, e tanti iniziano a essere stanchi.

Oltre tutto dal ministero dello Sviluppo economico non è mai arrivata la convocazione che i sindacati chiedono da tempo. Proprio per questo le sigle si stanno mettendo d’accordo per andare a protestare davanti alla sede del ministero il 15 dicembre, le organizzazioni sindacali sono tutte d’accordo . Anche se ormai a una soluzione dal Mise i sindacati non credono più.

Fonte – Agenzia DiRE

 

 

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