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Il ‘campo largo’ e il piccolo mar ligure premia (o salva) Marco Bucci

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È Marco Bucci il vincitore delle elezioni regionali in Liguria. Il candidato del centrodestra ha chiuso la tornata elettorale con il 48,80% dei voti. Andrea Orlando, candidato del centrosinistra, segue con il 47,33%. Male l’affluenza, che al termine delle votazioni si è attestata al 45,9%, in forte calo rispetto al 53,4% delle elezioni del 2020.

Il piccolo mar ligure premia (o salva) Marco Bucci

Le ragioni della `sconfitta` del centro sinistra in Liguria? Tante e nessuna. Tutte plausibili quanto confutabili. Solo un tartufo come Giannini, riecheggiando lo scherno renziano per la mancata vittoria di Bersani nel 2013, può gigioneggiare con il ‘rigore fallito a porta vuota`. La verità è che con percentuali di voto così basse, ben sotto il 50%, tutto diventa random, casuale, e ogni risultato è difficilmente predicibile.

Si recano ai seggi solo minoranze schierate, cioè preconcette, e un`esangue elettorato cosiddetto di opinione. Al netto dei disamorati per eccesso di pruderia politica.

In questo contesto ogni enfatica lettura in termini di tendenze strutturali lascia il tempo che trova. Se quel gap di 8000 voti, in sé una inezia, si fosse distribuito diversamente gli stessi commentatori starebbero lì a magnificare la ‘grande` riscossa del centro-sinistra.

Se non è da escludere, come altro esempio, che l`esclusione di Italia Viva abbia penalizzato la coalizione, non è nemmeno peregrina la contro-lettura per la quale il danno sarebbe stato ben superiore ove i reprobi fossero stati accolti nella stessa. Conviene perciò concentrarsi sui pochi dati fatto.

1. Il primo è la dismisura dell`astensione. Un decalage che da fisiologico è divenuto patologico, specie a livello locale e regionale. Ormai è un dato che le vicende giudiziarie anzichè fomentare una mobilitazione per indignazione, hanno semmai acuito il senso di alienazione dell’elettorato. La `fiducia verticale`, cioè il rispetto verso l’istituzione per tramite dei rappresentanti è letteralmente collassata.

La politica è sempre più una cosa (un pastone indistinto) che non riguarda i cittadini e la loro esistenza. Se non in senso negativo. La passività regna sovrana e sono ben lontani i tempi segnati dalle ventate giustizialiste. Andando nel dettaglio poi si conferma che l`elettorato più attivo della destra è antropologicamente molto meno suscettivo alle questioni morali nelle quali è implicata la sua classe politica.

Nel suo innato immanentismo la politica prevede un livello in se tollerabile quanto immodificabile di `sporcizia`. Non per caso molti esponenti della destra hanno rivendicato il risultato come una vittoria contro l’invadenza della magistratura.

2. Altro dato di fatto l’appeal comparativamente più ridotto di Orlando come candidato. Egli ha ottenuto, in percentuale, meno voti della coalizione. Elemento decisivo nella sconfitta, giacchè il centro-sinistra ha avuto più voti di lista che la destra.

Orlando, mettendosi in gioco, ha avuto molto più coraggio che Speranza in quel della Basilicata, ma ha pagato, forse, il suo profilo `romanizzato`, cioè lo scarso radicamento in una terra abbandonata in giovane età e mai sufficientemente frequentata malgrado fosse il suo luogo natio.

Una classe politica più coalizionale, esperta e radicata nel territorio è sempre stato il vantaggio comparato della sinistra. Ora non più, almeno dal momento che le leggi elettorali hanno sancito una separazione netta fra i percorsi di carriera della classe politica nazionale e di quella locale. Se chi dal centro discende in periferia senza avere tenuto i piedi nelle due staffe, per lui si mette male.

3. La sintesi del mainstream è scontata: vince la destra, il Pd primo partito (un successo indubbio), Conte nella polvere. La situazione per essa ideale. La definitiva liquidazione della presenza pentastellata e la riconversione al centro del sistema politico all`insegna dei vincoli di sistema geo-politici essendo il mantra, vera e propria ossessione, dell`establishment dominante.

Non è una novità da diversi anni a questa parte celebrare periodicamente i funerali del movimento guidato da Conte. In realtà il risultato dei 5S resta più o meno in linea con la fisiologia elettorale che gli è propria.

I sondaggi nazionali lo dislocano in un range compreso fra l’11 e il 13 % e dato il noto gradiente territoriale il voto ligure è solo di due punti al di sotto di quello teorico. La vera morte dei 5S, a mio parere, si avrebbe solo ove divenissero una gamba inessenziale di un `campo largo` che stringe al centro.

Se invece marcheranno con accresciuta intransigenza i temi centrali nell`agenda della politica internazionale e in quella sociale (tenendosi alla larga dalla fiction delle guerre identitarie sui valori `democratici`) il loro ruolo è destinato a rafforzarsi. Fuori o dentro il `campo largo` che siano.

* Riflessioni social di Fausto Anderlini

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