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Haiti è sull’orlo del baratro: violenza armata, fame e sfollamenti di massa devastano il Paese. Con 5,7 milioni di persone in insicurezza alimentare e istituzioni al collasso, senza un intervento internazionale rapido, la catastrofe sarà totale.
Haiti sull’orlo del collasso
All’ombra delle imponenti montagne caraibiche, si sta consumando una catastrofe umanitaria che riceve scarsa attenzione globale. Haiti, un tempo prima repubblica nera a conquistare l’indipendenza nell’emisfero occidentale, rappresenta oggi una delle emergenze umanitarie più acute al mondo—una tempesta perfetta di conflitto armato, crollo istituzionale, povertà estrema e sfollamento di massa.
Un territorio controllato da gruppi armati
La capitale del Paese, Port-au-Prince, è diventata un campo di battaglia dove fazioni armate dominano circa il 90% delle aree urbane. Non si tratta di comuni bande di strada, ma di organizzazioni paramilitari sofisticate con connessioni politiche, controllo territoriale e, in alcuni casi, capacità di fornire servizi rudimentali ai residenti nelle zone dove il governo è completamente assente.
L’espansione di questi gruppi armati ha subito un’accelerazione drammatica negli ultimi anni. In un solo terribile fine settimana di dicembre, 184 civili sono stati brutalmente assassinati.
I residenti affrontano minacce costanti di violenza, estorsione e sfollamento forzato, con molte famiglie che perdono case e beni in una sola notte quando i gruppi armati invadono i loro quartieri.
Sfollamento interno di massa
La violenza ha innescato movimenti di popolazione senza precedenti. Secondo i dati recenti dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, lo sfollamento interno – a dicembre 2024 – è aumentato a oltre un milione di persone, un impressionante incremento del 48% in soli sei mesi.
I residenti rurali che un tempo migravano verso Port-au-Prince in cerca di opportunità economiche ora si trovano intrappolati in una metropoli mal equipaggiata per sostenerli. Circa tre milioni dei dodici milioni di cittadini haitiani vivono attualmente nella capitale o nei suoi dintorni, intensificando la pressione su risorse e infrastrutture già limitate.
“Le famiglie vengono distrutte,” osserva un operatore umanitario. “È sempre più comune trovare nuclei familiari dispersi in diversi paesi—un padre nella Repubblica Dominicana, una madre alle Bahamas e i figli negli Stati Uniti—tutti in fuga dalle stesse terrificanti condizioni.”
La fame raggiunge livelli catastrofici
Dietro la violenza si nasconde una crisi alimentare di proporzioni devastanti. Circa 5,7 milioni di haitiani—quasi metà della popolazione del Paese—affrontano un’insicurezza alimentare acuta. Particolarmente allarmanti sono gli oltre 8.400 sfollati interni ora classificati nella Fase 5 dell’Integrated Food Security Phase Classification (IPC)—il livello “catastrofe” che indica condizioni di carestia.
Il collasso delle reti di trasporto dovuto alle attività dei gruppi armati ha interrotto catene di approvvigionamento cruciali. Gli agricoltori delle aree rurali, che tradizionalmente portavano i loro prodotti nei mercati urbani per ottenere prezzi migliori, ora trovano le strade bloccate da posti di controllo controllati da fazioni armate.
Questa interruzione aggrava la scarsità di cibo e contemporaneamente fa aumentare i prezzi. Gli indicatori economici di Haiti raccontano una storia cupa: sei anni consecutivi di declino del PIL, inflazione che si avvicina al 30% e disoccupazione diffusa. Questi fattori, combinati con infrastrutture fatiscenti, hanno creato condizioni in cui l’assistenza umanitaria diventa al contempo più critica e più difficile da fornire.
Risposta internazionale del tutto inadeguata: troppo poco, troppo tardi
La recente decisione delle Nazioni Unite di evacuare parte del proprio personale da Port-au-Prince segna un potenziale punto di non ritorno. Quando persino gli operatori umanitari diventano bersagli di violenza—come dimostrato dagli attacchi contro organizzazioni mediche—il deterioramento ha raggiunto livelli critici.
La missione di sicurezza internazionale guidata dal Kenya, nonostante l’autorizzazione dell’ONU, si è dimostrata insufficiente con soli 400 agenti di polizia dispiegati e risorse limitate. Nel frattempo, i programmi di aiuti alimentari d’emergenza e di supporto alla resilienza – che fungevano da ancora di salvezza per molte comunità – sono stati sospesi all’inizio del 2025.
Le ripercussioni regionali
La crisi di Haiti si riverbera in tutta la regione caraibica. La Repubblica Dominicana, confinante con Haiti, ha deportato oltre 208.000 haitiani nel solo 2023, inclusi più di 20.000 minori. Ulteriori 98.594 persone sono state deportate nei primi mesi del 2024, nonostante le linee guida dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati sia contrarie ai rimpatri forzati ad Haiti, date le condizioni estreme.
Nel frattempo, l’assenza di un’autorità centrale efficace ha trasformato parti di Haiti in hub di transito per il traffico illegale di armi e narcotici, destabilizzando ulteriormente la sicurezza regionale.
In questo ambiente disperato, lo sfruttamento prospera. Sono emerse segnalazioni di conversioni religiose legate a incentivi finanziari, con alcune organizzazioni che offrirebbero quasi 100 dollari ai giovani che si convertono—sfruttando la disperazione economica piuttosto che la convinzione spirituale.
“Molti si uniscono ai gruppi armati per ragioni simili,” spiega un leader comunitario. “Quando sei orfano, isolato e non vedi un futuro, questi gruppi offrono un senso di appartenenza e uno scopo. Non è solo un problema finanziario, ma esistenziale.”
L’abuso di droga aggrava queste vulnerabilità, con molti giovani disposti a impegnarsi in comportamenti estremi per ottenere sostanze o sotto la loro influenza.
Di cosa ha bisogno Haiti ora
Haiti si trova a un bivio. Senza un intervento internazionale coordinato che affronti sia le preoccupazioni immediate per la sicurezza sia la ricostruzione istituzionale a lungo termine, la nazione rischia un collasso totale con conseguenze devastanti per la sua popolazione e la stabilità regionale.
Le priorità immediate includono:
1. Ripristino dei corridoi umanitari per consentire a cibo e forniture mediche di raggiungere le popolazioni vulnerabili
2. Finanziamento sostenuto per programmi di assistenza alimentare d’emergenza
3. Intervento di sicurezza completo con personale e risorse adeguate
4. Investimento nello sviluppo della capacità istituzionale oltre le risposte d’emergenza a breve termine
5. Cooperazione regionale per affrontare questioni di migrazione e traffico illegale
La lezione che emerge dalla crisi di Haiti è chiara: i problemi sistemici non possono essere risolti attraverso interventi limitati e scollegati. Senza un’azione decisiva ora, la comunità internazionale potrebbe presto affrontare una catastrofe di proporzioni ancora maggiori.
Per il popolo di Haiti—intrappolato tra violenza, fame e fallimento istituzionale—il tempo sta per scadere.
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