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Parafrasando il Nanni Moretti di Aprile: “Elly Schlein di’ qualcosa su Gaza. Dì’ una cosa su Gaza, anche non di sinistra ma di civiltà… di’ qualcosa…”
Il silenzio di Elly Schlein su Gaza
Elly Schlein purtroppo persevera nel suo silenzio e si conferma in prima linea sul fronte della normalizzazione del genocidio a Gaza.
Da sabato 7 dicembre a oggi, in quattro giorni, Israele ha effettuato oltre cento bombardamenti sull’ospedale Kamal Adwan. Un bollettino di guerra che lascia attoniti per la ferocia e l’indifferenza globale.
Eppure, la segretaria del Partito Democratico non ha trovato il tempo, tra un post e l’altro sul suo account ufficiale su Facebook, sul quale da due mesi ha postato praticamente ogni giorno su qualsiasi argomento, per pronunciare una sola parola su questa tragedia.
Non una condanna, non un’espressione di solidarietà, nemmeno un cenno ai palestinesi di Jabalia, Beit Lahia e Beit Hanoun, terrorizzati, affamati, bombardati e uccisi. Il loro dolore, evidentemente, non è degno di nota per chi si presenta come leader progressista.
Il silenzio di Schlein è più eloquente di mille dichiarazioni. Da due mesi, il nord della Striscia di Gaza è teatro di una pulizia etnica senza precedenti, un crimine che dovrebbe scuotere le coscienze di chiunque. Ma non quella della segretaria del più grande partito ‘progressista’ italiano. Forse è troppo impegnata a curare l’immagine della sua sinistra light che non osa inimicarsi i potenti, quelli che armano le mani e finanziano le bombe.
La domanda è inevitabile: come può una leader, che tace di fronte a crimini inenarrabili per paura di urtare equilibri di potere, portare avanti politiche che realmente sfidino lo status quo? Se Schlein non osa nemmeno denunciare un genocidio in corso, con quale credibilità potrà mai promettere una redistribuzione della ricchezza e del potere in favore degli sfruttati?
Il suo silenzio non è neutrale: è complice. Non si può tacere di fronte alla mostruosità. Ogni giorno di silenzio è un giorno in cui si legittima la violenza, un giorno in cui si tradiscono i principi di giustizia e umanità che un vero leader progressista dovrebbe incarnare.
Non è solo una questione di Gaza, ma di una visione del mondo. Se Schlein non trova il coraggio di parlare oggi, dei palestinesi, dove c’è una linea rossa che distingue i conniventi dai giusti, allora quale battaglia è disposta a combattere? La risposta, purtroppo, sembra essere nessuna.
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