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Caso Magrin: basta, vergognatevi! Se un lavoratore muore di freddo è un omicidio di Stato

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In un Paese che si definisce civile, la morte di una persona per il freddo non può essere considerata una fatalità. Marco Magrin, pur avendo un lavoro regolare, non riusciva a far fronte all’affitto ed era costretto a vivere in condizioni di estrema povertà, una vergogna per la politica e che chiama direttamente in causa il governo Meloni, che per compiacere Confindustria e padroncini vari ha eliminato reddito di cittadinanza e i fondi per la morosità incolpevole. Ma anche i governi precedenti non possono avere sconti.

La morte di Marco Magrin a Treviso: omicidio di Stato

La tragedia di Marco Magrin, il 53enne di Camposampiero trovato morto probabilmente per il freddo il 2 dicembre scorso a Treviso, ha scosso la comunità locale e sollevato un ampio dibattito a livello nazionale.

Magrin era stato sfrattato da tempo e viveva in un garage in via Castagnole, un ambiente privo di riscaldamento e con poche risorse per soddisfare i suoi bisogni primari.

La sua morte per arresto cardiaco, causato dall’esposizione al freddo, è un episodio che, purtroppo, non è isolato e pone in evidenza le gravi carenze nelle politiche sociali e di sostegno alle fasce più vulnerabili della popolazione.

Una vita Sospesa tra povertà e invisibilità

Marco Magrin, è la vittima tipica della mortificante morosità incolpevole: pur avendo un lavoro regolare, non riusciva a far fronte all’affitto ed era costretto a vivere in condizioni di estrema povertà, senza un posto sicuro dove stare.

La sua condizione era una realtà nascosta, un’esistenza “invisibile” che non chiedeva aiuto pur di non mostrare il proprio stato di bisogno. Questo è uno degli aspetti più drammatici della sua morte: come molte altre persone che vivono ai margini, si era rifiutato di cercare aiuto per paura di essere emarginato ulteriormente.

In un contesto di crescente disuguaglianza sociale, l’uomo aveva scelto di vivere in solitudine, nascondendo la sua sofferenza.

Questa morte è una vergogna per la politica in primis e chiama direttamente in causa il governo Meloni, che per compiacere Confindustria e padroncini vari ha esacerbato la situazione di chi vive in povertà, riducendo i fondi per il sostegno alle famiglie in difficoltà, come nel caso del reddito di cittadinanza e dei fondi per la morosità incolpevole.

Ma anche i governi precedenti non possono avere sconti, avendo fatto a gara a sostenere le politiche di austerità – nel nome del vincolo esterno, il famigerato “ce lo chiede l’Europa” –  minando la rete di protezione sociale e lasciando centinaia di migliaia persone vulnerabili senza aiuti concreti.

La risposta della comunità

In risposta alla morte di Magrin, il Sunia di Padova ha annunciato per il prossimo sabato una manifestazione a Padova, con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla questione degli sfratti e del diritto alla casa.

Durante la manifestazione, sarà simbolicamente consegnato al sindaco Sergio Giordani un albero con tutte le lettere delle persone sfrattate o in attesa di alloggio. L’iniziativa vuole sollecitare un maggiore impegno da parte delle autorità locali e nazionali per garantire il diritto a un’abitazione dignitosa.

La capogruppo del Pd in Consiglio regionale del Veneto, Vanessa Camani, e il consigliere Andrea Zanoni, hanno aggiunto che, a fronte delle tragedie come quella di Magrin e di un altro giovane trovato morto pochi giorni prima a Montegrotto, è urgente un rafforzamento delle politiche sociali. Ma siamo nel campo delle chiacchiere davanti a una tragedia che non permette sconti a nessuno.

La carenza di finanziamenti alle politiche per l’assistenza sociale è un fattore cruciale nell’aumento della povertà e della marginalità sociale, e occorre invertire la tendenza a ridurre gli investimenti in questo settore.

Ma la morte di Marco Magrin va oltre le questioni politiche ed amministrative. Essa interpella la coscienza civile della nostra comunità, sollevando una domanda fondamentale: come può una società che si definisce civile permettere che una persona muoia di freddo per la mancanza di un tetto sopra la testa? Di più, è un monito, un richiamo alla necessità di una rivolta civile che restituisca dignità a chi vive nella solitudine del bisogno.

Non si tratta solo di interventi politici o istituzionali, ma di una risposta collettiva, che deve partire dalla consapevolezza che nessuno deve sentirsi rifiutato o invisibile.

In un Paese che si definisce civile, la morte di una persona per il freddo non può essere considerata una fatalità o una conseguenza inevitabile.

La solidarietà non può limitarsi a una scelta politica, ma deve essere un principio condiviso da tutta la comunità, che si esprime nel riconoscimento dell’altro e nell’impegno per garantire a tutti, anche agli ultimi, una vita dignitosa.

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Alexandro Sabetti
Alexandro Sabetti
Vice direttore di Kulturjam.it -> Ha scritto testi teatrali e collaborato con la RAI e diverse testate giornalistiche tra le quali Limes. Ha pubblicato "Il Soffione Boracifero" (2010), "Sofisticate Banalità" (Tempesta Editore, 2012), "Le Malebolge" (Tempesta Editore, 2014), "Cartoline da Salò" (RockShock Edizioni)

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