Kiev dichiara di aver abbattuto 6 missili ipersonici Kinzhal russi e Twitter impazzisce. Qualche ora dopo arriva la smentita. La questione è sempre la stessa: i bollettini di guerra utilizzati per la propaganda a convenienza.
La fake news sui Patriot che avevano abbattuto i Kinzhal
Di Francesco Dall’Aglio*
L’opinione pubblica è rimasta davvero turbata dal fatto che alla fine, nella storia del Patriot e del Kinzhal, fossero i russi ad avere ragione. Il motivo di questo turbamento, naturalmente, sta nel fatto che fin dal primo momento abbiamo deciso chi ci stava simpatico e chi no, e che chi ci sta simpatico non mente mai mentre chi ci sta antipatico mente sempre – che se fossimo bimbi delle elementari, e bimbi non proprio sveglissimi, sarebbe un ragionamento anche comprensibile.
Ora io non voglio dire che il comando russo dice sempre la verità mentre quello ucraino mente: ma è un dato di fatto che molte delle notizie che arrivano ai nostri media e al Twitterverso sono congegnate in maniera tale da offrire un certo tipo di rappresentazione del conflitto, e indirizzare l’opinione pubblica in una determinata direzione.
E quindi i russi finiscono i missili tra due settimane, la benzina tra tre, hanno i camion crematori per bruciare i cadaveri dei soldati e far finta che non sia morto nessuno (le famiglie ci avrebbero creduto, figurati, i russi sono scemi col botto e credono a qualsiasi cosa, saranno andati a comprare le sigarette e si sono persi nel bosco), Putin ha il cancro anzi non è lui che va alle parate e tutta questa serie di amenità.
La più fantasiosa, e paradossalmente anche quella più creduta veritiera, è quella che riguarda il numero dei caduti russi che oggi secondo il segnapunti del Ministero della Difesa ucraino hanno toccato quota 200.000: e visto che, come abbiamo già detto, il rapporto tra morti e feriti, prigionieri, dispersi eccetera è nella migliore delle ipotesi, e sottolineo nella migliore, di 1:3, significherebbe 600.000 altre perdite per un totale di 800.000 che è una cifra da seconda guerra mondiale, e questo al di là del fatto che l’invasione è stata iniziata da meno di 200.000 soldati ai quali se ne sono aggiunti altri 300.000, quindi tutti e 500.000 sarebbero morti o feriti e in più ci sarebbero altre 300.000 perdite che non si sa da dove sono venute. Il tutto, ripeto, nella migliore delle ipotesi.
Chiudo con un esempio che mi pare particolarmente significativo, anche del modo in cui entrambi gli schieramenti gestiscono la questione mediatica.
Il 19 ottobre scorso il comando russo aveva dichiarato di aver respinto un tentativo di sbarco in forze nella centrale nucleare di Energodar: parlavano di 200 incursori e di una battaglia che si era protratta per parecchio tempo.
Io ero in Bulgaria, piuttosto impegnato, e soprattutto stavo studiando un po’ di cose per via del fatto che il giorno prima Surovikin era stato messo a capo delle operazioni: e siccome gli ucraini negavano che lo sbarco fosse avvenuto, non c’erano foto o filmati eccetera, me ne sono disinteressato (invece il 1 settembre avevo parlato di uno sbarco in tono molto minore, anch’esso riportato dal comando russo e smentito da quello ucraino, anch’esso senza foto o filmati. Potete trovare il post qui se volete, ma non è importante.
Ebbene, a sei mesi di distanza è uscito un articolo del Times che conferma in pieno la versione russa.
Avevano ragione, ed era andata esattamente come avevano detto loro, ma per motivi che ci sfuggono hanno deciso di non pubblicare né foto né filmati; anzi, gli incursori erano anche molto più di quanto avessero detto i russi. Nell’articolo del Times, naturalmente, c’è di tutto, dai russi che si bombardano da soli al personale della centrale torturato così, tanto per fare, alla disfatta ucraina presentata invece come operazione eroica e brillante.
E tutta la storia viene presentata come segretissima, e in effetti il pubblico inglese sicuramente non ne aveva mai sentito parlare. Ne avevano parlato i russi (cosa che nell’articolo non si dice): ma chi dà retta a quello che dicono i russi? E invece…
* Ripreso da Francesco Dall’Aglio, ricercatore dell’Istituto di Studi Storici dell’Accademia delle Scienze di Sofia (Bulgaria).
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