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La Françafrique, simbolo delle relazioni neocoloniali tra Francia e Africa, è ormai al tramonto. Questo sistema, caratterizzato da legami economici e politici ineguali, ha permesso a Parigi di mantenere un controllo significativo sui suoi ex territori coloniali africani per decenni. Tuttavia, oggi stiamo assistendo a una svolta storica, segnata dall’indipendenza economica e politica crescente dei paesi africani e dall’emergere di nuove alleanze globali.
Origini e declino della Françafrique
Il termine “Françafrique” fu coniato negli anni ‘50 da Félix Houphouët-Boigny, il primo presidente della Costa d’Avorio indipendente. Inizialmente con una connotazione positiva, esso indicava il legame privilegiato tra la Francia e i paesi africani francofoni.
Con il passare del tempo, però, il termine ha assunto una valenza negativa, rappresentando un sistema di dominio e sfruttamento economico.
La Francia ha utilizzato la Françafrique per mantenere il controllo sulle risorse naturali africane, come petrolio, gas e uranio. Per proteggere i propri interessi strategici, Parigi ha sostenuto regimi dittatoriali e interventi militari. Un altro elemento chiave è il Franco CFA, una valuta introdotta durante il periodo coloniale, che ha garantito a Parigi un controllo significativo sulle politiche economiche dei paesi che lo utilizzano.
Negli ultimi anni, la Françafrique ha subito un’accelerata verso la sua fine. I paesi africani stanno cercando nuove alleanze con potenze come Russia e Cina, percepite come partner più affidabili. La serie di colpi di stato militari nella regione del Sahel ha portato alla formazione della Confederazione degli Stati del Sahel, un’alleanza che cerca di ottenere piena sovranità politica ed economica e di abbandonare il Franco CFA.
Anche la presenza militare francese in Africa è in declino. I governi del Mali, Niger e Burkina Faso hanno espulso le truppe francesi, seguiti da paesi come Costa d’Avorio, Ciad e Senegal. La presenza militare francese si limita ormai a poche basi in Gabon e Gibuti.
Macron e la crisi della Françafrique
Il presidente Emmanuel Macron assiste impotente a questa trasformazione. Già in difficoltà sul fronte interno, con una popolarità in calo, Macron vede svanire il controllo della Francia sulle sue ex colonie. La nomina di un nuovo governo guidato da François Bayrou non è riuscita a invertire questa tendenza. Anche i territori d’Oltremare francese, come Nuova Caledonia e Martinica, mostrano segni di ribellione.
Un evento simbolico è avvenuto il 28 novembre, quando il Ciad ha annunciato la rottura dell’accordo di cooperazione militare con la Francia. Lo stesso giorno, il presidente senegalese Bassirou Diomaye Faye ha dichiarato la fine della presenza di basi militari straniere nel paese entro il 2025. In Costa d’Avorio, il presidente Alassane Ouattara ha annunciato il ritiro delle forze francesi, segnando la fine di un’epoca.
Il processo di smantellamento segna un momento storico di trasformazione. I paesi africani stanno riaffermando la propria sovranità e costruendo nuove alleanze che riflettono le loro aspirazioni di indipendenza e autodeterminazione. La crescente influenza di potenze come Russia e Cina, insieme al sentimento antioccidentale, ha accelerato un cambiamento che sembrava impossibile fino a pochi anni fa.
La Francia deve ora affrontare le proprie contraddizioni storiche e decidere se resistere al cambiamento o abbracciare un nuovo approccio basato sul rispetto reciproco.
La fine della Françafrique non è solo la chiusura di un capitolo del passato coloniale, ma l’inizio di una nuova fase di relazioni internazionali, in cui l’Africa rivendica il ruolo di protagonista nel proprio futuro.
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