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Un sondaggio condotto dall’ISPI evidenzia il disorientamento dell’opinione pubblica italiana: emerge una speranza diffusa nell’intervento di Trump, ma regna confusione riguardo alle cause dei conflitti. La popolazione appare divisa su questioni come la spesa militare e il supporto all’Ucraina, riflettendo una generale incertezza sulle dinamiche della politica internazionale.
Gli italiani e la guerra
– Federico Giusti*
Stando a un sondaggio di pochi giorni or sono dell’Ispi (Sondaggio ISPI 2024: gli italiani e la politica internazionale | ISPI) gli italiani sono preoccupati dalla guerra ma non riescono a individuarne cause e responsabilità.
Nell’immaginario collettivo è forte la speranza che proprio l’arrivo di Trump alla presidenza degli Usa determini la fine di almeno uno dei due conflitti in corso, una sorta di atavica e infantile fiducia nel grande burattinaio che magari sposterà il conflitto verso la Cina.
Ancora una volta è fin troppa diffusa la non conoscenza della politica internazionale, delle cause reali, e non di quelle apparenti, che muovono i conflitti bellici, una maggioranza schiacciante degli intervistati, circa il 43 per cento, crede tuttavia che la Ue dovrebbe porre fine ai rifornimenti militari all’Ucraina e solo il 13 % è di parere opposto.
La percezione che sia proprio la guerra in Ucraina la causa della crisi economica e sociale europea è comunque diffusa anche senza addentrarsi nell’analisi puntuale dei fatti, ad esempio il controllo di corridoi e approvigionamento energetico.
Ma un buon 34% degli intervistati resta comunque favorevole, per lo più, a mantenere inalterata la spesa militare, crede che la difesa Ue sia un obiettivo da raggiungere il che ci fa intendere la totale noncuranza delle politiche comunitarie per il potenziamento della ricerca e produzione a fini militari o duali.
E la maggioranza, relativa, degli intervistati crede che nostri alleati siano comunque non solo la Nato ma gli Usa.
Negli ultimi 12 anni la propaganda di guerra ha sortito l’effetto di schierare l’opinione pubblica a favore non della guerra ma di chi la provoca scientemente.
E questi dati aiutano a comprendere la debolezza strutturale dei movimenti per la pace e a sostegno della Resistenza dei popoli.
* Articolo originale pubblicato su World Politics Blog
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