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L’Australia ha approvato una legge che vieta l’accesso ai social media ai minori di 16 anni, un provvedimento che ha suscitato un dibattito acceso a livello nazionale e internazionale. La legge, frutto di un consenso bipartisan, mira a proteggere la salute mentale dei giovani, spesso esposti ai rischi dell’ansia e agli abusi online, considerati dalla normativa come “strumenti per predatori online”. Polemica tra Musk e il premier australiano Anthony Albanese.
Australia vieta i social ai minori di 16 anni
La nuova normativa entrerà in vigore tra 12 mesi, concedendo alle piattaforme social il tempo necessario per sviluppare sistemi adeguati per verificare l’età degli utenti. Le sanzioni per chi non rispetta il divieto saranno severe, con multe che possono raggiungere i 50 milioni di dollari australiani. Tuttavia, rimane il timore che molti giovani possano eludere queste restrizioni utilizzando metodi come i Virtual Private Network (VPN), che consentono di mascherare l’origine geografica degli utenti.
“Vogliamo restituire l’infanzia ai giovani australiani. Vogliamo ridare serenità ai genitori”. Il primo ministro Anthony Albanese ha così giustificato la nuova legge.
Ma l’Australia non è l’unico Paese ad affrontare il problema dell’accesso dei minori ai social media. In Francia, un divieto simile si applica ai minori di 15 anni, anche se le statistiche indicano che molti giovani riescono a raggirare il sistema.
Negli Stati Uniti, un tentativo di imporre restrizioni simili è stato dichiarato incostituzionale, ma altri Paesi europei come Norvegia e Gran Bretagna stanno valutando misure analoghe a quelle australiane.
La polemica con Elon Musk
La protezione dei giovani è un tema di fondamentale importanza, ma il divieto solleva interrogativi sulle implicazioni per la libertà di espressione e l’accesso alle informazioni. Piattaforme come X (precedentemente Twitter) sono state accusate di diffondere disinformazione e di essere strumentali per la propaganda politica, specialmente da parte della destra estrema.
Elon Musk, proprietario di X, e ora membro del governo degli Stati Uniti, ha criticato la legge australiana, sostenendo che sia un tentativo di controllo dell’internet. Il Primo Ministro australiano, Anthony Albanese, ha risposto sottolineando che le critiche di Musk riflettono una “propria agenda”.
Una sfida complessa
L’efficacia della legge dipenderà dalla capacità delle piattaforme di implementare sistemi di verifica robusti e dall’impegno dei governi a regolamentare l’ambiente digitale.
La disinformazione è percepita come un problema crescente, come dimostra un sondaggio del Tech Policy Press/YouGov, secondo cui il 65% degli americani ritiene che la disinformazione sia una preoccupazione e il 71% crede che le piattaforme dovrebbero fare di più per contrastarla.
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