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L’IA nelle mani dei privati: un nuovo monopolio della conoscenza?

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L’IA è dominata da grandi aziende private, creando disuguaglianze nell’accesso alla conoscenza. Abbonamenti premium limitano l’uso delle versioni avanzate, minacciando l’ascensore sociale. Serve un’IA pubblica per garantire equità e impedire il monopolio della conoscenza.

L’IA e il rischio di una conoscenza per pochi

Il dibattito sull’intelligenza artificiale (IA) è spesso dominato da temi come l’innovazione tecnologica, l’efficienza economica e le implicazioni etiche, ma c’è un aspetto cruciale che riceve meno attenzione: il controllo e l’accesso alla conoscenza generata dall’IA, specialmente in un contesto in cui questa tecnologia è prevalentemente sviluppata e gestita da grandi gruppi privati.

Questo solleva interrogativi fondamentali sull’equità, sull’accesso alla conoscenza e sul ruolo dello Stato nel garantire che l’IA non diventi un ulteriore strumento di disuguaglianza sociale.

L’IA, come molte altre tecnologie rivoluzionarie, è oggi principalmente nelle mani di grandi aziende tecnologiche private, soprattutto negli Stati Uniti e in Cina. Aziende come OpenAI (che sviluppa ChatGPT), Google, Microsoft, Meta e altre dominano il mercato, investendo miliardi di dollari in ricerca e sviluppo.

Questo modello di sviluppo ha permesso rapidi progressi tecnologici, ma ha anche concentrato il potere e la conoscenza in poche mani. Queste aziende non solo controllano i dati e gli algoritmi, ma decidono anche chi può accedere ai loro servizi e a quale prezzo.

Il modello di business prevalente è quello della vendita di servizi IA tramite abbonamenti o licenze. Ad esempio, ChatGPT offre una versione gratuita, ma con limitazioni, e due livelli di abbonamento a pagamento: ChatGPT Plus a 20 dollari al mese e ChatGPT Enterprise, il cui costo può variare ma è significativamente più alto, destinato alle aziende.

Esistono anche speculazioni, basate su discussioni pubbliche, che versioni più avanzate e personalizzate di modelli IA potrebbero costare decine di migliaia di dollari al mese per utenti o organizzazioni con esigenze specifiche, come ricercatori o grandi imprese.

Un abbonamento più costoso significa accedere a un’IA “più intelligente”? In un certo senso, sì: i modelli più avanzati, come GPT-4o o il recente o1, offrono capacità di ragionamento, precisione e multimodalità (testo, immagini, audio) superiori rispetto ai modelli base.

Tuttavia, non si tratta solo di “intelligenza” in senso astratto, ma anche di accesso a risorse computazionali più potenti, dati più aggiornati e strumenti di personalizzazione. Questo crea una stratificazione dell’accesso alla conoscenza: chi può permettersi di pagare di più ottiene strumenti più potenti, mentre chi non può si accontenta di versioni limitate o obsolete.

Il modello di accesso a pagamento all’IA ha implicazioni profonde, soprattutto se consideriamo la conoscenza come un bene fondamentale per il progresso individuale e sociale. Tradizionalmente, l’accesso alla conoscenza è stato un pilastro dell’ascensore sociale, ovvero la possibilità per le persone di migliorare la propria posizione socioeconomica attraverso l’istruzione e l’acquisizione di competenze.

Tuttavia, se l’IA diventa il principale strumento per generare, sintetizzare e applicare la conoscenza, e se l’accesso ai suoi benefici è condizionato dalla capacità di spesa, si rischia di creare una nuova forma di disuguaglianza digitale.

Chi non può permettersi abbonamenti premium rischia di essere escluso dalle versioni più avanzate dell’IA, che potrebbero diventare essenziali per compiti come la ricerca accademica, l’innovazione imprenditoriale o anche semplici attività quotidiane (ad esempio, ottenere consulenze legali o mediche personalizzate).

Questo potrebbe amplificare le disuguaglianze esistenti, relegando i meno abbienti a un ruolo di “cittadini di serie B” in un mondo sempre più dipendente dall’IA.

La concentrazione dell’IA nelle mani di pochi gruppi privati rischia di creare un monopolio della conoscenza, in cui le aziende decidono non solo chi può accedere ai loro servizi, ma anche quali tipi di conoscenza vengono privilegiati.

Ad esempio, i modelli IA sono addestrati su dati che riflettono le priorità e i pregiudizi delle aziende che li sviluppano, e non è detto che queste priorità coincidano con l’interesse pubblico.

Verso un’IA pubblica: soluzioni per garantire equità e accesso universale

Un altro aspetto critico è l’assenza, almeno in molti paesi, di un’IA pubblica, ovvero di un sistema di intelligenza artificiale sviluppato, controllato e gestito dallo Stato, con l’obiettivo di garantire un accesso equo e democratico ai suoi benefici.

Mentre le aziende private hanno risorse immense per investire in IA, gli Stati spesso mancano di strategie coordinate o di investimenti sufficienti per competere. Questo lascia il campo libero ai privati, con il rischio che l’IA diventi uno strumento di profitto piuttosto che di progresso collettivo.

In Italia, ad esempio, esistono iniziative per promuovere l’adozione dell’IA nella pubblica amministrazione, come la Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026, elaborata da AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) e dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale.

Tuttavia, queste iniziative si concentrano più sull’uso dell’IA per migliorare i servizi pubblici (ad esempio, l’efficienza burocratica o la gestione dei dati sanitari) che sulla creazione di un modello IA pubblico accessibile ai cittadini. A livello europeo, ci sono sforzi per regolamentare l’IA, come l’AI Act, ma anche qui l’attenzione è più sulla governance e sulla protezione dei dati che sullo sviluppo di alternative pubbliche ai modelli privati.

Per affrontare il problema dell’accesso equo alla conoscenza e prevenire l’annientamento dell’ascensore sociale, è necessario un intervento pubblico più deciso. Ecco alcune possibili soluzioni:

  • Sviluppo di un’IA pubblica – Gli Stati, o consorzi di Stati (ad esempio a livello europeo), potrebbero investire nella creazione di modelli IA pubblici, open-source e gratuiti, accessibili a tutti i cittadini.
  • Regolamentazione del mercato privato – I governi potrebbero imporre regole più stringenti alle aziende, ad esempio obbligandole a offrire versioni base dei loro servizi gratuitamente o a prezzi accessibili.
  • Educazione e accesso universale – L’IA dovrebbe essere integrata nei sistemi educativi pubblici, garantendo a tutti gli studenti strumenti avanzati indipendentemente dal reddito.
  • Modelli ibridi pubblico-privati – Gli Stati potrebbero collaborare con aziende private per sviluppare IA accessibili in cambio di finanziamenti pubblici o agevolazioni fiscali.

L’IA, se lasciata esclusivamente nelle mani di gruppi privati, rischia di trasformare la conoscenza da diritto universale a privilegio di chi può pagare. Per evitare che l’ascensore sociale venga distrutto, è essenziale che gli Stati assumano un ruolo attivo nello sviluppo di un’IA pubblica e democratica, garantendo che la conoscenza rimanga un bene comune e non un lusso per pochi.

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Enrico Zerbo
Enrico Zerbo
Ligure, ama i gatti, la buona cucina e le belle donne. L'ordine di classifica è a caso. Come molte cose della vita. Antifascista ed incensurato.

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