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Tutto tramonta: quale Occidente vogliamo vivere?

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Nella storia dell’Occidente siamo noi contemporanei a scegliere quali aspetti della nostra cultura vengono messi in risalto ed altri abbandonati. Sta a noi decidere cosa recuperare per avere un passato, vivere il presente e programmare il futuro.

Quale Occidente vogliamo vivere?

Tutto tramonta, i popoli, gli imperi, gli Stati, le civiltà, le gilde, i sindacati, le dinastie.
All’interno della storia umana sembra prevalere una sorta di tendenza al perpetrarsi delle istituzioni sociali come sottofondo adattativo all’ambiente e alla cultura precedente (difficilmente si può realizzare un cambiamento completo delle abitudini e tradizioni di un popolo).

Così i gruppi umani si organizzano attorno a due principi:
– La produzione materiale (quindi produrre cibo, abiti, vestiti, case, ecc.)
– La riproduzione generazionale (quindi il passaggio alla generazione successiva e la sopravvivenza del gruppo).

Ogni comunità, per rimanere “in ordine”, deve garantire questi due aspetti: la sicurezza materiale nel presente (“di che vivere”) e la sicurezza materiale nel futuro (“cosa progettare”).

Tutto questo viene poi ammontato di un valore mitologico-metafisico che porta alla nascita del passato (“da dove veniamo?”).

I grandi miti fondativi, completamente falsi o veri solo in parte che servono a dare un senso, una giustificazione, un motivo per andare avanti e un qualcosa su cui pregare o ricordare (la fondazione di Roma a partire da Troia, il risorgimento italiano come moto popolare -quando mai!-, il destino manifesto degli USA, ecc).

All’interno di questo bagaglio siamo noi contemporanei (anzi, lo sono le istituzioni e i gruppi sociali che detengono il potere, cioè la classe dirigente) a decidere cosa si porta o non si porta del passato, quali aspetti si valorizzano e quali no.

I comuni italiani sono stati largamente studiati e usati nella storiografia italiana (anche durante il fascismo come forma di corporativismo), ma sono poi stati accantonati perché ora siamo tutti europei e combattere contro Federico Barbarossa dalla Germania non ci interessa; così sono stati recuperati dalla Lega Nord che ne ha fatto un assaggio di autonomia padana.

Nella storia dell’Occidente siamo noi contemporanei a scegliere di vedere le radici cristiane, classiche (ma di quale periodo ed epoca?), germaniche, celtiche, medievali e rinascimentali e magari a metterne da parte altre. Ad esempio, siamo sicuri che il contributo dell’Impero Romano d’Oriente sia stato così trascurabile da non meritare menzione? Siamo sicuri che il contributo di un popolo in attesa del Messia sparso su tutto il continente sia stato trascurabile? Non parliamo di ebraismo come fondazione del cristianesimo, ma dall’ebraismo come componente del mosaico europeo.

Oggi alcuni aspetti vengono messi in risalto ed altri abbandonati, perché contrapporci a Costantinopoli genera conflittualità col cesaropapismo e l’ortodossia e dunque la Russia; così come eliminare dalla storia europea l’ebraismo (se non come minoranza), permette di giustificare l’operazione sionista, ecc. ecc.

In questo grande marasma che stiamo vivendo, sta a noi decidere quale Occidente vogliamo vivere, quale recupero fare e come ritrovare i fili del nostro passato, per avere un passato, vivere il presente e programmare il futuro.

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Gabriele Germani
Gabriele Germani
Roma, 1986. Laureato in Storia contemporanea e Psicologia, con Master in Geopolitica. Lavora nell’ambito pedagogico-educativo. Si occupa da anni dei rapporti tra il Sud e il Nord del mondo, con le lenti del neo-marxismo, della teoria della dipendenza, del sistema-mondo e dell’Eurasia. Con questa prospettiva ha pubblicato negli anni, alcuni libri e articoli di storia e antropologia, in particolare sull’America Latina. Riferimenti bibliografici: Uruguay e emigrazione italiana: sogni, speranze e rivoluzioni di Gabriele Germani (Autore), Anthology Digital Publishing, 2022. Ha inoltre in pubblicazione con Kulturjam Edizioni: una raccolta di riflessioni su BRICS e mondo multipolare, con introduzione di Gianfranco La Grassa e con Mario Pascale Editore un testo sulla politica estera italiana durante la II Repubblica. Cura un micro-blog sul suo profilo Facebook (a nome “Gabriele Germani”) e un Canale Telegram sempre a nome “Gabriele Germani” (t.me/gabgerma). Dirige inoltre il Podcast “La grande imboscata” su attualità, geopolitica e cultura su varie piattaforme.

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