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Il Parlamento europeo è un’entità scollegata dalla realtà nazionale, con poteri limitati e un’identità costruita artificialmente. L’euro-parlamentare, come uno studente Erasmus o aristocratico in viaggio, si muove in una bolla ideologica, producendo dichiarazioni prive di effetti concreti, abbandonandosi a un simbolismo pomposo e spesso grottesco, alimentando deliri di grandezza e atteggiamenti inconcludenti.
Sul cretinismo euro-parlamentare
– Fausto Anderlini*
Non sto neanche a discutere il merito. A proposito dell’ennesima risoluzione del Parlamento europeo mi preme piuttosto sottolineare il contesto situazionale. Non quello politico (la continuazione della guerra alla Russia per via iconografica), men che meno quello ideologico e filologico, ma nella guisa letterale del termine: la location, il suo contesto, i ruoli che lo abitano.
Strasburgo, l’amena cittadina alsaziana piantata in mezzo all’antica Lotaringia, la striscia che fa da spina dorsale dell’Europa Occidentale, anche luogo cruciale della secolare contesa franco-tedesca.
Uno scrigno di valori estetici, che ne fa ad un tempo un luogo ?centrale’ ma anche eterotopico, cioè estraneo alle città capitali delle nazioni. In certo senso un luogo extra-territoriale.
Anche luogo sito a poca distanza da Colmar, aspetto per il quale vale un piccolo inciso. A Colmar, infatti, in un appartato recesso conventuale è conservato (per ironia di un destino che si lega al caso) il meraviglioso polittico di Grunewald, il pittore sodale di Muntzer, il teologo della rivoluzione contadina amato da Ernst Bloch, antesignano dell’espressionismo comunista.
Fu in quella rivoluzione ‘cristiano-sociale’, sedata nel sangue ad opera dei luterani alleati ai principi e ai feudatari, che i servi della gleba insorti nel nome della libertà e dell’eguaglianza si misero a ornare i loro vessilli con gli strumenti di lavoro.
La falce il martello, poi canonizzata dal movimento operaio, nasce da lì, prima ancora dell’avvento dell’ebreo di Treviri. Falce e martello dilagano nel mondo stilizzati nella bandiera rossa sino a che l’Unione sovietica ne fa simbolo statalizzato, ma il luogo originario del logo è al centro dell’Europa cristiana.
Mentre la stessa cosa non può dirsi della svastica, un simbolo esoterico pre-cristiano molto in uso nella religiosità orientale inopinatamente acquisito e ricontestualizzato dall’arianesimo hitleriano.
Come è possibile una prova così rozza, impudente e dilettantistica quale quella offerta dal parlamento di Strasburgo nell’Europa che ha dato vita alle scuole storiche più illuminate del mondo?
Perchè, salvo rare eccezioni (i 5S, Avs la Lega e pochi altri, col Pd dissociato, in fuga, more solito, inseguito dalla Picierno), un’accozzaglia di ben 490 deputati arriva a riproporre il solito obbrobrio equiparativo inventandosi un’Europa intrepidamente democratica che mai è esistita?
Una risoluzione, fra l’altro, che non passerebbe in alcun parlamento nazionale degno del nome, fatta eccezione per certi paesi dell’est il cui piccolo nazionalismo ha compensato e celato col vittimismo antirusso l’infamia d’aver collaborato coi nazi teutonici allo sterminio di ebrei, zingari, omosessuali, comunisti e altre schiatte maledette.
Una cifra letteralmente impressionante, una massa di zeloti che si abbandona a un oscurantismo anti-illuminista degno dei tempi più cupi dell`inquisizione, in un effluvio inaudito di ignoranza e pregiudizio sublimato come ‘occidente democratico`.
Osservo esterrefatto questa torma di idioti che pendola fra Strasburgo e Bruxelles, sciamando lungo le terre della Champagne come un’allegra, chiassosa e proterva comitiva munita di un fondo spese illimitato. Che lì si abbandona ad atti e discorsi in una gozzoviglia che in patria sarebbe sicuramente censurata.
Esattamente come accade agli studenti fuorisede quando lungi dalla famiglia e da ogni controllo sociale fan baldoria, bevendo, urinando e lordando come mai si sognerebbero nei paesi di residenza.
Chi è infatti il parlamentare europeo? Quasi sempre il cascame di una classe politica in scadenza o in precoce apprendistato (come fosse composta di studenti Erasmus) e comunque di secondo piano.
Lontano dagli incarichi nazionali ed anche dal territorio nel quale quasi mai si reca, pur avendovi attinto cospicue preferenze. Non solo per la vastità delle circoscrizioni, ma anche perchè, le eventuali cointeressenze delle realtà locali con le provvidenze dell’Ue, non necessitano di alcuna intermediazione (Comuni e Regioni hanno uffici a Bruxelles e perfino ultra-europei e si avvalgono di expertise proprie).
Sradicato dal territorio, il parlamentare europeo vive in full immersion in una entità esclusiva e cosmopolita che lo sospinge a forza ad assumere una identità, nuova di zecca: quella europea, con una propria lingua franca (necessariamente tratta dall`anglosfera).
A Strasburgo, tanto più data la sua singolare geo-localizzazione, luogo chiuso ma fuori dalle rotte, egli vive un’esistenza extra-territoriale come un aristocratico dell’ancien regime in viaggio di Gran Tour o come uno studente erasmiano. E tanto più enfatica avanza questa identità, in una generale vaghezza quanto meno il parlamentare conta effettivamente, visto che i poteri legislativi dell’europarlamento sono più retorici che reali, e comunque condizionati dalla Commissione.
Il Parlamento europeo emana indirizzi, delinea valori e procedure che non hanno alcuna effettualità se non ideologico-simbolica. Non può minimamente condizionare alcun esecutivo e men che meno le burocrazie decisionali di cui pullula Bruxelles.
Può mettere alla gogna capi di Stato (com’è avvenuto con Scholtz e Orban) senza che ne consegua alcunchè. Se può delegittimare intorbidendo le acque con pronunciamenti simil-imperiali processi elettorali in paesi membri o candidabili (come nel caso Rumeno, Moldavo, Slovacco, Georgiano) toccando una certa efficacia è solo perchè il terreno è stato spianato dal deep state europeo (ed atlantico).
Il parlamentare europeo, così affidato a sè stesso, senza alcun controllo, inizia a delirare: fa tutt’uno con la fiction europea, si sente il custode e l’alfiere di una nuova identità in nome della quale può straparlare anche oltre i limiti della famiglia politica di provenienza.
L’Europa dei valori e delle idee, se non dell’alta geopolitica, contrapposta alla meschinità dell’Europa dei mercanti e delle epistocrazie tecniche, della quale i tapini vorrebbero essere l’incarnazione. Che però, stante i valori antropologici in campo, non può che sortire un risultato grottesco.
Una creatura letteralmente delirante, la cui situazione è per molti versi affine a quella del consigliere comunale una volta scollinata la riforma monocratica che gli ha tolto ogni potere confinandolo nel mondo parolaceo degli indirizzi, sovente odg. violentemente dibattuti sui temi più disparati, dalla fame nel mondo alle catastrofi ecologiche, che però non hanno alcuna attinenza con l’amministrazione concreta e men che meno trovano ascolto come imperativi di indirizzo presso gli organi che dovrebbero attuarli.
Una condizione d’ìmpotenza che commisurata al ruolo e alla grandeur dell`autostima inclina necessariamente al delirio e all’ubriachezza. Così, che mi ricordi, rammemorando la mia esperienza come consigliere nella seconda metà dei’90, finivano le estenuanti sedute notturne del Consiglio passate a limare odg sull’universo mondo.
Alla bouvette in libera fratellanza collegiale, oltre ogni divisione di partito, dove libero accesso avevano i consumi alcolici, parlando di figa, calcio e altre amenità . Comunque cose serie, a paragone di quel che passa il convento europeo.
* Dalle riflessioni social di Fausto Anderlini
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