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Negli ultimi anni, il ruolo dei media è stato oggetto di accese discussioni, poiché è sempre più lampante che questi stiano danneggiando gravemente la percezione pubblica della realtà.
Con una narrazione sempre più manipolata e partigiana, la copertura mediatica degli eventi distorce quasi costantemente i fatti piuttosto che illuminarli, creando un senso di disinformazione e confusione.
L’ultimo esempio è particolarmente eloquente di questo squilibrio ed è rappresentato dalla differente attenzione riservata ai fatti di Amsterdam, dove cinque tifosi israeliani sono stati feriti, e alla tragedia umanitaria che sta colpendo Gaza, dove si contano migliaia di morti e feriti.
Dai ‘pogrom’ alla ‘legittima difesa’: la narrazione sovrasta i fatti
Il giornalismo racconta ciò che vede e ciò che fa finta di non vedere, che spesso risulta persino più influente e persuasiva dei fatti stessi.
I media hanno trattato l’assalto ai tifosi del Maccabi ad Amsterdam come una seconda “notte dei cristalli”, richiamando persino paragoni con i campi di concentramento, a sostegno di una narrazione di antisemitismo diffuso e radicato. La realtà, tuttavia, racconta di un bilancio limitato a cinque feriti, una situazione certamente deplorevole ma che, in termini di scala e gravità, appare lontana da una persecuzione sistematica.
Questo episodio è stato amplificato in un’operazione propagandistica orchestrata ad arte, a cui lo stesso governo israeliano ha contribuito inviando due aerei medici con un dispiegamento di forze mediche come se si trattasse di un’emergenza di proporzioni enormi.
Al contrario, i media trattano i terribili eventi di Gaza con un distacco programmatico, limitandosi a descriverli come inevitabili effetti collaterali di una legittima autodifesa, contribuendo a una sostanziale minimizzazione della tragedia umanitaria e della gravità della situazione nella Striscia.
Se i 5 feriti di Amsterdam sono un ‘pogrom’, le 100mila vittime a Gaza cosa sono, un nuovo “olocausto”?
La distorsione è un sistema consolidato
Il problema va oltre i singoli episodi: è un sistema consolidato, una “nuvola mediatica” che cerca di vendere ai cittadini una versione della realtà conveniente ai propri referenti editoriali, quasi del tutto priva di contatto con la realtà dei fatti.
Di esempi di questo fenomeno ne abbiamo una quantità tale che è quasi stucchevole ripeterli continuamente. Come sulla guerra in Ucraina, dove i titoli dei giornali o i post social degli ‘esperti’ che enfatizzano quotidianamente dettagli marginali o inventati, come la presunta carenza di armi russe o l’ormi celebre uso di microchip di elettrodomestici per costruire missili.
Questa enfasi distoglie l’attenzione dalle questioni più importanti, come il reale impatto delle sanzioni o il presunto isolamento di Putin.
Allo stesso modo, le notizie sulle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, la crisi politica in Germania e le tensioni sociali in Francia vengono spesso trattate con un approccio fazioso e frammentario, che non consente di cogliere appieno le sfumature di questi eventi complessi.
Media tradizionali e informazione moderna: un divario crescente
La sfiducia verso i media tradizionali ha portato molti a cercare alternative nei social media, nelle chat, nei blog, dove le informazioni circolano in maniera rapida e senza i filtri dell’editoria ufficiale.
Tuttavia non si può fare a meno di un’informazione seria e ben strutturata. È fondamentale ricordare che i cittadini hanno il diritto di essere informati attraverso una narrazione ancorata alla realtà dei fatti, priva di distorsioni o fantasie interessate.
Essere all’interno di una parte del mondo coinvolta in dinamiche globali genera automaticamente un certo controllo dei media, è inevitabile. Ma un conto è sapere che si è coinvolti come parte di un sistema con tutti i vantaggi e svantaggi (volete Netflix, Amazon, i pomodori a 2 euro, la badante moldava senza contributi? Ok, sappiate però che dobbiamo fare la guerra in alcune parti del mondo, dobbiamo provocare spostamenti di manodopera a basso costo…); un conto è dover sostenere una guerra perchè “Putin beve il sangue di cervo”.
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