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Il crollo del regime degli Assad rischia di trasformare la Siria in una nuova Libia, aggravando l’instabilità regionale. È cruciale salvaguardare l’integrità territoriale del Paese e proteggere i diritti umani. La comunità internazionale deve promuovere una transizione pacifica e negare riconoscimento a gruppi jihadisti.
Evitare che la Siria diventi una nuova Libia: una crisi da gestire con responsabilità internazionale
Il crollo del regime degli Assad, al potere da cinquant’anni, rappresenta un momento cruciale nella storia della Siria. La vittoria di Turchia, Stati Uniti, Israele e petromonarchie, che per tredici anni hanno sostenuto una guerra per procura attraverso forze jihadiste, pone interrogativi su quale futuro attenda il Paese. Dopo Iraq e Libia, la Siria diventa l’ennesima vittima del progetto di frammentazione degli stati protagonisti del nazionalismo panarabista.
Siria, un regime in declino e una popolazione martoriata
La Siria, già devastata da anni di guerra civile, sanzioni economiche e dall’occupazione americana dei suoi principali siti petroliferi, non ha potuto resistere ulteriormente senza il supporto di alleati strategici come Hezbollah e Iran, duramente colpiti dagli attacchi israeliani. Nel caos attuale, il ruolo di attori come la Russia e altre potenze rimane ambiguo, alimentando ulteriormente l’incertezza.
Nonostante le critiche anche legittime alla repressione che ha caratterizzato il regime laico degli Assad, seppur in un contesto di aggressione internazionale alla sovranità nazionale, è inaccettabile il sdoganamento di gruppi jihadisti come HTS (Hayat Tahrir al-Sham) o le milizie islamiste dello SNA (Esercito Nazionale Siriano), spesso presentati nei media occidentali come “ribelli”. La popolazione siriana, vera vittima di questa guerra infinita, si trova ora a fronteggiare una minaccia duplice: la disgregazione del suo territorio e l’imposizione di regimi fondamentalisti.
La necessità di una transizione democratica
L’Unione Europea, insieme all’Italia e alla comunità internazionale, ha la responsabilità di evitare che la Siria segua il tragico destino della Libia, trasformandosi in un mosaico di fazioni in guerra e un focolaio di instabilità regionale. È essenziale promuovere:
- Il rispetto dei diritti umani per tutte le comunità siriane, garantendo protezione alle minoranze e ai territori come il Rojava, simbolo di autogoverno democratico e convivenza.
- La salvaguardia dell’integrità territoriale della Siria, impedendo ogni tentativo di frammentazione su base settaria o etnica.
- Una conferenza di pace sotto l’egida dell’ONU, coinvolgendo tutte le parti in campo per avviare una transizione democratica.
Un modello per il futuro: il confederalismo democratico
La transizione politica dovrebbe basarsi su un sistema che garantisca rappresentanza e autonomia per tutte le comunità, con un modello confederale o federale. Questo percorso deve culminare in elezioni libere sotto supervisione internazionale. È altrettanto fondamentale negare qualsiasi riconoscimento a gruppi che promuovano l’imposizione della sharia e la persecuzione delle donne.
In questo contesto, la sinistra europea, i movimenti pacifisti, antimperialisti e femministi devono unire le forze per sostenere la popolazione siriana. La mobilitazione deve avere come obiettivo prioritario la costruzione di una pace duratura, fondata su libertà, diritti e giustizia sociale per tutti i popoli del Medio Oriente.
La Siria non deve diventare una nuova Libia: il momento di agire è adesso.
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